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Intervista a Fabio Gervasini

Creato il 10 novembre 2014 da Leggere A Colori @leggereacolori

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gervasiniFabio Gervasini, scrittore romano, sin da bambino è affascinato dal mondo della parola e della comunicazione. Comincia a otto anni scrivendo la sua prima canzone e suonando la chitarra. Impara a suonare il pianoforte e soprattutto i sintetizzatori, con i quali condivide ancora i suoi momenti migliori. La musica è una grande passione. Lavora come concierge in un hotel 4 stelle nel centro di Roma. Nei ritagli di tempo a disposizione riesce a scrivere il suo primo romanzo, Assecondando il vento, pubblicato con l’editrice David and Matthaus. Attualmente ha terminato la stesura del suo secondo romanzo e ha scritto un piccolo racconto per un’antologia di storie d’amore.

Michela Zanarella lo incontra per Leggere a Colori.

D – Hai scelto un titolo davvero particolare per il tuo romanzo, Assecondando il vento. Il verbo assecondare ha di per sè un significato ben preciso, perchè questo titolo?

R – Il titolo non deve dare idea di resa, anzi, riuscire ad assecondare il vento per esempio, permette a una quercia di crescere rigogliosa e forte. Assecondare inteso come flessibilità, che ritengo essere una delle più grande capacità dell’uomo, capacità di assecondare le ostilità della vita, ci permette di raggiungerne il nettare.

D – Il romanzo si sviluppa attorno a tre personaggi, chi sono Claudio, Bianca ed Angelo?

R – Claudio è un quarantenne ormai alla deriva sentimentale, perso in una vita che non gli appartiene, Bianca una disillusa, che trova in Claudio ancora motivo per sperare e Angelo, beh, Angelo è un po’ l’anima del romanzo, una specie di “voce fuori campo” che interagisce con Claudio e il lettore, lo trascina verso la giusta via e ne viene trascinato a sua volta.

D – Che cos’è per te il destino? 

R – Il destino è ciò che creiamo giorno per giorno con le nostre scelte, non potrei mai pensare che possa essere predefinito, perderebbe senso esistere, essere. Il destino è la rotta che noi fissiamo, dove puntiamo la prua della nostra imbarcazione, la nostra volontà è importante ma non sufficiente, intervengono un’infinità di variabili durante il viaggio, ecco perché credo che il destino non sia esclusivamente nelle nostre mani, ma nelle mani del caos

D – Jules Verne scrisse: “Alcune strade portano più ad un destino che a una destinazione”. Una tua riflessione.

R – Sono perfettamente d’accordo. Ci sono scelte che cambiano radicalmente il nostro destino e spesso ne siamo totalmente inconsapevoli. Non parlo di scelte importanti, ma di quelle piccole scelte che compiamo ogni giorno e che modellano il nostro destino, restituendocelo cosi com’è ora. Una sorta di “Sliding doors” continua, perpetua.

D – Senza troppo svelare il contenuto del libro, quale motivo dovrebbe spingere un lettore ad acquistare il tuo romanzo?

R- Credo la curiosità di viaggiare dentro sè, la voglia di fare introspezione, di riflettere e mettere in discussione ciò che si sta vivendo o non vivendo, la voglia di sperare ancora che ci possa essere una favola da respirare, risvegliare il bambino che è in noi, perché in ognuno di noi rimane vivo e forte quel bambino e ha una gran voglia di scoprire, interagire, giocare.

D – Ritieni ci sia una parte debole del tuo lavoro di scrittura? O meglio, avresti voluto modificare qualcosa dopo la pubblicazione? Il punto di forza del romanzo?

R- Come scrittore sono ipercritico con me stesso, vorrei spesso ritoccare, migliorare, aggiungere o tagliare, ma poi comprendo il perché, ogni giorno io cambio mentre quel che scrivo non evolve, resta lì, e spesso sono io a non riconoscermi più in quel che ho scritto, anche a distanza di poche settimane. Devo crescere ancora molto e migliorare e lavoro su me stesso ogni giorno per questo. Il punto di forza credo siano le emozioni che riesce a risvegliare, facendoci riscoprire cose importanti che spesso, seppelliamo in noi per pigrizia, paura, incoscienza.

D – Dopo questo libro hai altri progetti editoriali? Ci dai qualche anticipazione?

R- Si, ho già terminato il mio secondo romanzo, una storia più claustrofobica e intima, un vis à vis che ci consegna un racconto inedito tra personaggi stravaganti. Ora, sto scrivendo il terzo, intervallandolo con una rappresentazione teatrale che spero di riuscire a mettere in scena l’anno venturo.

Michela Zanarella



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