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Intervista a Fabrizio Corselli

Creato il 24 febbraio 2012 da Nasreen @SognandoLeggend

Intervista a Fabrizio Corselli, scrittore di poesia a carattere epico-mitologico e saggista. Due chiacchiere interessanti con l’autore di  Drak’kast – Storie di Draghi (testo particolarmente innovativo), che oggi ospitiamo sul nostro blog perché ci tolga alcune curiosità.

Fabrizio Corselli

Intervista a Fabrizio Corselli
Nato a Palermo nel 1973, vive e lavora come Educatore a Settimo Milanese. Proprio nell’ambito didattico cura una serie di progetti letterari volti a promuovere la Poesia nelle Scuole. È redattore della rivista nazionale InArte – Multiversi. Diverse le pubblicazioni su riviste (Atelier, Prospektiva…) e cataloghi d’arte (con sue poesie celebrative): ha collaborato con il Salone Internazionale di Parigi, con il Museo Beleyevo di Mosca e Mediabrera di Milano (con un intervento sul Self-Publishing); è stato segnalato sul sito della Treccani dal Prof. Carnero per la positiva riscrittura dei classici greci in relazione all’epica sportiva antica e collabora con l’associazione internazionale di cultura ellenica Mondogreco, per la quale ha recensito la celebre mostra La Forza del Bello di Mantova e quella sul Canova presso il Palazzo Reale di Milano. È autore di Drak’kast – Storie di Draghi, 2011, a cura di Edizioni della Sera. Nel 2001 la sua prima pubblicazione a cura di Edizioni Laboratorio giovanile, con l’opera poetica “I giardini di Orfeo”.

 

Intervista a Fabrizio Corselli

D: Fabrizio Corselli è un autore molto particolare. Il suo Drak’kast è stato definito “il primo poema fantasy italiano”. Fabrizio, innanzitutto, grazie di aver accettato di rispondere alle mie domande. Comincio col chiederti di presentarti ai nostri lettori in poche parole.

R: Intanto un saluto a tutti i lettori. Sono nato a Palermo nel 1973. Adesso vivo e lavoro come educatore presso Settimo Milanese. Sono uno scrittore di poemi a carattere epico-mitologico e un amante del fantasy e del gioco di ruolo. In ambito didattico mi occupo di alcuni progetti letterari ed educativi, concentrandomi soprattutto sulla Poesia. Scrivo di Poesia sulla rivista nazionale In-Arte – Multiversi, e pubblico su altre riviste del settore. Collaboro tuttora con l’Associazione Internazionale di cultura ellenica Mondogreco. Per il resto, mi piace molto ascoltare musica, classica e power metal, e vedere film di tutti i generi.

D: Entriamo subito nel vivo della nostra chiacchierata: parlaci del tuo Drak’kast, che costituisce un originale tentativo di “rompere” con il fantasy classico.

R: La parola “tentativo” mi sta stretta poiché definisce una volontà che non c’è stata; da questo punto di vista è preferibile il termine “sperimentazione” (che pur sempre rimane coerente all’interno di una produzione propria, stilistica e progettuale). Ciò che non è avvenuto è il passaggio “allora, dato che tutti scrivono prosa io adesso scrivo un poema”. Io nasco come poeta nel 2000 e come tale ho sempre portato avanti la mia poetica, lontano dall’angoscia” di una pubblicazione. Ho sempre lavorato con il PDF, rendendo disponibile il materiale agli utenti, in maniera gratuita. Adesso che c’è la pubblicazione, la seconda per l’appunto, ho uno strumento in più. Le menti intorpidite dalla televisione e dai cliché tendono a considerare scrittore chi pubblica; quindi ciò che ho dovuto fare adesso è stato semplicemente riaffermare la mia posizione. Drak’kast è un poema fantasy a carattere epico. Situazione che crea sgomento e orrore anche in coloro che praticano la poesia. Il poema, nella fattispecie, è un componimento letterario in versi di lunga estensione che può avere carattere narrativo o didascalico. In questo caso, l’opera ha carattere epico (non solo nel senso di “epos”, “narrazione”, ma di assorbimento di quegli elementi fondamentali che hanno strutturato la tradizione epica classica, vedi Omero e Virgilio, fino a lambire i confini della poesia scaldica, di quei canti che hanno caratterizzato bardi e menestrelli; il tutto in una chiave compatibilmente moderna). Un’opera sui draghi, sulla musica e sulla poesia.

Intervista a Fabrizio Corselli

D: Le novità sono spesso guardate con sospetto. Quanto è stato difficile trovare un editore disposto a rischiare e scommettere su quella che potremmo definire una vera e propria sperimentazione?

R: Se devo essere sincero, non è stato poi così difficile. Ciò che viene omesso nei decaloghi per la corretta pubblicazione con un editore è l’elemento fortuna (al primo posto, metto la conoscenza di qualcuno all’interno della casa editrice; non dico che lo pubblicano a vista per questo, ma sicuramente bypassi un certo numero di manoscritti a livello di visione). Io ho avuto la fortuna di conoscere ai tempi il consulente della collana fantasy di Edizioni della Sera, al quale inviai pro lettura, come forma di scambio culturale, una versione molto light di Drak’kast. A lui piacque, e così decise di proporlo all’editore. A Giugno mi arrivò la proposta di pubblicazione. Molto semplice. In ogni modo sono consapevole delle difficoltà che può incontrare un testo di questo tipo, soprattutto quando c’è molta diffidenza nei confronti di un’opera pur sempre in versi. Questa purtroppo è una situazione in cui impera anche l’ignoranza, e a peggiorare le cose ci si mette l’editoria di monopolio che tenta di stabilire cosa è o non è Letteratura, ossia non crea solo leggi di mercato ma anche di principio. Così ci si avvia verso l’estinzione di un genere (intendo a livello editoriale). Torno a dire, Drak’kast è stato pubblicato come opera in sé, e non come un progetto studiato a tavolino per il marketing, pertanto anche il concetto di “sperimentazione” potrebbe stargli stretto, falsandone la finalità per la quale è nato. Ormai la stragrande maggioranza scrive soltanto in vista della pubblicazione e della presentazione del manoscritto a un editore. Il piacere della vera scrittura, quella genuina, quella libera da ogni imposizione, quella che nasce da un atto d’amore dello scrittore, dov’è finita? Forse la mia eroica caduta potrebbe dipendere proprio da questo atto genuino, consapevole di essere stato fedele alla mia natura di poeta.

D: Ci sono molti riferimenti all’epica classica oltre che ai poemi cavallereschi in Drak’kast. Tra i personaggi di Drak’kast, quali sono ispirati a questo tipo di letteratura e quali invece ritieni siano le creature più originali nate dalla tua fantasia?

R: Sì, è vero; questo soprattutto perché amo molto l’epica classica, ma la maggior parte delle influenze riguarda più l’aspetto strutturale (che del resto, appartiene al genere; l’uso di epiteti, la solennità dei versi, il sistema formulare e altro ancora). I poemi che hanno ispirato l’opera sono il Beowulf e i Canti di Sigurd. I personaggi di Drak’kast seguono in tutto e per tutto i classici topoi di tale letteratura, trovando perfino un punto di contatto con lo stesso personaggio di Elkodyas che riveste il ruolo di “eroe solitario”; si potrebbe avvicinare al “cavaliere errante” del Ciclo Bretone. L’esempio più lampante però è proprio il protagonista che viene modellato a livello concettuale sulla figura del mitico cantore di Tracia, Orfeo. Un eroe che opera attraverso la musica e che della stessa ne fa il proprio baluardo nell’affrontare i draghi. La creatura più originale, di sicuro, è il naùstarak, il drago metamorfosato. Una stirpe che ha scelto di vivere in forma umanoide per difendere le altre razze dall’imperante tirannia dei draghi malvagi.

D: Perché nel bestiario fantastico, pieno di creature incredibili, hai scelto proprio i draghi per il tuo libro?

R: Prima di tutto, per una questione preferenziale. Amo i draghi, così come gli elfi. In secondo luogo, l’impiego dei draghi ha una radice profonda, così come lo è quella che sta alla base del termine drago, e che immancabilmente influenza tutta la dimensione concettuale dell’opera in questione. “Drago” deriva dal greco drakon, e in particolare ci si riferisce alla radice derkomai, ossia “avere un determinato sguardo”. Uno sguardo, questo, che si configura con la capacità della poesia di assorbire la realtà con occhio profondo, visore di un mondo altro che trova nella trasfigurazione il proprio paradiso iperboreo. La metafora diviene così il suo strumento di ricerca. In quel derkomai c’è una creatura che s’agita nelle profondità della parola al pari di una tana, è lì, negli interstizi d’ogni sintagma che attende di ferire la propria preda, di tessere silenziosa la propria trappola linguistica. Il verso si dilata e si contrae al pari dell’iride affilata. Nella Poesia c’è primitività. Il titolo di “Cantore di Draghi” che la critica mi ha conferito, da questo punto di vista risulta essere molto coerente con il binomio Poesia/Drago e con il concetto di “primordialità compositiva”.

D: Nel tuo libro prosa e poesia si fondono come nella canzone di un antico menestrello. È stato difficile mescolare i due generi in un’unica storia? Come nascono i versi e la metrica che hai usato? 

R: Non essendo un romanzo, la prosa si limita soltanto al preludio del poema. Scelta personale quella di fare l’antefatto in prosa. Del resto, la struttura classica del poema epico prevedeva una protasi in cui vi era l’invocazione della musa e successivamente l’esposizione del tema trattato. In questo caso, il prologo esaurisce pienamente tale funzione. Avrei anche potuto farlo in versi, ma è stata una scelta più a pelle. Sull’affermazione “come nella canzone di un antico menestrello” c’è da dire che calza a pennello, poiché la genesi di Drak’kast segue in tutto e per tutto, a livello genetico, l’impostazione della poesia scaldica, proprio per l’uso della poesia allitterativa e di alcuni specifici accorgimenti stilistici. L’opera non è nata come prodotto editoriale, ossia conformata ai gusti recenti o asservita alle leggi di marketing. La sua impostazione non è metaletteraria, quindi, il testo non finge di essere altro. Drak’kast è proprio un poema, come se fosse stato composto da un bardo (per questo non c’è effettiva finzione letteraria nella sua genesi). Per ciò che riguarda i versi, il discorso sarebbe molto profondo e lungo, però posso tranquillamente dirti che il Drak’kast nasce da una solida e ricca teoresi poetica; tanto che alla fine del poema è presente un’Appendice in cui viene trattata, seppur limitatamente, la nascita del Kar’drak, la poesia dei draghi. Per ciò che concerne la metrica, anche qui si fa notte, ma l’impianto strofico segue pur sempre la tecnica del ritmo semantico che ho adottato in ogni testo, l’uso della musica è una costante, più che mai in un poema di siffatto genere. Le parole e i fonemi sono impiegati al pari di note, e la poesia ne rappresenta lo spartito testuale. Potere ai bardi.

D: Ci sono autori o generi in particolare che ti hanno influenzato più degli altri per ricreare le atmosfere del mondo fantastico in cui è ambientata la tua storia?

R: No, non tanto autori o generi quanto l’esperienza del gioco di ruolo che ha reso possibile la strutturazione di un’intera ambientazione coerente. Pertanto al momento della stesura del poema avevo già tanto materiale su cui lavorare e soprattutto attraverso il quale muovermi: luoghi geografici, cultura dei popoli, definizioni caratteriali di ogni singolo drago, aspetti generali del mondo, temi portanti e precise linee di conduzione. In particolar modo, tutto l’aspetto teorico che sta alla base del Kar’drak, la poesia dei draghi. L’ambientazione in questione si chiama Dragonbound, e la uso frequentemente per le mie sessioni di gioco di ruolo da tavolo. Un mondo selvaggio, ostile, dove ognuno deve sopravvivere all’imperio dei draghi, divenuti pressoché divinità in virtù della loro alleanza con gli elfi. Da questi, i primi hanno assorbito una conoscenza tale da accrescere i propri poteri, ma in particolar modo hanno imparato a manipolare il proprio soffio, divenendo temibili avversari in battaglia. Questo, in sintesi.

D: Parliamo ora dei tuoi gusti letterari. Che cosa legge un autore di poemi fantasy?

R: Nella maggior parte dei casi epica classica, quali Omero e Virgilio, poesia lirica greca e lirica epinicia (genere prediletto; Pindaro, è il mio poeta preferito), e poi tutta la tradizione dell’epica cavalleresca. Ricordo che io sono pur sempre un poeta e, come tale, leggo molta poesia soprattutto la saggistica a essa correlata. Di mio interesse sono anche le produzioni poetiche di Tolkien, per esempio La leggenda di Sigurd e Gudrun, che ho molto apprezzato, e Il ritorno di Beorhtnoth figlio di Beorh. In questo periodo sto leggendo le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco di George R. R. Martin. Ecco, anche romanzi fantasy.

D: Gli autori esordienti riferiscono spesso esperienze contrastanti vissute con gli editori, soprattutto piccoli. Che cosa pensi del panorama editoriale italiano?

R: Vi è un duplice equilibrio in questo. Secondo me il contrasto nasce, da una parte, dalla troppa presunzione dello “scrittore” che eleva a priori il proprio prodotto a un’immeritata posizione di unicità, di immodificabilità, oltre che essere arrogante, avendo poi di conseguenza rapporti difficili non solo con l’editore ma soprattutto con l’editor. Dall’altra parte, l’editore che deve far fronte ai costi, e per questo a volte non segue proprio delle linee di condotta molto regolari o diplomatiche, forzando un po’ la natura dello scrittore. Nella pubblicazione di un libro, ognuno ha la propria responsabilità. Lo scrittore deve anche pensare che, una volta consegnato il manoscritto, la sua opera prenderà possibilmente una diversa strada da quella preventivata, ovviamente perché deve soddisfare una pretesa di marketing. È assurdo continuare ad assistere a veri e propri piagnistei di coloro che, delusi dalle vendite, minacciano di chiudere il proprio blog, il proprio sito, di cambiare lavoro. Una cosa è l’Editoria e un’altra è la Scrittura. Comunque il discorso è troppo lungo, e ha già saturato pagine e pagine di forum. Per ciò che concerne il panorama editoriale italiano, c’è stata una forte ripresa negli ultimi tempi del fantasy, anche se poi alla fine devo capire quanto sia veritiero ciò, dato che oramai i protocolli sono sempre gli stessi: critica militante, statistiche aleatorie, promozioni ai limiti di una sublimità retorica che nemmeno Socrate si sarebbe sognato. Il fantasy è bello, ma se poi esso ci fagocita nella sua illusione, non quella positiva che viene data dalla sospensione dell’incredulità durante la lettura, ma quella della pubblicità all’ultimo grido, siamo nei guai. Problema per il quale, un ottimo prodotto ma con scarsa promozione è destinato a soccombere. Gli editori ci marciano sopra, e a volte pubblicano il testo soltanto attraverso una semplice valutazione di scheda, “tanto poi siccome appartiene a quel genere che va molto, lo compreranno di sicuro” (modo di pensare reale). Questo crea dequalificazione del prodotto stesso. Però torno a dire che l’Editoria non deve stabilire cosa sia Letteratura o no, se no devo credere veramente che Gattuso o Totti siano premi nobel della Letteratura. Lo scrittore deve cercare di rimanere il più possibile fedele a se stesso (anche se è difficile, date le motivazioni alla base: ricerca della vacua fama e firmare autografi).

D: Concludiamo questa piacevole chiacchierata parlando dei tuoi progetti futuri.

R: Questo nuovo anno nasce all’insegna dei progetti letterari legati a quelli educativi, organizzando corsi di poesia per le scuole elementari e anche un laboratorio di poesia giapponese (haiku e haisan). A livello compositivo sto lavorando a Cigno nero, un’opera poetica di spessore e molto ambiziosa che fonde insieme elementi di poesia contemporanea ed elementi di epica moderna; diciamo un ritorno alle origini. Inoltre proprio quest’anno, dopo aver concluso positivamente la rubrica Mythos presso la rivista nazionale In-Arte – Multiversi, ne curerò una di Poesia, intitolata Poiein. Non tratterò solo saggistica ma anche alcuni poeti contemporanei molto validi che meritano più visibilità. Non per ultimo, il secondo libro della Saga dei Draghi Eterni di cui fa parte Drak’kast.

D: Fabrizio, grazie per essere stato nostro ospite. Ti aspettiamo con la prossima fatica letteraria e ti lasciamo qualche riga per salutare i nostri lettori.

Un grosso saluto a tutti gli scrittori di fantasy, poeti e soprattutto ai lettori, la parte più importante.


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