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Intervista a Elisa Josefina Fattori

Creato il 24 agosto 2013 da Erika Gottardi @ErikaGottardi

Scruta il mondo attraverso grandi occhi nocciola. Elegante e raffinata, sensibile quanto determinata, è Elisa Josefina Fattori, giovane e promettente attrice che unisce sapientemente grazia e vitale energia in ogni personaggio che porta in scena.

Elisa Josefina Fattori

Elisa Josefina Fattori

Nella scorsa stagione teatrale romana è stata in scena al “Teatro Trastevere” con “La Locandiera” di Carlo Goldoni e al “Teatro Le Salette” con lo spettacolo “Le Richieste di Anton”. Presente anche alla manifestazione “Lungo il Tevere Roma” dell’Estate Romana con il reading di poesie “Tenera è la Notte” e lo spettacolo “Vizio di Famiglia” nel quale ha interpretato Annalisa, la protagonista femminile della black comedy di Edoardo Erba. Veneta d’origine ma romana d’adozione, Elisa Josefina Fattori racconta così la sua attività artistica. 

Elisa Josefina Fattori

Elisa Josefina Fattori

Come si è strutturata la tua formazione artistica?

“Il primo biennio di studio l’ho svolto con l’attore Giorgio Trestini, diplomandomi nel 2002 nella sua “Scuola Teatro Bibiena” di Bologna. Contemporaneamente avevo deciso di frequentare anche l’Università, e la scelta non poteva non ricadere sul D.A.M.S. (Discipline dell’Arte, della Musica e dello Spettacolo) con indirizzo Cinema, presso la Facoltà di Lettere e Filosofia di Bologna. Nel 2006 mi sono laureata con una tesi su “L’Actors Studio e la personalità di Arthur Penn”, ma la vera scoperta dell’Actors Studio è avvenuta tramite la Scuola di Teatro Colli – Scuola di Teatro dell’Emilia Romagna dove ho conseguito il diploma nel 2004, nella quale ho approfondito il Metodo Strasberg con Danny Lemmo – Membro Onorario a vita dell’Actors Studio di New York – e la Biomeccanica con Vadim Mikheenko.”

Spiegaci la tecnica recitativa del Metodo dell’Actors Studio.

“Il Metodo è stato ideato dal fondatore dell’Actors Studio di New York, ovvero Lee Strasberg. Il quale, partendo dalle teorie Stanislavskijane, ha elaborato il concetto della memoria affettiva: tramite una serie di esercizi ci si mette “psicologicamente a nudo” facendo affiorare le proprie emozioni interiori, che si fonderanno con quelle del personaggio. Dunque non importa se non si sono mai sperimentate le esperienze dirette del personaggio. È fondamentale però cercare nel proprio vissuto una situazione reale che – una volta ricordata e rivissuta emotivamente – farà riemergere le stesse sensazioni ed emozioni provate dal personaggio interpretato. Questo significa auto-psicanalizzarsi e dare un contributo molto intimo allo spettacolo o al film, proprio per aver lavorato sulle proprie debolezze e per essersi inevitabilmente riflessi nel proprio lato oscuro.”

Qual è il tuo modo “personale” per studiare ed approfondire un personaggio?

“Inizialmente parto da me stessa. Penso a come agirei e reagirei in una determinata situazione. Immagino quello che potrei provare, come mi potrei sentire se vivessi la vita del mio personaggio. Poi – e questo è il secondo passaggio – comincio a guardarmi intorno. Infatti il personaggio che interpreto potrebbe non essere “compatibile” con la mia personalità, o potrebbe avere una “mentalità” completamente differente dalla mia. Mi è successo anche di entrare in conflitto con il personaggio che stavo interpretando: questo perché non lo stimavo da un punto di vista morale o psicologico, ed inconsapevolmente lo giudicavo. Per risolvere questa problematica mi affido sempre alla realtà, e traggo linfa vitale osservando i comportamenti delle persone che mi circondano, molto spesso di amici e parenti. La verità è fondamentale perché mi fa sentire il personaggio più vicino, reale e soprattutto familiare. Il passaggio conclusivo avviene tramite l’ascolto di brani musicali e la visione film che possano farmi immergere nel suo “liquido amniotico”: ascolto la musica che penso potrebbe piacere al mio personaggio. Guardo film che mi avvicinano al suo periodo storico o al suo modo di vivere la vita.”

Elisa Josefina Fattori

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C’è un personaggio che hai interpretato al quale ti sei affezionata particolarmente?

“Sicuramente il personaggio che più amo e sento vicino è Nina de “Il Gabbiano” di Anton Čechov. In questo dramma Nina è una giovane ragazza che – per l’amore dell’Arte ed abbagliata dall’incontro con uno scrittore famoso – decide di fuggire a Mosca per diventare attrice, contro il volere dei genitori. Ma a Mosca la vita professionale ed affettiva di Nina si rivelerà molto più difficile di quanto aveva immaginato e sperato. Mi commuove sempre e molto la scena in cui Nina racconta a Kostja, suo amico d’infanzia, le proprie vicissitudini paragonandosi al gabbiano che per gioco le era stato “sacrificato” anni addietro. Amo la tenerezza di questo personaggio. Amo il suo lato puro ed ingenuo. L’innocenza che tutti gli artisti hanno all’inizio della propria carriera, quando muovono i primi passi. E da soli tentano di trovare la propria strada nella metropoli che spesso hanno raggiunto dalla provincia. Mi commuove la sua inconsapevolezza, imprescindibile dall’adolescenza, quando “ci si sveglia al mattino – e come ricorda Nina – ci si mette a cantare”, quando si sogna la gloria, e per la prima volta ci si sente innamorati mentre i propri sentimenti agli occhi del mondo sembrano piccoli fiori soavi e leggiadri.”

Dove ti vedremo prossimamente?

“Dal 6 al 10 Novembre 2013 sarò di nuovo in scena con la Madier Group ne “Le Richieste di Anton”. Tre atti unici di Anton Čechov, ovvero “L’Orso”, “Il tabacco fa male” e “Una domanda di matrimonio”: tre opere nelle quali emerge l’aspetto comico della drammaturgia di Čechov e dove il serioso si trasforma in vaudeville. Interpreterò il ruolo di Elena Ivanova Popova, ovvero la protagonista de “L’Orso”. Vi aspetto al “Teatro Le Salette” di Roma.”



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