Intervista a Emilio Grimaldi
Creato il 27 aprile 2011 da Spaziokultura
Quando è nato spaziokultura andavo alla ricerca di qualcosa o qualcuno che mi ispirasse. Navigando in rete come spesso mi accade, mi sono accorto che c'erano migliaia di possibilità per esprimersi. Sono nato però con una penna in mano e senza di essa mi sento perduto. La mia passione è la scrittura e tutte le sue espressioni. In particolare sono affascinato dal mondo giornalistico che frequento ormai da quasi sette anni in cui ho imparato che prima di tutto viene il proprio essere. Non si deve dare troppo spazio alla notizia a discapito della propria persona. In questa mia ricerca ho utilizzato degli indicatori ben precisi e uno di questi è stato Emilio Grimaldi. Quando l'ho conosciuto lui come me si affacciava al mondo giornalistico e caparbiamente cercava di ritagliarsi un posticino. Credo che le nostre storie siano molto simili e per questo decisi di fare un blog anch'io. Da allora il tempo è passato e anche spaziokultura è cresciuto, ma Emilio Grimaldi continuo a seguirlo. Lui per me rappresenta il free lance per eccellenza che con poche risorse e tanta passione cerca di esprimersi. Intervistarlo e proporvi questo testo significa per me omaggiarlo e condividere con voi delle serene riflessioni. Cos'è il giornalismo per te?Il giornalismo è un servizio. Di informazione di ciò che accade. Esiste un giornalismo libero da pressioni?Credo di no. Le pressioni ci sono sempre. A volte sono dirette. Come le minacce e le querele. A volte sono indirette, con il coinvolgimento di amici in comune. A volte siamo noi stessi che ci autocensuriamo con i nostri pregiudizi, il nostro modo di vedere le cose. Il giornalismo non può essere libero in assoluto. Ma ciò non è del tutto negativo. Abbiamo comunque bisogno di dare, per così dire, alla notizia un “abito” che, vuoi o non vuoi, è il nostro. Il nostro personale. Da qui la libertà nel giornalismo è tanto autentica nella misura in cui riesce a divincolarsi dalle pressioni, anche personali e familiari, rimanendo se stessi, che è la vera risorsa dell’informazione. La libertà dell’individuo che scrive e dell’individuo che legge. Ciò può essere veicolato abilmente con la struttura della notizia, con il linguaggio, con la misura delle parole e della punteggiatura, e anche con l’ironia. L'informazione nell'ultimo periodo sta subendo dei grandi cambiamenti, credi che tutti seguano questa nuova frontiera e che cosa può essere un'informazione così trasformata?Vero. L’informazione di oggi sta subendo dei grossi cambiamenti. Che sono imposti dal basso. Dalla libera informazione via web. Ma anche quella tradizionale, dei giornali e della tv, si sta attrezzando con gli stessi strumenti. È una battaglia. Per caratterizzarsi quella senza filtri deve riuscire a non tradire i principi originari che l’hanno fatta nascere altrimenti i canali istituzionali prenderanno il sopravvento anche su internet. Qual è la notizia che tu hai dato e che ti ha riempito d'orgoglio?E’ sempre la prossima. Sì, certo, ci sono notizie che mi hanno dato delle grosse soddisfazioni. Tuttavia, una volta data la notizia, poi va da sola, cammina con le sue gambe. E, in un certo senso, è anche una liberazione. Ma perché rimangano intransigenti e autonome è necessario lavorare bene prima. Ecco perché le prossime sono sempre le migliori. Perché si portano dietro come bagaglio culturale quelle passate. Spesso appari come un giornalista atipico che alcuni cercano di limitare. Perché secondo te?Non credo di essere atipico. Cerco solo di dare il mio contributo in una determinata questione nel momento in cui questa mi si presenta. Non ho mai sgomitato, ho sempre cercato il confronto. Perché penso che dal confronto giornalistico ci si possa avvantaggiare reciprocamente. E si avvantaggi anche il lettore. Un blog come il tuo molto seguito può essere un punto di incontro per quanti sono alla ricerca di informazione libera?Non saprei. Quando ho creato il blog non sapevo che cosa fosse. Avevo bisogno di una pagina bianca per scrivere, visto che dove scrivevo prima mi era stata oscurata. Con il passare del tempo ho preso consapevolezza ancora di più che c’erano alcune cose che i giornali tradizionali non trattavano come dovuto. Che mancava qualcosa. Questo qualcosa è quello che mi sento di dare io. E tutti quelli hanno questa maledetta malattia, il giornalismo. Chi il tuo modello di giornalista?Ho molti modelli. Da Peppino Impastato a Giuseppe Fava. Da Attilio Bolzoni a Ferruccio Pinotti e Antonello Caporale. Da Edoardo Montolli a Paolo Orofino. Ma credo che dai maestri si debba prendere il meglio per trovare ognuno il suo. Per esempio, non potrei mai cercare di eguagliare le opere di un Bolzoni o di un Pinotti, o un thriller di Montolli, ma posso, mi è lecito, impegnarmi ad arricchire quelle che sono le mie capacità, le mie peculiari inclinazioni. Come è nata questa passione?Sono laureato in filosofia. Alcuni mi proposero di continuare all’Università nella ricerca. Ma io avevo bisogno di una filosofia da toccare con mano, quella vera. Di confrontarmi. E dopo un periodo di riflessione, anche lavorativa, durata cinque anni, decisi di affrontare questa professione. Chi è Emilio Grimaldi?Non lo so. Tuttavia, sono del parere che qualora riuscissi a dare una risposta esauriente, con il successivo evento avrei sempre bisogno di ulteriore tempo per migliorare la definizione. In poche parole, credo di sapere solo di essere sulla strada della conoscenza di questo tizio.
Grazie Emilio
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