Intervista a due esiliati

Creato il 14 novembre 2011 da Abattoir

lunedì 14 novembre 2011 di Maria Crisitina Vasile

Italia sì, Italia no, Italia gnamme, se famo du’ spaghi!1 Cosa spinge i giovani ad abbandonare la nostra cara e amata Italia? Le ragioni ovviamente sono molteplici e non mi addentrerò in un elenco degno di studi socio-antropologici del nuovo millennio, meglio…
Ecco qui un’intervista a due ragazzi che hanno deciso di fare un biglietto di sola andata e tentare la sorte in Spagna.

Abbiamo Tommaso, 26 anni, originario di Roma. Vive a Madrid e lavora nella redazione de “El Paìs”:
D: Cosa fai a Madrid?
R: Ho un contratto di un anno come stagista a El País. Scade a gennaio…
D: Da dove hai cominciato? Raccontaci il percorso che hai intrapreso.
R: Ho studiato Scienze politiche per diventare giornalista. Ho preso la triennale, ho provato a entrare alla scuola di giornalismo della Luiss ma non ho passato le prove. Ho iniziato la specialistica e me ne sono andato un anno in Erasmus a Siviglia. Lí ho imparato lo spagnolo, per cui, una volta tornato a Roma, mentre cercavo dei master di giornalismo, ho pensato: “Proviamo a cercarli anche in Spagna”. Il primo che spunta su Gooogle è quello de El País. Detto fatto: un anno di master e quello dopo lavoro al giornale…
D: È stata una cosa ponderata, cioè sapevi di voler fare qualcosa del genere, oppure una scelta condizionata da qualcosa?
R: Volevo diventare giornalista. Quello che non sapevo era come. In realtà, nel cammino che ho intrapreso c’è ben poco di ponderato. Quando ci penso non so se vederlo come un sogno o un miracolo. Se me l’avessero detto tre anni fa, che neanche parlavo spagnolo, non c’avrei mai creduto.
D: Sacrifici?
R: I sacrifici sono economici (il master costa parecchio) ma soprattutto quelli tipici del viaggiatore: cambi casa in continuazione, non fai in tempo a conoscere la gente che già te ne devi andare. Roma, Siviglia, Roma di nuovo, Madrid, e poi chissà… a volte hai la sensazione di stare lontano da tutti quelli a cui vuoi bene.
D: Rimorsi?
R: Assolutamente nessuno.
D: Ti manca l’Italia?
R: Mi manca Roma, a volte. La amo troppo per non sentire la nostalgia. Dell’Italia mi manca la comodità di stare nel mio paese, mi manca la gente e mi manca il cibo. In fondo mi sento un po’ un traditore, nel senso che critichiamo tanto (io in primis) l’Italia ma se i giovani, come me, fuggono, chi può cambiarla? D’altra parte poi pensi che di vita ce n’è una sola e che devi preoccuparti per te stesso…
D: Cosa ti manca di più?
R: Prendere il motorino e girare per Roma (oltre ai miei amici e alla mia famiglia, ovviamente).
D: Come descriveresti la situazione politica italiana?
R: Il fatto che abbiamo un Presidente del Consiglio che ha dovuto cambiare la legge per non finire in carcere la dice lunga. Mi scoraggia il fatto che manchino alternative a sinistra e che, nel suo schieramento, da 14 anni a questa parte tutti obbediscono come lacchè.
D: Come appare il nostro paese agli occhi degli spagnoli?
R: Gli spagnoli se la ridono e ti chiedono come sia possibile tutto ciò. Quelli che sono stati in Italia e la amano ne parlano con frustrazione, con amarezza…
D: Se dovessi dare qualche consiglio a chi vuole lasciare l’Italia (e magari intraprendere la tua stessa strada) quale sarebbe?
R: Non sono nessuno per dare consigli, ma se bisogna rispondere direi di provare a lanciarsi, senza paura dell’atterraggio. Suona un pò a frase fatta, però è vero che all’inizio un’esperienza fuori fa paura. Non bisogna averne, bisogna rischiare: in fondo, si può sempre tornare indietro, no?
D: Un’ultima cosa che vorresti dire?
R: Voglio dire che da fuori mi sento più orgoglioso di essere italiano e difendo il nostro paese a spada tratta. Che altro? Quando cerco di immaginarmi tra 5 anni, non ho la più pallida idea di dove sarò, che starò facendo, con chi, ecc. Spaventa, pero affascina…

Lui invece è Carmelo, 24 anni, gelese. Si trova ad Amsterdam grazie ad un progetto universitario:
D: Cosa fai ad Amsterdam?
R: Sto svolgendo un progetto di ricerca in glottodidattica finanziato dal’UE attraverso l’Università di Siviglia (ho appena cominciato).
D: Da dove hai cominciato?
R: Tutto è cominciato con l’Erasmus a Siviglia nel 2008, dopo aver terminato il mio anno di Erasmus sono tornato a Palermo per laurearmi e dopo 3 mesi sono ritornato a Siviglia per continuare gli ultimi due anni di specialistica e nel luglio di quest’anno mi sono laureato in Filologia Italiana. Dopo tre anni passati a Siviglia adesso mi trovo ad Amsterdam per un progetto di ricerca.
D: È stata una scelta ponderata oppure una scelta condizionata da qualcosa?
R: Sicuramente tutto è stato condizionato dall’esperienza Erasmus che ha cambiato personalmente in maniera significativa la percezione delle cose. Il confronto con una realtà accademica (e sociale ovviamente) diversa da quella di provenienza (nel mio caso Palermo) è stato necessario per capire meglio il percorso da intraprendere.
D: Sacrifici?
R: Tanti, considerando che per poter convalidare a Siviglia la laurea triennale conseguita a Palermo ci sono voluti 4 lunghi mesi di beghe burocratiche fra traduzioni giuridiche obbligatorie e documenti di rito vari.
D: Rimorsi?
R: Nessuno.
D: Ti manca l’Italia?
R: Mi manca la famiglia, gli amici, il cibo e la terra.
D: Cosa ti manca di più?
R: Il mare e la quotidianità con gli amici di sempre.
D: Come descriveresti la situazione politica italiana?
R: Qui ci starebbe un bel ‘NO COMMENT’ “rotundo”, come direbbero gli spagnoli, perché sarebbero davvero tante le cose da dire. È tutto un gioco di sporchi interessi; in questo periodo penso che stiamo proprio toccando il fondo in maniera indecorosa. Non c’è serietà, coerenza né rispetto per i cittadini da rappresentare. C’è un’Italia in ginocchio e una politica sorda.
D: Come appare il nostro paese agli occhi degli spagnoli?
R: Un paese in cui manca la morale e la dignità. Molti spagnoli mi chiedono come sia possibile che non si sia ancora creato in tutta Italia un movimento forte, organizzato ma soprattutto unito ed estraneo a ogni ideologia politica. Il 15 maggio ero a Madrid, durante la mega protesta inPlaza del Sol, mi sono avvicinato ad un ragazzo che reggeva un cartello con scritto “Italia, despiértate!” per chiedergli se era italiano. Mi ha risposto: “No, sono spagnolo, ho scritto questo perché mi fa rabbia vedervi addormentati!”.
D: Se dovessi dare qualche consiglio a chi vuole lasciare l’Italia (e magari intraprendere la tua stessa strada) quale sarebbe?
R: Di farlo e di avere tanta forza di volontà. Riconosco che non è semplice lasciare la terra in cui si è nati e cresciuti per emigrare in un paese sconosciuto, ma se è quello che si desidera, perché no? Conoscere altri posti oltre a quello in cui si è nati è confronto e il confronto porta all’apertura mentale.
Un’ultima cosa che vorresti dire?
Ci tengo a precisare che il mio atteggiamento non è quello di chi butta fango sull’Italia non facendo nulla per cambiare la situazione. Anche da Siviglia abbiamo organizzato qualche mese fà una raccolta firme per le dimissioni di Berlusconi (pur sapendo l’impresa ardua), ho partecipato a vari sit-in contro il mal governo italiano e ho protestato a Madrid con gli indignados come rappresentante italiano. La verità è che purtroppo dall’estero non si può fare molto, ma quel poco che è possibile fare è necessario farlo.

Che dire? Io mi sento incoraggiata, tanto che ho già fatto un biglietto di sola andata per Barcellona. Non sai mai dove può condurti la strada una volta chiusa la porta di casa, sai solo che ovunque andrai avrai sempre la tua terra nel cuore, e così sia. Good bye malinconia2.

1 “La terra dei cachi” di Elio e le storie tese.
2 Un pezzo di Caparezza, dal cui videoclip è tratta l’immagine.

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