Intervista a Giuseppe Virnicchi

Creato il 12 luglio 2013 da Cinzialuigiacavallaro
 

Siamo in piena estate e si avvicinano i giorni di vacanza, sia che si parta oppure no. È un tempo perfetto da dedicare alla lettura. E allora tra i vostri libri non dimenticate di includere la raccolta di racconti Crisalide, quanto mai attuale dato che il fil rouge è proprio la crisi, ma vista in senso positivo, come opportunità, ecco quindi il perché del titolo.  

Se la leggerete, potrete apprezzare l’intrigante racconto di Giuseppe Virnicchi, giornalista di lungo corso nella redazione de Il Mattino, appassionato di sport e cultura. Troverete nelle sue risposte tanti spunti per riflettere e migliorarsi.

Un racconto il tuo che descrive un sogno che può diventare un incubo perché irraggiungibile in questi tempi di crisi: la cultura, il libro quale cibo per la mente ci salveranno, secondo te?

Da sola la lettura non basta a far rifiorire il terreno inaridito della cultura, ma ritengo il libro il concime principale per la ripresa. Anche leggere un libro brutto è meglio che non leggere niente, perché di fronte a pagine scritte comunque si riflette, si pensa, si confronta; tra l’altro senza subire contaminazioni, come a cinema, a teatro o davanti alla tv, dove chi ci sta al fianco ride, piange, commenta e potrebbe condizionare sensazioni e sentimenti; le lagrime su di un libro al massimo possono bagnare le pagine.

Hai intitolato il tuo racconto Verso quale mondo e vorrei chiederti: negli anni passati era poi così tanto diverso il mondo dello scrivere?

Il mondo dello scrivere è cambiato molto, a cominciare dalle tecnologie che facilitano la diffusione ma anche il rischio confusione, a cominciare dalla valutazione dei talenti,  poi, secondo me, il tritacarne “mercato” oggi non fa sconti a nessuno, privilegiando veline, calciatori, magistrati e giornalisti, il cui passaggio dal video al libro è garanzia di successo, a prescindere dai contenuti.

Perché hai deciso di partecipare alla pubblicazione di Crisalide?

Ritengo Crisalide un progetto valido e un’occasione per “proporre” i propri sentimenti in poche pagine, anche se, e sei la prima persona alla quale lo confesso, non volevo parteciparvi; perché sono convinto che dare in poche righe delle emozioni sia la forma più difficile di scrittura. Poi, avevo ancora in testa il racconto di Buzzati “I giorni perduti”, una sola pagina che mi aveva emozionato più di tanti romanzi, ma anche dato la consapevolezza dei miei limiti.

Lo rifaresti?

Lo rifarei rischiando, perché da allora mi sono imposto di scrivere concentrando i sentimenti senza indulgere in tentazioni colorite da effetti, tipo ‘occhi azzurri’, mare ‘blu’ e nature morte nel vero senso della parola; ovviamente con risultati… così e così.

Com’era e com’è ora l’atmosfera nella redazione di un grande quotidiano come Il Mattino? La crisi è presente anche nel mondo giornalistico, immagino.

Ho lasciato Il Mattino da dieci anni, ma ti posso confermare che la crisi nella carta stampata è sicuramente tremenda; all’interno sempre più avvelenata da riduzioni di personale, stipendi, vendite e qualità (la politica e partiti prima, la cultura poi… si vedrà).

Ci puoi illustrare il tuo progetto “Team Sport e Libro”?

Alleno (ho il patentino di preparatore giovani calciatori) ragazzi dai 9 ai 15 anni che porto in giro a disputare partite di calcio in strutture che ci ospitano; i miei allievi, non pagando istruttore e arbitro (sono io), né il fitto del campo di calcio, con i soldi risparmiati regalano libri agli allievi ospitanti (Scuole medie, oratori, parrocchie, scuole calcio etc).

Come sei arrivato alla scrittura e cosa rappresenta nella tua vita?

Sono arrivato alla scrittura dopo tanta lettura; al Mattino ho fatto il correttore e l’articolista di sport, ma soprattutto ho amato e amo la narrativa italiana del primo e secondo novecento, di cui ho ingoiato, senza grandi risultati ahimè, la pagina, lo stile, tutto. Con la mia scrittura vorrei, appunto, riproporre, non come capacità, che ovviamente so di non avere, ma come genere, storie di vite quotidiane non protagoniste di tg, gossip, cronaca o camorra, ma ricche di umanità, anime complesse ma non complicate (che è diverso), sperando che qualche scrittore che abbia le capacità che io non ho ci ricordi Elsa Morante, la Ortese, Pratolini, Bassani, Calvino, Moravia, La Capria e altri.

Cosa hai pubblicato e perché?

Ho pubblicato Il sogno del cicloamante, da cui è tratto il racconto Verso quale mondo, per raccontare, appunto, la difficoltà di sognare nell’odierna società. Ho tentato di portare all’esterno alcuni protagonisti di uno dei teatri, l’editoria, dove  si possono, in alcuni casi, trasformare i sogni della gente in incubi. Ho pubblicato anche racconti per giornali e riviste on line.

Cosa pensi dell’editoria italiana?

L’editoria, come la cultura, in Italia è molto condizionata dalla politica, o meglio dai partiti, che decidono chi e cosa si deve scrivere, in quale tv apparire etc. Per gli altri non è che non ci sono chance, ma sono certamente di meno, e soprattutto molto più faticose.

È difficile essere scrittori nella nostra epoca e nel nostro paese?

E’ difficile per le ragioni che ti ho espresso sopra.

Immagina di vivere in un luogo ameno e isolato dal mondo dove puoi portare solo quattro libri (non tuoi): cosa scegli?

Menzogna e Sortilegio e L’isola di Arturo di Elsa Morante, poi, con qualche rimpianto verso altri capolavori che sarei costretto a lasciare, Cronache di poveri amanti di Vasco Pratolini e Il giardino dei Finzi Contini di Giorgio Bassani.

Sei pronto, come scrittore, per un’editoria unicamente digitale?  

Non sono pronto, anzi, sono un retrogrado amante della pagina da bagnare con le lagrime, da manipolare con le dita, strizzare per la rabbia.


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