Magazine Cultura
La prima domanda è quella classica di sempre: come è iniziato il suo amore e interesse per chitarra e che strumenti suona o ha suonato?
Come così molti chitarristi della mia generazione io prima fui attirato alla chitarra per via della musica rock. Infatti ho suonato rock e jazz fino al mio diciottesimo compleanno e solamente dopo ho avuto l'occasione per studiare chitarra classica. Io penso di non aver imparato a leggere la musica finché non ho compiuto i sedici anni. Ho studiato pianoforte da bambino ma lo odiavo. Adesso suono chitarra barocca, chitarra del XIX secolo, chitarra classica e moderna e molto occasionalmente la chitarra elettrica.
Quale è stata la sua formazione musicale, con quali insegnanti ha studiato e che impronta hanno lasciato nella sua musica?
Sono stato molto fortunato a studiare al Victorian College of the Arts con Jochen Schubert che era un chitarrista classico emigrato dalla Germania ad Australia nei tardi anni ‘60. Lui mi diede una passione reale per esplorare in modo ampio il repertorio dello strumento e in più aveva un atteggiamento molto migliore nei confronti della “new music“ rispetto alla maggior parte dei chitarristi classici. Una volta preso il diploma andai in Europa e presi lezioni di “new music” da parte di Stefano Cardi a Roma e Magnus Andersson a Stoccolma. Loro erano musicisti molto diversi e fu quasi uno shock culturale per un giovane di ventun anni. Io penso di aver imparato molto con il fatto di essere un ascoltatore avido di musica registrata di tutti i generi e un ricercatore assiduo di partiture sulla chitarra dal rinascimento in su.
Come è iniziato il suo interesse per il repertorio contemporaneo, e quelli sono le correnti stilistiche nelle quale Lei si riconosce di più?
Da studente gli Studi di Leo Brouwer mi furono di grande stimolo per aprire occhi e orecchie. Da là continuai con le registrazioni di Julian Bream in particolare con Royal Winter Music di Hans Werner Henze. Dopo che alcuni anni riuscii a cominciare a lavorare con l'Elision Ensemble e questo mi portò in contatto con la musica di Franco Donatoni e dei modernisti inglesi come Brian Ferneyhough. Io non sono sicuro di quale 'corrente' io mi riconosco anche se certamente mi sento molto lontano dal nuovo romanticismo o almeno da quei compositori che sembrano sfruttare così bene la crescente connessione tra musica nuova ed il pubblico scrivendo musica pseudo-popolare.
Berio nel suo saggio “Un ricordo al futuro” ha scritto: “.. Un pianista che si dichiara specialista del repertorio classico e romantico, e suona Beethoven e Chopin senza conoscere la musica del Novecento, è altrettanto spento di un pianista che si dichiara specialista di musica contemporanea e la suona con mani e mente che non sono stati mai attraversati in profondità da Beethoven e Chopin.” Lei suona sia un repertorio tradizionalmente classico che il repertorio contemporaneo … si riconosce in queste parole?
Ho iniziato presto nella mia carriera di esecutore a suonare solo new music. Penso che questo sia veramente sbagliato per un interprete ed ora i miei interessi sono così tanti e tali che possono portare a qualche forma di paralisi a causa delle troppe possibilità di scelta. Non voglio più suonare recitals nei quali ci sia solo new music almeno non per il presente. L'idea di studiare, ricercare e seguire un costante percorso musicale è in molti casi più importante per me che la semplice performance. Io penso che l'idea di voler suonare un ampio repertorio rappresenti un desiderio da parte dell'artista di sperimentare l’intera storia e ampiezza del repertorio del suo strumento.
Parliamo di marketing. Quanto pensa che sia importante per un musicista moderno? Intendo dire: quanto è determinante essere dei buoni promotori di se stessi e del proprio lavoro nel mondo della musica di oggi?
Bene, io in questo sono terribile. Il mio sito web faceva parte di un premio che mi fu dato ma io sono sicuro che l’auto-promozione probabilmente sia un fattore cruciale per coloro che cercano di suonare sempre. Ci saranno musicisti più bravi nel promuoversi che non nel suonare! Ma mi auguro che alla fine la qualità vinca sempre.
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