Ha parlato con lui Irene e al telefono ha trovato una persona gentile e disponibile, con la battuta pronta, schietta e sincera.
Ecco qui l’intervista!
1. La nuova dieta mediterranea è un libro scritto a quattro mani con Stefania Ruggeri; in alcuni punti vi dividete spazi e capitoli, in altri le vostre voci si fondono perfettamente. Spesso gli scrittori, invece, preferiscono lavorare per conto proprio. Quale è stato il vostro approccio?
R: Sì, è un libro scritto insieme a Stefania che è una biologa e ricercatrice. A tratti ci siamo divisi i compiti, in base alle nostre competenze e peculiarità, però fondamentalmente è scritto a quattro mani su un lasso di tempo di due anni e mezzo, quasi tre, ma con tante pause.
È un libro che esprime dei concetti dai quali non si scappa, per questo scriverlo in due non è stato così difficile: si capisce quando scrivo io, si capisce quando scrive lei, non è una poesia o un romanzo , quindi per me è da considerarsi un libro a due mani più due mani, non c’è una vera e propria fusione nella scrittura. C’è stata nella preparazione iniziale e verbalmente quando ci incontravamo e correggevamo, ci davamo consigli su come migliorare le rispettive parti. Sono due argomenti in uno. Più che un lavoro a quattro mani, è stato un lavoro a due menti!
2. Nel libro Unti e Bisunti abbiamo un assaggio di quello che potrebbe essere un tuo diario di viaggio.
Ne hai mai scritto uno?
Prenderesti in considerazione l’idea di farlo in futuro e pubblicarlo?
R: Per quel libro devo ringraziare molto Arianna, che è la ragazza che mi ha supportato nella stesura, io dettavo durante i sopralluoghi, tra un treno, la macchina… È un libro che è stato richiesto in tempi brevissimi. Pure questo lo sento di dividere insieme a lei.
Per quel che riguarda il diario, non sono proprio il tipo da diario. Non ne ho mai scritti, sono altamente incostante, mi annoio a morte a scrivere di me. Preferisco imprimere una sintesi dei momenti che vivo attraverso le fotografie. Per scrivere dei miei viaggi dovrei lavorarci su, non sono istintivamente portato e non sono stato abituato da bambino a scrivere “oggi è successo questo” oppure “ho fatto questa cosa” e se passa poi del tempo diventa tutto più romanzo che diario, il diario deve essere fresco, se no poi perdi dettagli e rischi di scrivere delle scemenze. Se invece scrivi a distanza di tempo puoi ricordare e romanzare ed essere un po’ più poetico, quello mi riuscirebbe meglio. Se si parla invece di scrivere un libro come se fosse un diario, quello sì, non avrei nessun tipo di problema e non lo escludo.
3. A proposito di viaggi, in passato hai viaggiato molto e continui a farlo. Secondo te qual è il libro che meglio rappresenta il viaggio?
R: Di viaggiare non se ne ha mai abbastanza e, appena potrò, tornerò a farlo. Ci sono diversi libri che ho letto durante i viaggi e forse tra quelli che più rappresentano il viaggio uno è “Manituana” del collettivo Wu Ming, l’epopea romanzata degli indiani canadesi che combattono gli inglesi e i francesi, l’ho letto l’ultima volta che sono andato in Canada. Un altro è “Shantaram” di Gregory David Roberts, scritto da un ex detenuto australiano, che potrebbe essere l’emblema di un viaggio: ovunque tu ti trovi ti ci puoi riconoscere. Certo se sei tra Australia, Pakistan e India, è un po’ più attinente, comunque quello ti racconta tanto.
E poi “L’ultimo chef” di Nicole Mones che parla di questa signora che rimasta vedova scopre che il proprio marito non era perfetto come lei credeva.
Adesso mi vengono in mente questi tre titoli, sono quelli che mi hanno dato qualcosa per quanto riguarda il viaggio, potrei andare avanti all’infinito, ma forse è meglio se ci fermiamo qui…
4. Giocatore di rugby, chef, personaggio TV, adesso sei anche appassionato di fotografia. Ma hai mai preso seriamente in considerazione l’idea di diventare scrittore?
R: In realtà sono sempre stato appassionato di fotografia. Ho un sacco di passioni e interessi coltivati negli anni su cui potrei dire la mia che non basterebbero quattro vite e ogni tanto qualcosa rispunta…
Disegno, pittura, scrittura, in tutto quello che faccio credo che potrei dire la mia.
I: Sei creativo.
R: Questo me lo dicono in tanti… però io sono me stesso. Poi se gli altri mi riconoscono questa capacità son contento. Però no, io non mi definisco creativo. La definizione di creatività non è endogena, è indotta dall’altrui sguardo.
Per quel che riguarda la professione dello scrittore, l’ho presa in considerazione, ma allo stato attuale non è pensabile per me. Per poter scrivere bisogna essere concentrati su un’unica cosa indipendentemente che tu sia in uno stato di angoscia o di estrema felicità. Per poter scrivere ritengo che bisogna essere in una fase statica per quanto riguarda la fisicità e in una dinamica per quanto riguarda l’aspetto mentale. Se si hanno i ritmi che ho io si rischia di scrivere a corrente alternata, non avrei tutto il tempo necessario per concentrarmi e scrivere.
Però ci potrebbero sempre essere risvolti noir… tipo con una grave malattia o con un’infermità allora lì avrei la chance di scrivere tanto.
5. Tu eri una persona conosciuta ben prima di dare alle stampe “La nuova dieta mediterranea”. Credi che il successo di un libro possa venire influenzato dal fatto che l’autore è già un personaggio noto?
R: Il libro era già scritto. L’abbiamo consegnato già pronto, aspettava solo che qualcuno lo pubblicasse. Quindi assolutamente sì. Se non avessi avuto questa chance non sarebbe mai uscito, non mi avrebbero calcolato, inutile girarci intorno.
6. Stiamo leggendo quello che scrivi su PopAndRollArts. La storia è interessante, resterà confinata su Tumblr o vedrà la vita sotto altra forma? Inoltre, abbiamo notato che ti firmi Lucifero e che la storia è scritta a quattro mani con Morgana, di cui sappiamo il nome proprio, Luisa. Puoi dirci di più sulla storia e come è nata?
R: PopAndRollArts è un canale che ho scelto per allargare il giro. Luisa è una amica che mi ha intervistato un paio di anni fa. Gestisce la pagina e le ho chiesto se volesse ospitare i capitoli del mio racconto. Sul blog http://traslochifunebri.blogspot.it c’è tutto l’incompiuto scritto da me e Luisa.
Questo è un effettivo libro scritto a quattro mani, interrotto perché lei è partita, s’è data alla macchia, ma quando torna riprenderemo a scrivere. Abbiamo scritto una pagina a testa di questo libro che ha tre storie che si intrecciano, senza comunicarci alcunché: no personaggi, no trama.
Ci lasciavamo a piè di pagina una congiunzione o un verbo che implicasse una sospensione, così l’altra persona poteva continuare a suo piacimento nella pagina successiva prendendo ispirazione da quello che aveva letto. Allo stesso modo ogni capitolo prende il titolo da un’opera d’arte richiamata alla mente del co-autore. Ad esempio se io scrivo un capitolo, poi Morgana, prima di riprendere da dove ho lasciato io, decide come intitolare la mia parte ispirandosi a un’opera d’arte. E viceversa.
7. Dalla lettura alla scrittura non sempre il passo è breve, ma tu hai la falcata lunga. Quando hai iniziato a scrivere? E cosa rappresenta per te la scrittura?
R: Mah… Fino adesso di quello pubblicato non c’è nulla che sento davvero mio. Il primo libro è una raccolta di informazioni fondamentali e importantissime che mi hanno dato tanto per quanto riguarda la salute e la cucina, e l’altro è un libro che per necessità di tutte le persone che ci hanno lavorato intorno era giusto che si buttasse giù, ma non li sento completamente miei, quei libri. Il mio libro ancora manca.
8. Tutti noi abbiamo avuto un libro o una storia che ci ha fatto capire che amavamo leggere. A volte è il primo libro che leggiamo spontaneamente, altre volte quello che ci viene prestato da un amico, o consigliato da un insegnante. Per te quale è stato e come è nato il colpo di fulmine?
R: “Un milione di piccoli pezzi” di James Frey. È il libro che mi ha fatto capire che potevo scrivere. Mentre lo leggevo pensavo “l’ho scritto io” nel senso che mi ci rivedevo, avrei potuto scriverlo io così, frasi molto corte senza punteggiatura, senza un’inizio e una fine, molto dirette e figurative. È stato il momento in cui ho pensato “Ok posso scrivere anche io, c’è qualcuno che mi assomiglia”.
Il primo libro che mi ha fatto capire che mi piaceva leggere… non mi ricordo ero molto piccolo. Ho letto Calvino. “Lo Hobbit” di Tolkien me lo leggeva mio padre. I libri che si leggevano a scuola non mi piacevano molto perché erano imposti e tutto ciò che è imposto non mi piace. Poi magari mi sono andato a recuperare la letteratura latina e greca quando mi andava, per conto mio, però ecco non è che mi abbiano mai affascinato “I promessi sposi” o i contemporanei italiani, anche se sono fondamentali e li rispetto molto, non mi hanno mai rapito. Anche quelli della beat generation… preferisco andare per conto mio e non seguire nessun filone.
Ad eccezione di Calvino. Ripensandoci, “Il sentiero dei nidi di ragno” è stato il primo libro che mi sono veramente mangiato.
9. E se finissi sulla famosa isola deserta e potessi portarti solo tre libri, quali sceglieresti?
R: Nessuno! Mi porterei tre libri bianchi e una scorta di penne e matite, che così è la volta che scrivo e disegno. Non ho mai letto un libro due volte in vita mia e mai lo farò. Così per i film, è raro che veda un film due volte.
10. Hai così tante passioni e segui così tanti progetti che le tue giornate sembrano di 50 ore. Come fai a conciliare tutto?
R: No le giornate durano 24 ore e per fortuna, altrimenti ci avrei già lasciato la pelle! Mi sto rendendo conto che più vado avanti e più devo canalizzare gli interessi, che ne ho sempre tanti e aumentano sempre, e alcuni progetti me li perdo per strada. Però, forse, è meglio così. Meglio iniziarne dieci e portarne avanti due, così hai modo di capire cos’è che davvero ti rapisce e ti conquista. Però davvero 24 ore non bastano. Dormo 4-5 ore a notte e comunque prima di andare a dormire avrei sempre altre cose da fare. Se le giornate fossero più lunghe sarei rinchiuso in manicomio!
11. Adesso c’è anche questo nuovo programma, in onda su DMAX (canale 52dtfree) dal 27 Ottobre, che si chiama I re della griglia. Lo conduci con due toscani: Paolo Parisi e Cristiano Tomei. Ci racconti qualcosa su questa nuova esperienza tra campanilismo e grigliate?
R: Loro due si conoscono da tempo, si pizzicano e si stuzzicano anche per quello. Il campanilismo c’è, si scherza, ma il lavoro è lavoro e ho trovato persone serie, competenti e professionali. Per il resto siamo andati subito d’accordo, sono molto felice perché si è creato un bel legame, e io ho partecipato a questa esperienza più per il valore umano che per tutto il resto.
Il programma è un talent show con nove concorrenti e tre giudici, il comun denominatore è la griglia, che la fa da padrona. Il vero protagonista è il fuoco. Il compito di noi tre è dirigere l’orchestra, dare consigli quando possibile.
Spero che sia un programma divertente con degli spunti interessanti e anche didattici per la cucina, e che le persone a casa possano imparare qualcosa o correggere qualche convinzione sbagliata.
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Aspettiamo con curiosità di vedere questo nuovo programma, e nel frattempo lo ringraziamo per il tempo che ci ha dedicato e per i libri che ci ha consigliato!
Irene Quintavalle
Chi sonoCi sono persone con un talento portentoso per una singola cosa. Altre che sono molto brave in poche cose. A me è capitato di saper fare un sacco di cose in maniera mediocre… Quindi scrivo, disegno, ricamo, coltivo fiori, riparo cose, cucino, e niente di tutto questo raggiunge un livello accettabile ^^' Sono completamente persa per la serie tv Doctor Who, mi piacciono i giochi da tavolo e di carte, adoro i gatti e le cose vecchie, sogno segretamente di conquistare il mondo.