Ciao Giovanna, benvenuta nel mio blog. Raccontaci qualcosa di te.
Sono infermiera scrittrice e filosofa, vivo sospesa tra tecnica e metafisica e mi ci trovo benissimo. Lavoro in sala operatoria dove la tecnica regna su tutto.per dare ossigeno a una mente creativa orientata alla pragmatica per dovere professionale ecco l'interesse per la speculazione filosofica. A governare il tutto, tecnica e teoretica, la scrittura.
Il diploma di infermiera-strumentista, la laurea in Filosofia e teoria delle scienze, il servizio presso le sale operatorie di Neurochirurgia e il lavoro presso il reparto di Ginecologia-ostetricia all'ospedale Ca' Foncello di Treviso. Dove trovi il tempo per scrivere?
l tempo per scrivere lo sottraggo allo svago, ai viaggi e un pochino alla famiglia che è composta da me e mio marito. Se avessi avuto dei bambini sarebbe stato molto più complicato.
Restando sempre in ambito della tua laurea, presentasti una tesi di Etica narrata dal titolo: "Tutti da Vespa. Uno scherzo filosofico" che si trasformò in un romanzo edito da Fazi Editore "Guarda c'è Platone in tv. Come i filosofi antichi ci insegnano a vivere il presente." Cosa ricordi di questa esperienza?
Quando proposi di scrivere una tesi "creativa" vidi molti sguardi allarmati. Creativa quanto? Mi fu chiesto. Creativa tanto risposi io. Alla descrizione di cosa mi proponevo, ovvero mandare i sommi greci in televisione e sia, ma addirittura nell'agorà di Porta a porta gli sguardi da allarmati divennero minacciosi e poi rassegnati. Mi avevano insegnato ad argomentare e io argomentai. Scritti i primi capitoli franarono le resistenze. La mia tesi "creativa" era sì creativa ma dimostrava che lo studio era stato fecondo. Ebbe 110 e La lode.
Sei anche membro attivo del CISE ( Centro interuniversitario di studi Etici). Parlacene.
Il Cise è il centro interuniversitario di studi etici. E' stato fondato dal Prof. Vigna che tutt'ora lo dirige. Svolge attività di studio e ricerca nel campo dell'etica e della metafisica. Alle attività seminariali partecipo elaborando saggi che sono scritti alla maniera dell'etica narrata.
Dichiari: "Penso a una finestra spalancata su un universo parallelo". Approfondiamo questa dichiarazione.
Nell'ambito dei miei studi sulla metafisica mi sono appassionata alle implicazioni filosofiche della fisica quantistica. Nonostante la difficoltà di pensare una realtà senza tempo e senza spazio trovo assai seducente l'idea che infiniti mondi e infinite possibilità regolano il nostro cammino. In fondo a fare la differenza è solo la direzione dello spin, e dunque se vi sono infiniti mondi nulla vieta che vi siano infinite possibilità...e magari c'è un universo dove una copia di me realizza possibilità che qui e ora mi sono ignote. Una finestra spalancata su infinite possibilità.
Nel 2011, pubblichi il romanzo "Mani calde". Daccene un assaggio.
Mi chiamo Giulia e ho ucciso mio figlio. O meglio, quasi ucciso. C'è una Giulia prima dell'incidente e una Giulia dopo. Tra le due, un crack.Quando l'ho visto, non ho provato niente, solo sollievo.[...]
Non so per quale misterioso caso del destino io sia stata "premiata" in questo modo, non ho doti particolari, non sono molto buona, molto altruista o molto impegnata in cose sociali, diciamo che fino al crack non me ne fregava poi tanto di riflettere su queste cose.
Vivevo nella mia felicità inconsapevole e inseguivo la mia esistenza tra lavoro, Davide, casa, qualche uscita con le amiche di sempre e qualche lusso con mio marito tipo un viaggio esotico o la casa al mare per le vacanze.
Paolo continuava a ripetermi quanto fosse bello; ma chi lo sentiva? Ero sfinita. Il colpo di fulmine c'è stato la mattina dopo, quando me l'hanno portato per la poppata. Me lo mettono tra le braccia: lo guardo... lui mi guarda... cioè, non so se mi guarda veramente, però apre gli occhi e lì mi sono accorta che d'ora in avanti non sarei stata più la Giulia di
prima. Ora c'era Davide e avrei potuto uccidere a mani nude per lui.
Era mio.
E nel 2012 ti aggiudichi il premio 'Regium Julii' proprio con questo libro. Raccontaci ques'eperienza.
Il premio Regium Julii mi ha pernesso di conoscere persone meravigliose che ancora oggi mi sono accanto. Le opere che competevano con "Mani calde" erano di estremo valore e quindi era ben lontana da me l'idea che il mio romanzo potesse aggiudicarsi il primo premio soprattutto perche uno dei libri finalisti "Il trono vuoto" di Roberto Andò mi era piaciuto moltissimo.Fu una serata magica.
Nel 2013 pubblichi il romanzo "Una carrozza per Winchester. L'ultimo amore di Jane Austen". Cosa troveranno i lettori al suo interno?
Mi sono presa moltissime libertà, tuttavia la storia affonda le sue radici nella vita reale della scrittrice. E' reale la sua età, quando si ammala lentamente del morbo che la condurrà alla morte. Ho inventato la famiglia del dott. Addison, la figlia Jane Mary e la moglie Matilde. E' reale il dott. Hodgkin, altro illustre clinico al quale si devono scoperte fondamentali nel campo medico-diagnostico. Lavoravano nello stesso ospedale, il Guy's Hospital di Londra, ed è probabile che fossero amici.
Qual è stato l'input per questo libro?
Qualche anno fa ho letto nell'inserto cultura di un quotidiano come la morte della Austen fosse presumibilmente dovuta al morbo di Addison, una malattia che oggi è perfettamente curabile. Conosco la malattia, che colpisce le ghiandole surrenali, ma ignoravo del tutto la figura del clinico che l'ha descritta, ossia il dott. Thomas Addison. Ho fatto una ricerca e la figura di questo illustre clinico, mi ha affascinato, soprattutto per l'epilogo: si è gettato dalla finestra del suo studio al culmine del successo professionale, quando idolatrato dagli studenti e stimato dai colleghi di tutta Europa, non ha saputo vincere la battaglia contro la malinconia che dilaniava la sua anima. Inoltre mi sono sorpresa a pensare che per pochi decenni Jane Austen non abbia potuto beneficiare della scoperta di Addison. Ho visto come in un film la distanza temporale annullata, loro due che s'incontrano, e Addison che applica sulla scrittrice e i suoi sintomi, il procedimento scientifico-intuitivo che lo porterà a comprendere l'origine del male che l'ha colpita.
Probabilmente il lavoro che svolgo mi porta a concentrarmi su alcuni aspetti della vita. Non a caso ho avuto l'idea di scrivere questo romanzo dopo aver letto della malattia che ha colpito la Austen. Ho i sensi acuiti in questa direzione, la fragilità unita alla forza che le persone dimostrano nei momenti di malattia mi tocca sempre molto profondamente. E' stato un bel viaggio immaginare due grandi ingegni come la Austen e Addison che si confrontano in una dialettica che vede il sentimento prevalere sulla ragione, sull'orgoglio e anche sul pregiudizio.
E' stata una decisione di pancia, di quelle che immediatamente non sembrano avere una ragione particolare. S'impongono da sé. A distanza di tempo credo invece che sia stato un modo per sentirla vicina.
Quale messaggio vuoi trasmettere e quali tematiche affronti nel romanzo?
Quello che penso IO di Jane Austen è che non credo affatto che abbia condotto la sua vita senza conoscere un grande amore.Non lo credo perché i suoi romanzi mi inducono a pensare a lei come una donna che si è buttata nella vita.Trovo molto artefatta l'immagine che ci hanno tramandato di una miss Austen tutta dedita al ricamo,che di tanto in tanto scriveva qualche riga.Una miss Austen che ha passato l'esistenza tra dimore di campagna e familiari dove non c'è traccia di una storia d'amore se si esclude la passino cella giovanile.credo che Jane Austen abbia conosciuto l'amore.quello "dei grandi" che nulla aveva a che vedere con i protagonisti giovanissimi delle sue storie.quello che arde e ti fa saltare le categorie di pensiero.perche bruciare migliaia di lettere alla sua morte? Perché questa ansia dei familiari di darci l'immagine di Jane sterilizzata e incorporea? Jane era una donna, di carne e sangue.e sono certa che fosse una donna molto passionale.come avrebbe potuto scrivere con quella scelta felice di parole altrimenti?
Con "Una carrozza per Winchester. L'ultimo amore di Jane Austen" ti aggiudichi anche una menzione speciale al prestigioso Premio 'Serono Merck'. Che ricordo serbi di questa esperienza?
La menzione d'onore al premio Merck ha realizzato un desiderio che coltivavo da anni: conoscere l'attore e regista Toni Servillo che considero uno dei grandi attori del panorama non solo italiano ma internazionale. Da "La ragazza del lago" a "Le conseguenze dell'amore" film che ho amato oltre misura. E' stato un grande onore.
Da dove nasce il tuo amore per jane Austen?
A 14 anni una zia mi regalò una copia di "Orgoglio e pregiudizio". Fu amore a prima vista. Ci sono solo sei romanzi della Austen ma se anche fossero stati duecento per me sarebbero stati comunque pochi.
Sono un'appassionata fedele di zia Jane e mi ha colpito la padronanza di linguaggio e il gergo utilizzato, sembra davvero di stare leggendo uno dei libri della Austen. Che tecnica hai utilizzato? Come sei riuscita ad approcciarti in maniera tanto sottile al suo lessico?
Sul linguaggio non ho avuto particolari difficoltà. Mi sono immaginata Lei. La sentivo presso di me. Lo so che non dovrei dirlo ma durante la scrittura di "Una carrozza" la sentivo camminare al piano di sopra. Io sono una persona razionale, illuminista, per niente affascinata dall'esoterico eppure la sentivo camminare. La sentivo vicina. Ci parlavo...e Lei mi rispondeva.
Hai qualche altro progetto in cantiere?
A fine agosto sarà pubblicato il mio quarto romanzo. Si tratta di un giallo di relazioni dove il fatto che ci scappi un morto passa in secondo piano rispetto alle relazioni tra i personaggi. Ci sono due donne che sin da bambine si sono aiutate e sostenute a vicenda. C'è un marito traditore, una poliziotta simpatica, un commissario perfido e Diablo, rottwiler nano ammiratore dell'FBI.
E' stato un onore immenso ospitarti nel mio blog. In bocca al lupo per tutto!
Grazie a te Linda per avermi ospitata. Un abbraccio e "Fare Squadra!!!".