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Intervista a Corrado Altieri

Creato il 03 gennaio 2014 da Robertavanali @roberta_vanali

Intervista a Corrado Altieri
Corrado Altieri (Cagliari, 1965) è uno dei maggiori protagonisti della scena della sperimentazione musicale nazionale che dal post punk giunge all’industrial più estrema. Visionario interprete di una società sull’orlo della catastrofe, incline a tutto ciò che è alieno e compulsivo, è capace di inscenare atmosfere plumbee minimali rotte repentinamente da sibili inquietanti, impulsi distorti e stridenti affiancati spesso da vocii di sottofondo che dilatano l’attesa del vuoto. Una ricerca colta che origina dal rumore primordiale per sviscerare i fantasmi di un’epoca oscura: quella contemporanea.
Mi racconti gli esordi del tuo percorso sonoro?Ho cominciato a suonare durante i primi anni ottanta, in pieno periodo post-punk/new-wave. Avevo degli amici che già armeggiavano con sintetizzatori, nastri e drum.machines, per cui è stato abbastanza naturale cominciare a muoversi in certi ambiti. Facevo esperimenti rudimentali di musica elettronica nella mia camera, registrando su cassetta tutto quello che veniva fuori. Parallelamente, sono stato anche il cantante di diverse formazioni underground di quegli anni, Agorà su tutte.Descriviti con tre aggettiviNe basta uno: lunatico.Come e perché sei approdato alla musica elettronica sperimentale?Il motivo principale è stato sicuramente il senso di noia mortale nei confronti del rock e dei suoi stereotipi, di tutto ciò che ha schemi rigidi all’interno di una composizione. Il “come” è legato semplicemente all’acquisto di un campionatore nel lontano 1989.Quale tipo di formazione hai avuto?Sono totalmente autodidatta. La mia è stata una formazione di ascolti e “frequentazioni” e non posso definirmi sicuramente un musicista nel senso classico del termine. In materia di suono e produzione ho imparato moltissimo lavorando con Simon Balestrazzi: giornate intere trascorse nei suoi studi sono state senza dubbio più importanti e formative di qualsiasi lezione “accademica”.Quando hai capito che avresti intrapreso la strada della musica?Forse quando ho sentito “20 Jazz Funk Greats” dei Throbbing Gristle per la prima volta: era il 1980 e avevo 15 anni. Credo che quel disco mi abbia cambiato letteralmente la vita.Cosa ti interessa della realtà che ti circonda?Tutto quello che apparentemente è invisibile.In cosa consiste una sonorizzazione?Secondo me, quando suono e/o musica vengono creati ed applicati ad uno spazio ed al loro contenuto. Nel caso di sonorizzazione cinematografica, tutte le parti audio originali di un film (colonna sonora, dialoghi e sound-design) vengono sostituite da composizioni pensate ed elaborate appositamente per le immagini dello stesso. Uncodified, Candor Chasma, Monosonik, TH26: esiste un filo conduttore tra i diversi progetti?Non so se esista un filo conduttore. Di sicuro, tutto quello che ho realizzato in questi anni fa parte di un percorso, anche se credo che ogni progetto abbia caratteristiche e approcci diversi. Se così non fosse, probabilmente mi sarei fermato con TH26, che peraltro è stato il mio punto di partenza in ambito di sperimentazione elettronica.Parlami delle tematiche che indaghi attraverso l’intervento sonoroDi solito c’è un concept dietro ogni lavoro, magari anche una semplice citazione da cui poi si sviluppa il tutto. “The System Of The Objects”, disco realizzato con Gianluca Favaron ed uscito quest’anno per Silentes, è un omaggio all’opera omonima di Jean Baudrillard; il nuovo Candor Casma sarà incentrato sulla figura di Helena P. Blavatsky; la trilogia Uncodified-Wertham è uno spaccato sui lati oscuri della Sardegna, tra faide e banditismo.Musica, cinema e letteratura sono gli ambiti a cui attingi per comporre. A chi guardi fondamentalmente?Nessuna priorità. Sono tre grandi passioni ed è inevitabile confluiscano in egual misura in tutto quello che faccio. I riferimenti sono tanti ma cercherò di fare qualche nome: Throbbing Gristle, Whitehouse, Ramleh, Joy Division, metal estremo, colonne sonore; Lucio Fulci, il cinema di genere italiano degli anni ’70, David Cronenberg, Richard Stanley, John Carpenter; Clive Barker, Brett Easton Ellis, Giorgio Scerbanenco, Warren Ellis.Anche l’arte rientra tra le fonti del tuo immaginario?Assolutamente si. Francis Bacon, Alberto Burri, Joe Coleman e molto altro.Cosa pensi del panorama musicale sardo?Tutto il bene possibile. Ci sono progetti e formazioni davvero interessanti, ma poco interesse da parte di chi dovrebbe supportare, di conseguenza il mercato è assolutamente inesistente.Quali sono gli strumenti che utilizzi?Solo macchine elettroniche analogiche e digitali. Uso il computer solo in fase di editing e registrazione.A cosa lavori in questo momento e quali sono i progetti futuri?Attualmente sto suonando spesso dal vivo con Candor Chasma (progetto condiviso con Simon Balestrazzi). Sul fronte discografico ci saranno diverse uscite: oltre al nuovo Candor Chasma, ci sarà il ritorno di Monosonik, un altro album con Gianluca Favaron, il secondo capitolo di “Vindicta” con Wertham ed altro ancora.



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