Intervista a Fabio Saiu
Creato il 08 maggio 2014 da Robertavanali
@roberta_vanali
Tra sarcasmo e provocazione, Fabio Saiu (Alghero, 1971. Vive e lavora ad Alghero) restituisce una visione di una realtà drammatica e a tratti incongruente dove è la figura umana, ambigua e inquietante, a fare da protagonista. In uno spazio dilatato da cromatismi accesi e contrastanti, di matrice neo-espressionista, sovrappone velature di colore alternate a campiture dense e materiche – attraversate da funi tese – dove compaiono imprevisti e stranianti particolari geometrici che a prima vista non sembrano appartenere alla realtà. Qual è la tua formazione e gli artisti a cui fai riferimento?Ho sempre ammirato la dinamicità di Francis Bacon, la gestualità di Jean-Michel Basquiat e il romanticismo di Peter Doig.Quando hai capito che la pittura sarebbe stata il tuo medium espressivo?Da quando ho incominciato a studiare in Accademia di Belle Arti a Sassari. Vedendo molta attenzione nei miei confronti da parte dei colleghi e dei docenti, ho capito che era la mia strada. Un esempio: Pinuccio Sciola vide i miei lavori in accademia nel 1992, mi volle subito conoscere e organizzammo la mia prima personale ad Alghero, da lui curata.La figura umana è il tema ricorrente delle tue opere, da cosa origina questa esigenza?L’uomo è l’artefice di tutto, del bene e del male, e quindi mi piace esplorare nei vari contesti pittorici la sua presenza, mettendola a nudo, esaltandola ma anche ridicolizzandola.Quali sono i concetti che sviluppi fondamentalmente attraverso la pittura?Nell’iconografia pittorica mi piace giocare tra l’ironia e la drammaticità in un mondo quasi paradossale.Parlaci della tua personale attualmente in corso a NapoliE’ il frutto di un’amicizia che dura da ben 14 anni. Conobbi Antonio Rossi (il mio gallerista) alla fiera d’arte di Torino, nel lontano 2000. Gli mostrai le foto dei miei lavori e lui dimostrò subito interesse. In questi anni siamo cresciuti artisticamente tutti e due, la personale a Napoli è il risultato di anni di scontri e di intese tra noi.Sei uno dei pochi artisti sardi che è riuscito ad affermarsi senza spostarsi dall’isola, ci sveli il tuo segreto?Il segreto è essere informati tramite riviste specializzate, viaggi nelle varie fiere e mostre nel mondo per avere almeno un’infarinatura sulla pittura contemporanea. Bisogna essere tenaci, credere in quello che si fa, e abituarsi alle sconfitte per temprare il carattere e le ambizioni che si raggiungono. Fondamentale è mostrare il tuo lavoro a chi ha una sensibilità simile alla tua. Preferivo non uscire il sabato notte, conservare i soldi e andare a vedere una fiera d’arte per stimolare la mia ricerca. Il gallerista intelligente guarda il tuo lavoro, non dove lavori. Il mondo per fortuna si è globalizzato. Insomma le vie del Signore sono tante.Quanto c’è della tua terra in quello che realizzi?Tantissimo. I colori soprattutto, le velature nei miei quadri sono frutto delle trasparenze che osservo nel mare, poi interviene il mio mondo che appartiene all’inconscio. La pittura ha tempi lunghi e ad Alghero la vita é molto lenta, quindi congeniale per la mia ricerca.Il disegno va di pari passo con la pittura oppure ne è indipendente?Penso che il disegno sia lo specchio dell’anima, non può mentire. Va di pari passo con la pittura.Hai una galleria d’appartenenza?La Galleria Studio Legale a Napoli.Qual è stato l’evento determinante per il tuo percorso?Quando vidi nel 2000 i lavori di Daniel Richter alla fiera di Bologna. Il mio soggiorno a New York nel 2006 e l’antologica di Peter Doig nel 2009 a Francoforte. Queste tre cose mi hanno fatto capire che la direzione che percorrevo era quella giusta.Faresti accenno ai tuoi gusti musicali e cinematografici?La musica mi piace un po’ tutta, dal jazz al pop. Il cinema mi annoia, a parte qualche eccezione.Quali sono i tuoi progetti per il futuro?Le fiere d’arte contemporanea, ma non so ancora quali.Vuoi aggiungere qualcosa?Credeteci sempre, ma con molta umiltà e non siate mai invidiosi dei vostri colleghi.
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