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Intervista a Brunello Sighinolfi: l'arte di comunicare la Corporate Identity

Da B2corporate @b2corporate
Intervista a Brunello Sighinolfi, l'architetto della comunicazione e delle strategie di Corporate identity.
Intervista a Brunello Sighinolfi: l'arte di comunicare la Corporate Identity
Focus Intervista
Cresciuto professionalmente con maestri del calibro di Angelo Mangiarotti e Boob Noorda, Brunello Sighinolfi nel 1990 apre il suo omonimo studio. Partendo dalle esperienze passate ha modellato e costruito il suo approccio multidisciplinare nella definizione delle strategie di corporate identity: ogni progetto è un abito su misura unico e distintivo, una ricerca continua di quell’idea intensa ed emozionante, che sta dietro alla storia di una marca. L’obiettivo è quello di plasmare l’unicità dell’idea. Nel corso dell’intervista, l’Architetto Sighinolfi, dopo una domanda introduttiva, che invita a raccontare la sua personal storytelling, ci guida nel mondo della Corporate Identity, descrivendoci un modus operandi dinamico dove il talento e la creatività sono essenziali, ma alla base c’è anche un percorso progettuale ben definito, che combina diversi elementi, frutto dell’esperienza, dello studio, della sensibilità e della ricerca continua dell’unicità del progetto. Un progetto di identità del brand è paragonabile all’arte di dipingere un vero e proprio ritratto. Completano l’intervista il racconto di alcune case histories di successo e l’analisi di come creare e riempire gli spazi dei punti vendita nell’era della comunicazione digitale e della consumer experience.
Intervista a Brunello Sighinolfi: l'arte di comunicare la Corporate Identity
1)  Brunello Sighinolfi, l'architetto della comunicazione. Partiamo da un po' di personal storytelling
Il mio percorso di crescita professionale è legato a due personaggi straordinari, che hanno fatto parte della storia dell’Architettura e del Design. Mi riferisco all’Arch. Angelo Mangiarotti e a Bob Noorda. Il ricordo torna indietro agli anni ’70. Un periodo dove il “Made in Italy” volava alto e con un po’ di talento e proattività il mondo del lavoro era alla portata per intraprendere esperienze professionali in grado di soddisfare le proprie aspettative. Era il 1978, c’era una mostra per i 50 anni della rivista “Abitare”. Fui subito affascinato dai disegni presentati nello spazio dedicato ad Angelo Mangiarotti.  Ricordo che appena uscito dal Palazzo delle Stelline, ho cercato una cabina telefonica per contattare il suo studio e chiedere un appuntamento. Dopo qualche giorno incontrai Mangiarotti e presentai i miei progetti. Il lunedì successivo ho iniziato la mia collaborazione con lo studio Mangiarotti. E’ stata un’esperienza premiante e stimolante, che mi ha consentito di acquisire elementi importanti per delineare il mio modus operandi: l’idea del progettare e del disegnare secondo una sequenza articolata del pensare, immaginare, discutere, verificare e definire. Quell’idea di definire la sintesi di una forma in base alla funzione e alle peculiarità e comportamenti dei materiali.
Qualche anno dopo, lasciato lo studio Mangiarotti, ho intrapreso un’esperienza di circa 8 anni presso Unimark International, dove ho avuto la fortuna di conoscere e collaborare con Bob Noorda, un grande innovatore della grafica italiana. Con Bob è stato un rapporto di collaborazione molto aperto, contraddistinto da una grande amicizia. Un’esperienza intensa con uno straordinario designer, che ha ripensato il concetto di identità del brand. Una ricerca continua di quell’idea intensa ed emozionante, che sta dietro alla storia di una marca. Quell’idea che rende il Brand unico e inconfondibile. Diversi i progetti seguiti con Bob Noorda;  cito il progetto per la nuova immagine dei supermercati Coop, gli elementi per la caratterizzazione degli stabilimenti Barilla, la corporate Identity di Valli&Valli, tanto per citarne alcuni. 
Intervista a Brunello Sighinolfi: l'arte di comunicare la Corporate Identity
Nel ’90 ho poi iniziato una nuova avventura aprendo lo studio “Brunello Sighinolfi Architettura della Comunicazione” , pur continuando, per qualche anno, la collaborazione con Bob. Ora dopo tanti progetti e tante soddisfazioni vi racconto ciò che più mi appassiona e mi emoziona.
2)   Ho letto che è molto legato alla sua matita Koh I Noor. Quando si progetta è sempre meglio la carta?
All’utilizzo in senso lato del computer, come mezzo di progettazione, ci sono arrivato in una seconda fase. Sono cresciuto con la matita in mano. La matita ti porta a tracciare un percorso logico d’interazione, occhio, cervello, mano. Una serie di meccanismi spontanei che ti portano a cogliere l’idea, a visualizzarla e a interpretarla. Oggi si lavora con software di progettazione sofisticati, che consentono un controllo totale e una continua verifica di ogni fase e di ogni dettaglio del progetto.
I software ti danno il vantaggio di poter perfezionare e modificare la stesura di un progetto con assoluta precisione, senza ansie da sbavature di china o strappi del lucido! In oltre le nuove tecnologie 3D consentono di rappresentare i progetti con rendering altamente espressivi, verosimili e, sopratutto, di renderli più comprensibili, potabili, agli occhi del cliente. La tecnologia ha rivoluzionato il modo di lavorare, consente di controllare ogni singola fase del processo. Ma l’idea, l’intuizione iniziale, sono sempre il frutto di un’analisi degli argomenti da sviluppare.
Il concetto è astratto e non è facile da spiegare. E’ un po’ come mettere in moto un motore di ricerca: se si danno gli input giusti, si innesca un meccanismo virtuoso: progressivamente si uniscono i punti disgiunti, che sono indispensabili per restituire riconoscibilità e forma all’idea. La tecnologia aiuta e non poco. Ma il talento ed il saper fare sono essenziali. Ritengo ad esempio il sapere disegnare un aspetto basilare per chi svolge questa professione. Ritornando alla matita, la mia Koh I Noor serve ed è preziosa: continuo a usarla soprattutto nella fase embrionale del progetto perché mi aiuta ad arrivare a cogliere, a fissare l’intuizione.
3)   Quanto è importante conoscere l'azienda per definire una corporate identity?
E’ essenziale! Se parliamo di Corporate Identity, occorre avere una visione completa e approfondita dell’azienda in questione. Conoscerne la storia e la vocazione. Un passaggio molto delicato. In questa fase è fondamentale fare le domande corrette. Un progetto di identità del brand va inteso come un abito su misura unico e distintivo. Un asset strategico dell’impresa, del modo in cui si organizza e si propone sul mercato.
Questa è una fase di stretta collaborazione con il management che deve “trasferire” il mood dell’azienda al designer/partner. È l’inizio di un viaggio all’interno di quel mondo. Un viaggio da affrontare con la mente sgombra da pregiudizi o precedenti esperienze simili. Sono profondamente convinto che le specializzazioni, in questa professione, non abbiano valore. La vera specializzazione consiste proprio nel saper interpretare le peculiarità di un soggetto.
Plasmare un strategia di Corporate identity, è come dipingere un ritratto, volto a esaltare e rendere assimilabili le caratteristiche distintive e uniche del marchio. L’efficacia di un progetto consiste nel proporre al cliente un’esperienza emozionale, un percorso seduttivo che contribuisca alla costruzione di un rapporto di “appartenenza” al brand. In sintesi la costruzione della reputazione di marca.
Intervista a Brunello Sighinolfi: l'arte di comunicare la Corporate Identity
Intervista a Brunello Sighinolfi: l'arte di comunicare la Corporate Identity
Per fare un esempio, in passato abbiamo curato l’immagine delle agenzie retail e flagship per due gruppi bancari: UniCredit e, successivamente, BPM. Due soggetti “simili” ma con comportamenti e approcci al mercato differenti. Riguardando le foto delle realizzazioni, l’aspetto che più mi gratifica, oltre all’efficacia e longevità dei progetti stessi, è l’evidenza della assoluta originalità delle scelte, prive di connotazioni auto referenziali. Come dicevo, si tratta di fare un ritratto, non di un autoritratto!!
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4)   Costruite la corporate identity seguendo un approccio multidisciplinare. La creatività è l'onda perfetta o un semplice ingranaggio della macchina che muove l’arte della comunicazione del Brand?
Preferisco parlare di ricerca piuttosto che di creatività.
Certo, “l’idea” è un fattore importante ma non un fenomeno spontaneo, casuale. Altrimenti saremmo in perenne stato di ansia da pagina bianca. Non è un gioco di prestigio. Ci sono sequenze non casuali che sono il frutto dell’esperienza e che ti portano a stringere il cerchio verso l’obiettivo. La multidisciplinarietà è un aspetto essenziale del nostro lavoro. Incorporare sapientemente competenze diverse per definire un “prodotto” compiuto, complesso e convergente. La creatività è l’onda perfetta ma arriva solo se correlata a un dialogo sequenziale, che prende forma con l’esperienza, la sensibilità, il talento, lo studio e la ricerca, appunto.  Cito una frase di Picasso: “Un'idea è un punto di partenza e niente altro. Prima di poterla elaborare è stata trasformata dal pensiero.”
   
5)   Quanto è importante il team di lavoro in un percorso di Corporate Identity?
Un Team affiatato, motivato e unito da obiettivi condivisi è fondamentale. Non sono capace di lavorare con collaboratori di passaggio. Un progetto di qualità necessita affinità elettive, capacità di interpretare e di tirare fuori la sensibilità di ciascuno degli interpreti. Il mio team è talentuoso, multidisciplinare e giovane. La collaborazione è necessaria e va consolidata con continuità. Proattività e dinamicità sono gli altri elementi da miscelare e da rendere sinergici per massimizzare la performance. Ognuno ha una sua specializzazione e si colloca in un punto preciso del processo. Il risultato si costruisce attraverso un dialogo continuo e di forte coinvolgimento.
6)   I punti di vendita dei brand nell'era del digital e dei mercati conversazionali stanno cambiando pelle. Qual è l’impatto dell’esperienza del consumatore? Si entra nell'era del negozio come show-room dove il cliente è il fulcro di tutto e non necessariamente acquista?
Come ho già avuto modo di evidenziare, la tecnologia comporta dei vantaggi e offre modalità eterogenee di espressione. La tecnologia è però un qualcosa di oggettivamente disponibile per tutti. Non è quell’elemento o quel particolare, che ti consente di dare un impatto unico e distintivo.  La complessità sta nel calare la tecnologia nello spazio disponibile e combinarlo con altri componenti al fine di realizzare un ambiente, che si distingue e che è riconoscibile. Nell’era del mercato globale quasi tutti i principali beni e prodotti di consumo sono clonabili e riproducibili.  Questo è un aspetto che deve fare riflettere. La domanda da porsi è la seguente: “Che cosa si acquista”?
La risposta è da legare al percorso esperienziale che sa offrire un brand. Un consumatore decide di acquistare quel determinato prodotto, perché scatta uno spunto emozionale e di “appartenenza” che lo porta a spingersi verso un determinato brand piuttosto che a un altro. L’individuo non compra il prodotto, ma si identifica con il brand e le sue peculiarità distintive. Lo show-room è il luogo ideale per trasferire questo tipo di percorso: “entri nel punto di vendita e ti porti a casa delle emozioni”.
Oggi si parla di Design strategico proprio perché si va a intervenire sull’esperienza comportamentale delle persone. Siamo nella nuova frontiera della comunicazione integrata dove fare corporate identity significa anche fondere elementi distintivi ottenibili da collaborazioni con content marketer, film maker, fotografi, web developer, marketing strategist. Anche il nostro Studio si sta muovendo in questa direzione: proporremo un laboratorio integrato della comunicazione, caratterizzato da collaborazioni multidisciplinari che si chiamerà Integra Strategic Design Team.
7)   Come si riempie lo spazio di un punto vendita?
Prima di rispondere alla domanda occorre fare un passo indietro e chiedersi: “come si realizza lo spazio”? Lo spazio non è astratto, è una scatola, un contenitore. Va interpretato e valorizzato curando i dettagli costruttivi, selezionando e accostando i materiali, disegnando la luce.
Lo spazio è il palcoscenico dove gli attori
- i prodotti - si muovono e vengono valorizzati.
Ad esempio il progetto H3G che ha visto la realizzazione di 4.000 punti vendita di varie dimensioni. Stiamo parlando di un approccio molto dinamico. Si è puntato su una tipologia di allestimento versatile e flessibile in grado di mantenere un’identità ben definita, anche in spazi ridotti. Ci troviamo di fronte a un esempio di ambiente paperless, dove il cliente vive la sensazione di entrare in un spazio a lui dedicato, tecnologico ma comprensibile, dal design innovativo ma attraente. Lo spazio si anima con elementi che inducono la sensazione di entrare in un mondo unico ed esperienziale, come il marchio 3 che diventa espositore, totem, sintesi tra brand e prodotto. La digitalizzazione della comunicazione nel punto vendita, integrata nelle strutture espositive, contribuisce in maniera rilevante alla riconoscibilità del punto vendita. Tra l’altro, quando si ha a che fare con un network così capillare, è necessario curare lo sviluppo del progetto ponendo grande attenzione ai processi di ingegnerizzazione, ottimizzazione e producibilità seriale per comprimere tempi di allestimento e costi di produzione.
Intervista a Brunello Sighinolfi: l'arte di comunicare la Corporate Identity
8)  Quali sono i progetti che ricorda con più soddisfazione?
Ogni progetto ha una propria storia e crea emozioni diverse, diversi percorsi della memoria.In realtà ricordo tutti i nostri lavori con emozione e, consentitemelo, con una certo compiacimento!
Il marchio di qualità per il Centro Tessile Cotoniero del 1988: il primo concorso vinto! Un progetto, sviluppato in collaborazione con Antonella Guerretti con cui ho stretto un sodalizio professionale che non si è mai interrotto,  è a mio avviso ancora assolutamente attuale ed efficace.
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Webank
, il marchio più rappresentativo tra le banche on line.
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Il progetto per la riconoscibilità delle strutture produttive Barilla.
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Gli allestimenti per Pioneer e Kenwood.
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Le mostre itineranti per Metropolitana Milanese.
Intervista a Brunello Sighinolfi: l'arte di comunicare la Corporate Identity
Le già citate collaborazioni con UniCredit e Gruppo BPM. La collaborazione con H3G che prosegue con interventi di upgrade del progetto iniziale. Come esempio di Corporate Identity il progetto per il Gruppo BPM è particolarmente complesso e interessante. E’ stato attuato un processo di rinnovamento nel rispetto delle caratteristiche distintive di ciascuna banca appartenente al Gruppo: Banca Popolare di Milano, Banca di Legnano, Cassa di Risparmio di Alessandria, Banca Popolare di Mantova.
Intervista a Brunello Sighinolfi: l'arte di comunicare la Corporate Identity
Per dare risalto al legame di appartenenza al territorio abbiamo attinto alle opere di importanti pittori rappresentativi dei territori stessi: Gaetano Previati per Legnano, Angelo Morbelli per Alessandria e, naturalmente, Mantegna per Banca Popolare di Mantova.
 

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