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Intervista a Daniele Bonfanti

Creato il 06 luglio 2010 da Paolo Franchini

televisione

Intervista a Daniele Bonfanti
Nome: Daniele
Cognome: Bonfanti
www.danielebonfanti.com

Anno di nascita: Sconosciuto ai più
Ultimo lavoro: Archetipi

Tocca a te, hai carta bianca.
Lasciamola bianca allora, perché imbrattarla con me?

Ti va di raccontarci in breve il tuo ultimo libro?
Certamente. Facciamo che parlo di Archetipi, raccolta uscita a ottobre dello scorso anno, che ho curato insieme a Luigi Acerbi e comprende dodici racconti, uno dei quali è mio. Nota: nei prossimi giorni, VareseNoir si occuperà in maniera più approfondita di questa fortunata antologia.

Quando hai iniziato a scrivere, sapevi già che – prima o poi – ti saresti imbattuto nella stesura di un romanzo?
Direi di sì, anche perché ho iniziato a scrivere storie da bambino, e allora non hai grossi timori di non farcela – quale che sia l’obiettivo. E ho sempre preferito la forma del romanzo a quella del racconto. Avevo in mente piuttosto chiaro, da piccolo, essendo appassionato di dinosauri, di scrivere un romanzo su un tirannosauro che cerca di sopravvivere alla catastrofe che causa l’estinzione dei dinosauri – alla fine però moriva pure lui. Magari prima o poi lo scrivo.

Hai mai ballato sotto la pioggia?
Se si può definire “ballare” saltare in giro come uno scimmione ubriaco, sì.

Intervista a Daniele Bonfanti
Esiste un libro che avresti voluto scrivere tu?
Direi di no. Quando mi piace moltissimo un libro, sono felice di non averlo scritto io, perché senza dubbio l’avrei scritto peggio.

La tua canzone preferita è…?
Questa è difficilissima… Sono troppe, troppe, troppe, non riesco neanche a scegliere la pizza… Oh! Guarda, ti sta passando un gipeto sopra la testa, oooh maèggrossissimo! Là… visto? Ah, peccato, è volato via… Cos’è che mi stavi chiedendo, scusa?

Che rapporto hai con la televisione?
Nessuno. Non ce l’ho più dal 1999. Mi sono perso tutta l’era dei reality, che disgrazia eh?

E con il cinema?
Ci vado piuttosto di rado negli ultimi anni, confesso. Anche perché costa troppo, e c’è sempre gente che parlotta. Ma soprattutto, non sopporto proprio più il doppiaggio, non riesco più a vedere i film doppiati da quando ho cominciato a vederli in lingua. Lo trovo vecchio, sintomo per molti versi di tipica chiusura culturale italiota, ridicolo, goffo e sgraziato oltre ogni dire (non è colpa dei doppiatori, in Italia ce ne sono di eccezionali; è la cosa in sé, vedere uno che muove le labbra in un modo e dice un’altra cosa, e poi tutti hanno le stesse quattro voci, e non senti come recita e come si esprime quell’attore… assurdo. Capisco bene che ci siano persone magari in età avanzata che non hanno modo di imparare un’altra lingua, ma perché non si alternano visioni in lingua originale a quelle in italiano, nelle sale, se non rarissimamente?). Mi piace vedere i film – o molto di più, sempre negli ultimi anni, i serial – nella loro lingua (eventualmente con sottotitoli se non la conosco) sul pc, insieme a mia moglie o mia figlia, con tutta la calma e l’intimità e la possibilità di rivedere e rivedere.

Hai mai parlato al telefono per più di due ore?
Sì, più di una volta. Per lavoro, però; sul “fare conversazione” sto cercando di migliorare.

Ti piacciono i proverbi? Ne usi uno più spesso?
Diversi mi divertono. Ultimamente uso: “Scherza coi fanti ma lascia stare i santi”. L’ho usato l’ultima volta riguardo al non prendere una pizza in Francia. E al contrario sulle baguette.

Hai tre righe per dire quello che vuoi a chi vuoi tu. Ti va di usarle?
Usiamole: vorrei dire a tutto l’ambiente editoriale di prendersi un po’ meno sul serio, di piangersi meno addosso, e di smetterla di lanciarsi sassi da un giardinetto all’altro e impiegare le energie conservate grazie all’evitato lancio per fare bene il proprio lavoro.

Intervista a Daniele Bonfanti
Se potessi cambiare una cosa (ma una soltanto) del tuo ultimo libro, che cosa sceglieresti? Il titolo? L’immagine di copertina? Il nome di un personaggio? Il finale? Altro?
Direi nulla, via. Non perché lo ritenga perfetto, tutt’altro. Ma perché credo che una volta “là fuori” sia giusto lasciarlo camminare con le sue gambe, e i suoi difetti, e pensare alle prossime cose.

Quando scrivi una storia, hai un lettore di riferimento oppure scrivi solo per te stesso?
Non scrivo mai per me stesso – a meno che non stia scrivendo la lista della spesa.
Se si tratta di storie, il loro senso sta nell’essere raccontate, quindi fruite da un destinatario del racconto. I miei lettori di riferimento sono tutti quelli che possono avere affinità con gli ingredienti della storia, e spero di divertirli e magari di far sorgere qualche interrogativo.

Tra due ore si parte per un viaggio su Marte: scegli tre oggetti da portare con te e un aggettivo per descrivere l’umanità ai marziani.
Tre oggetti: sonic screwdriver, spazzolino da denti e… Per il terzo ho ancora un’ora e 59 minuti e 50 secondi, per cui ci penso con grande attenzione, facendo schemi e grafici e diagrammi e sviluppando algoritmi complicatissimi.
Aggettivo: varia.

La cosa che più ti annoia, quella che più ti diverte e quella che più non sopporti.
Noia: burocrazia.
Diverte: stare con mia moglie.
Non sopporto: burocrazia.

Stai già lavorando al tuo prossimo libro? Se sì, ci regali un’anticipazione?
Con molto piacere. Sto lavorando a diverse cose, in realtà, per lo più in coppia con altri autori, cosa che mi diverte moltissimo e mi pare funzionare (in realtà scrivo insieme a gente brava, così sembro bravo anch’io). Tre romanzi: uno (horror-alchemico) scritto con David Riva, un altro (mezzo survival horror e mezzo hard Sci-fi) con Luigi Acerbi. Su questo – Cenere – per ora è tutto top secret… Ma siamo a buon punto. Un terzo, in fase di progettazione, con Simone Corà, sempre in territorio di Sci-fi-horror con molta azione e esplosioni. Ho in ballo anche varie altre cose, con altre persone. Poi, sempre con David stiamo lavorando al prossimo titolo di Camera Oscura, che avrà per tema il Carnevale, Venezia e le maschere. E stiamo impostando, con altri loschi e per ora – ancora per poco – segreti personaggi, il titolo successivo (quello del 2011), molto ambizioso e complesso, con collaborazioni importanti.
Ti do un’anticipazione in esclusiva riguardo al primo dei romanzi che ho citato: ti svelo il titolo, che sarà Quintessenza. Non so quando uscirà, né con chi: è attualmente tra le mani di alcuni editori che lo stanno vagliando.

Prima di salutarci, l’ultima domanda è tua. Chiediti quello che vuoi, ma ricorda anche di risponderti.
Qual è il tuo piatto preferito?
Pizzoccheri, mangiati a Teglio, in Valtellina. Te ne posso offrire un piatto per ringraziarti?


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