Nato a Russi nel 1952, negli anni si è specializzato di antropologia culturale ed etnografia sulla Romagna.
Oltre alla saggistica, scrive romanzi gialli e thriller molte volte ambientate nel ravennate.
Dal suo libro Mal'aria è stato tratto nel 2009 una fiction su Rai Uno con Ettore Bassi come protagonista (qui il dietro le quinte) dove tra i personaggi troviamo la Borda, una sorta di strega leggendaria.
Ed è proprio sul folklore romagnolo che ho deciso di intervistarlo.
2)Mi fa davvero piacere che non sia così. Il Settecento, assieme al Seicento, vede l'inizio della divulgazione della fiaba nelle corti d'Europa. La Romagna come sappiamo era compresa nello Stato Pontificio. Il Cristianesimo ha influenzato il folklore romagnolo oppure ne è rimasto indenne? La cristianizzazione influenza la cultura popolare, in dimensioni che variano. Le grandi feste, tranne qualcuna (ad esempio il Carnevale) vengono inserite nel calendario liturgico della Chiesa, in modo che nell'insieme rituale e tradizionale si assiste a commistioni. In certe pratiche di medicina popolare e persino di ritualità "magica" non è raro il ricorso a invocazioni religiose e preghiere cristiane, anche qui con una affascinante "contaminazione". Per quanto riguarda invece le fiabe popolari, anche se nascono favolette che hanno per protagonisti Gesù e San Pietro, o preti e frati (a volte con intento ironico), queste restano abbastanza uguali a se stesse, connotandosi sempre come "fiabe di magia". 3)Parlando di feste, ci stiamo avvicinando ad Halloween. Ormai che le feste cristiane abbiano sostituito quelle pagane conservando alcuni riferimenti non è più un mistero. Ma c'è comunque chi dice che Halloween essendo comunque una festa importata, non faccia parte del nostro bagaglio culturale. Ora invece si inizia a parlare delle origini italiane di Halloween. Ha qualcosa da dire a proposito?Se è vero che il boom odierno è dovuto in gran parte a suggestioni mediatiche provenienti da oltreoceano, è vero altrettanto che nel folklore di tutte le regioni d’Italia, nei giorni che vanno dalla vigilia di Ognissanti (31 ottobre) a San Martino (11 novembre) sono da sempre presenti, o almeno lo erano fino all'inizio del secolo scorso, tutti gli elementi costitutivi della festa, improntata sulla celebrazione di un «ritorno dei morti». Dalle Alpi alla Sicilia troviamo (o trovavamo), in quelle date, riti di accoglienza per i defunti, dolci tradizionali dal nome macabro, questue di bambini, zucche intagliate, cene e libagioni, racconti terrificanti. Questo a dimostrazione che l’intero bagaglio della ricorrenza è non solo, come è ovvio, di derivazione europea, ma anche di larghissima diffusione, che supera e precede i confini della cultura celtica a cui normalmente è attribuito. In proposito è appena uscito un libro che ho scritto con Giuseppe Bellosi dal titolo "Halloween. origine, significato e tradizione di una festa antica anche in Italia", pubblicato dal Ponte Vecchio. E' un volume frutto di una meticolosa ricerca durata anni.
Immagino che sia stata una ricerca fruttuosa.
Credo che si possa dire che quella romagnola è una popolazione concreta, che non si è mai lasciata troppo influenzare dal fatalismo, che ha contenuto nel proprio folklore le forme elementari della magia domestica, della ritualità di ogni genere, della scaramanzia, ecc. ma senza mai eccedere e senza che queste forme abbiano preso un qualsiasi sopravvento deterministico nei comportamenti individuali e collettivi.
Grazie e ora le faccio un'ultima domanda. Ricordo con molto affetto quando alla materna facevamo bruciare la Segavecchia. In pratica c'era questo alto pupazzo che assomigliava a una Befana e la facevamo bruciare. Intanto noi bambini giravamo in tondo festosi. E poi dolci. Lei ha un ricordo simile legato a un personaggio folkloristico nella sua infanzia?Quand'ero piccolo io, a portare i doni a conclusione del periodo festivo del solstizio invernale era la Befana. Non era ancora molto di moda Babbo Natale. Immaginando che nella notte fatidica sarebbe scesa attraverso il camino, io nel mio letto cercavo di stare sveglio ad ascoltare, perché la canna fumaria passava proprio dalla parete accanto a cui dormivo. Era un'attesa gioiosa, perché le calze che avevo appeso al bordo del focolare si sarebbero riempite, ma anche inquieta: la Vecchia misteriosa che cavalcava una scopa nella notte fredda e che mi sarebbe passata vicino, appena oltre il muro, non mancava di suscitare in me anche un certo timore, come accade per tutte le cose inconoscibili e numinose.
E con questa risposta finisce la mia intervista.
Io ringrazio enormemente Eraldo Baldini e vi invito a scoprirlo se non avete mai letto niente di suo.
Da parte mia vi consiglio Tenebrosa Romagna edito anche questo dal Ponte Vecchio.
Quando parlava poi nella sua ultima risposta di un'attesa gioiosa e inquieta, mi è ritornato in mente ancora la Segavecchia.Per chi non la conoscesse, si tratta di una rappresentazione dell'inverno che se ne va. E in questa festa c'era davvero qualcosa di inquietante: il pupazzo era enorme soprattutto agli occhi di un bambino. Inoltre se si va a leggere la sua origine, la sua leggenda, la sua storia, si potrebbe restare contrariati, quasi intimoriti.Eppure da bambini fa un altro effetto come sentirsi leggere una fiaba, rimanere inquietati, intimoriti nel punto cruciale ma voler continuare lo stesso.Inoltre nei bambini è presente una visione animistica del mondo e riti come questo sono essenziali per loro.