Benvenuto nel mio blog Carlo e grazie per la tua
disponibiltà a questa intervista.
Appena ho imparato a reggere in mano una penna, ovvero alle elementari: mi
divertivo a scrivere fumetti. Al liceo ho messo insieme la prima raccolta di
racconti. Nel 1989 ho pubblicato il mio primo libro, una silloge di poesie
scritte dal 1983 a poco prima della stampa del volume.
Il mio primo romanzo è di poco successivo. Il primo romanzo edito è stato però
"Il Colombo divergente" pubblicato nell'ottobre 2001 da
Liberodiscrivere. L’avevo scritto a metà degli anni novanta. Fu selezionato dai
frequentatori del sito www.liberodiscrivere.it e dalla redazione e
divenne uno dei primi cinque libri editi dalla neonata casa editrice, che nel
frattempo è molto cresciuta, pubblicando centinaia di titoli, tra cui la
seconda edizione de "Il Colombo divergente".
Non vivo di scrittura (per fortuna) e non la uso come sfogo. Scrivere per me è
un passatempo, uno svago. Di fatto è un hobby.
Hai pubblicato vari libri, di genere
diverso, sei inserito anche in alcune antologie. A quale libro o racconto ti
senti più legato e perché? Ce ne parli?
Mi piace molto cimentarmi con generi diversi. Ho scritto ucronie, thriller,
fantascienza, surreale, sperimentale, romanzi, racconti e poesia (in metrica, a
verso libero, haiku e altro), però mi piace soprattutto scrivere per un
pubblico. Credo che sia importante poter raccontare qualcosa che chi legge riesca
ad apprezzare.
Penso quindi spesso al lettore. I romanzi “Il Colombo divergente” e “Giovanna e
l’angelo” sono ucronie pensate per lettori adulti un po’ sofisticati, con amore
per la Storia e il gusto per la trasgressione dei canoni, “Ansia assassina” è
un thriller per stomaci forti ma di fatto per tutti, veloce e scorrevole.
“Ucronie per il terzo millennio”, l’antologia di allostorie da me curata, si
rivolge a tutti ma la vedo molto adatta per le scuole, licei soprattutto.
“Parole nel web” è più sperimentale, racchiude tre storie scritte ciascuna a
quattro mani con autori diversi ed è un prodotto un po’ di nicchia con
riferimenti ai classici della letteratura antica e alla lirica. “Il Settimo
Plenilunio” si rivolge a un pubblico adolescente ma è anche qualcosa di
innovativo, al punto che ho dovuto coniare l’espressione “gallery novel” per
definirlo: un romanzo scritto a sei mani e illustrato, con oltre cento
immagini, da 17 artisti, tra pittori, fotografi e illustratori. A breve uscirà
il mio nuovo romanzo di fantascienza “Jacopo Flammer e il Popolo delle
Amigdale”, pensato per ragazzini dai nove ai novantanove anni.
Credo che un autore non si possa definire tramite un solo libro. Quello a cui
sono più legato è forse quello che devo ancora scrivere, quello che forse un
giorno mi rappresenterà per intero.
Per ora credo che “Il Colombo divergente”, essendo uno dei più completi e
complessi romanzi che ho scritto, il primo ad essere pubblicato e ad avere un
certo successo, sia quello in cui mi riconosco di più. Ha anche rappresentato
il mio ingresso nel promettente mondo dell’ucronia: riscrivere la Storia offre
incredibili possibilità narrative.
Credo di aver realizzato in questo libro una rappresentazione di Cristoforo
Colombo, come uomo e come esploratore, abbastanza originale. La divergenza
consiste nel fatto che Colombo viene catturato dagli aztechi. Quello che
rappresento è dunque un uomo davanti al fallimento del proprio sogno, del
progetto su cui ha costruito la sua intera vita. C’è poi l’uso di un insolito
punto di vista che dà un tocco magico, se non poetico, alla narrazione.
Qual è il genere che più ti si addice come lettore e come scrittore?
Vengo di solito definito un autore ucronico. Del resto ben tre libri di quelli
da me pubblicati sono allostorie e anche quello in uscita, pur essendo
fantascienza, ha forti legami con l’ucronia.
Mi piace però frequentare generi diversi, sia come lettore che come scrittore.
Anche se purtroppo me ne manca il tempo. Se potessi scriverei romanzi di ogni
tipo!
Come lettore da bambino leggevo romanzi d’avventura (Salgari, Verne, London…),
poi ho scoperto la fantascienza (Asimov in primis), da giovane ho amato Hesse,
Kundera, Eco, poi ho scoperto i latino-americani (Marquez, Amado, Allende…), ma
ora cerco davvero di leggere di tutto, compresi gli autori che definisco “poco
noti”, i cosiddetti “emergenti” che riservano spesso belle sorprese. Alcuni
autori che ho scoperto sono Alessandra Libutti, Laura Costantini, Paolo Ciampi,
Alessandro Bastasi, Francesco Barbi, Alessandro Soprani, Stefano Cafaggi,
Monica Caira Monticelli, Elisabetta Modena, Giulia Ghini, M.P. Black, Marco
Mazzanti, Rossella Drudi e Lina Dettori. Non pochi, vero? Eppure pochi li
conoscono. Un peccato.
Che consigli daresti a chi sta cercando una casa editrice per la sua
prima pubblicazione?
Innanzitutto eviterei la pubblicazione con contributo: ormai ci sono vari
editori minori disposti a pubblicare, in e-book o con il print-on-demand anche
autori destinati a vendere poche copie, non ha senso rivolgersi ad altri.
Nessun editore minore però è in grado di garantire una buona diffusione e
promozione.
Se si ambisce al successo ci si deve rivolgere solo ai primi 5-10 editori, che
leggono e a volte pubblicano autori minori, come è capitato, ad esempio a Vanni
Santoni, Alessandro Soprani o Francesco Barbi. Però non bisogna farsi
illusioni: gli autori che possono essere pubblicati dai grandi sono solo
pochissimi e anche questi ricevono spesso un sostegno modesto. Anche gli
editori più importanti possono permettersi di fare investimenti solo su pochi
titoli.
Per chi non si vuol fare illusioni, tanto vale affidarsi a editori medio
piccoli, come Liberodiscrivere, con cui ho pubblicato vari titoli. Se si ha un
po’ di ambizione però un tentativo con i grandi va pur fatto.
Per raggiungerli credo sia utile un buon agente. Però quelli davvero buoni non
accettano libri scadenti. Alla fine farsi accettare da un agente importante è
quasi altrettanto difficile che farsi pubblicare da Mondadori!
In ogni caso ci vuole molta pazienza: per avere risposta da un editore ci
vogliono dai tre mesi (casi rari) ai due anni. Di norma 6-8 mesi.
Cosa fa Carlo quando non si occupa dei suoi libri?
Cioè nella maggior parte del mio tempo? Purtroppo il tempo che posso dedicare
ai libri è marginale.
Lavoro in banca dove mi occupo di finanza strutturata: gestisco i finanziamenti
per l’acquisto di aziende. Sono sposato e ho una figlia ormai quasi tredicenne
e quindi mi dedico alla famiglia. Mi piace viaggiare e durante le (poche) ferie
cerco di farlo. Per non afflosciarmi del tutto, cerco di andare un po’ in
palestra.
Cosa non faccio? Non seguo lo sport (odio il calcio) e in TV guardo solo film
(non troppo spesso). Il cinema e il teatro mi piacciono ma gli dedico tutto
sommato poco tempo.
Stai scrivendo qualcosa in questo periodo o hai progetti immediati?
Ho sempre qualche libro in scrittura, qualcuno in revisione e diecimila
progetti in testa. Al momento sto seguendo la pubblicazione di “Jacopo Flammer
e il Popolo delle Amigdale”, che è stato illustrato dai bravissimi Niccolò
Pizzorno (molto presente anche ne “Il Settimo Plenilunio”) e Ludwig Brunetti e
sarà pubblicato da Liberodiscrivere. È la storia di un ragazzino di nove anni
che fa un viaggio nella preistoria dove si scontrerà con i creatori delle
“Porte dell’Ucronia”, esseri provenienti da un universo alternativo, in cui i
dinosauri non si sono estinti.
Ho poi un romanzo che sto limando per la prossima uscita. Il seguito di “Jacopo
Flammer” è già pronto ma attendo che sia illustrato.
Il romanzo che sto scrivendo è una nuova ucronia ma molto diversa dalle
precedenti. Posso solo dire che ambientata a giorni d’oggi ma con una
divergenza che si pone più di duemila anni fa: l’ambientazione sarà quindi in
un mondo nuovissimo e sorprendente!
Ti saluto e ringrazio molto.
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