Nome: Gualtiero
Cognome: Gualtieri
Ultimo lavoro: Era come vestire l’acqua
Ciao Gualtiero, benvenuto nel salotto di VareseNoir e grazie per avermi regalato questa chiacchierata. Comincia tu, okay? Descriviti pure come preferisci.
Sono uno che, visto da lontano, fa buona impressione. Da vicino, meno. Cerco di starmene un po’ lontano, anche se son sempre vicino a chi si sente lontano (allontanato, disabilitato, disoccupato, dismesso, emarginato, rifiutato, rifugiato…).
Ti va di raccontarci il tuo ultimo lavoro?
Oh, sì, questo nuovo libro (Era come vestire l’acqua, n.d.r.) raccoglie racconti raccontati alla “Radio Svizzera”. Per pubblicarli ho dovuto riscriverli quasi interamente, impresa che mi è costata quattro anni di tempo libero. Se hai quattro anni di tempo libero ti dico il resto…
Quando hai iniziato a scrivere, sapevi già che – prima o poi – ti saresti imbattuto in un libro come questo?
No. Ho iniziato a scrivere alle elementari e allora volevo scrivere un romanzo come Moby Dick. Infatti avevo cominciato a trascriverlo. Poi col tempo ho pian piano ridotto le ambizioni e il numero di pagine. Ora da anni scrivo racconti. Limandoli per renderli sempre più brevi. L’ambizione sarebbe di arrivare a scrivere un racconto di una sola riga.
Hai mai ballato sotto la pioggia?
Sempre. Anche ora. Sono cambiati i tempi però. E quindi i ritmi.
Esiste un libro che avresti voluto scrivere tu?
Se avessi fatto questa domanda a Dumas père, forse ti avrebbe risposto: “I miei libri!”, dato che, avendo un esercito di “negri” che scriveva per lui, avrebbe potuto desiderare di aver scritto davvero un suo libro, anche se si vantava dicendo “Non ho letto tutti i libri che ho scritto”. Invece, poiché la domanda è rivolta a me, non potendo citare i 1.755 libri preferiti, cito almeno “Memoriale del convento” di José Saramago.
La tua canzone preferita è…?
Oh… ah… sì… quella che fa lalalalà lalà lalà… e poi ohohohohi…ahahahhh…
Che rapporto hai con la televisione?
Ci conosciamo appena.
E con il cinema?
Ci siamo frequentati tanto, con alterna passione. Come quei fidanzati che restano tali per tutta la vita. Siamo allo sfinimento.
Hai mai parlato al telefono per più di due ore?
Da innamorato, sempre. Poi mi accorgevo che dall’altra parte avevano già messo giù da un pezzo.
Ti piacciono i proverbi? Ne usi uno più spesso?
Ne propongo due. Il primo è nazional-popolare-dialettale e forse è quello che un po’ riassume anni di mie attese e ricerche: “La poma püsseé bèla la va sempru in boca al purscèll” (la mela più bella finisce sempre in bocca al porco). L’altro più che un proverbio è un aforisma: “Il rischio di ogni desiderio è che si avveri”.
Hai tre righe per dire quello che vuoi a chi vuoi tu. Ti va di usarle?
Sì, certo.
Carlo, è inutile che mi inviti a cena dicendo “Vieni-quando-vuoi”. Voglio adesso.
Abramo, possibile che ogni volta che c’è da pagare il caffè della pausa-caffè, ti sei sempre dimenticato a casa i soldi?
Amanda, quando mi hai detto “Uno di questi giorni…”, non ho capito se era una promessa o una minaccia. Parliamone.
Ti sei mai rapato i capelli a zero?
Sì, ma poi non sono più ricresciuti.
Se potessi cambiare una cosa (ma una soltanto) del tuo ultimo lavoro, che cosa sceglieresti? Il titolo? L’immagine di copertina? Altro?
Il prezzo.
Quando scrivi, hai un lettore di riferimento oppure scrivi solo per te stesso?
Certo che ho un lettore di riferimento: me stesso. In fondo scrivo per aver finalmente qualcosa di interessante da leggere di sera.
Tra due ore si parte per un viaggio su Marte: scegli tre oggetti da portare con te e un aggettivo per descrivere l’umanità ai marziani.
Oggetti: caffè, sigarette, accendino.
Aggettivo: evitanda (va bene anche se è un gerundivo?).
La cosa che più ti annoia, quella che più ti diverte e quella che più non sopporti.
Mi annoia molto la noia. Mi diverte moltissimo il divertimento. Quella che più non sopporto è la Lella.
Stai già lavorando al tuo prossimo libro? Se sì, ci regali un’anticipazione?
Ma sei matto?
Prima di salutarci, l’ultima domanda è tua. Chiediti quello che vuoi, ma ricorda anche di risponderti.
Caro Gualtiero, sai per caso una frase brillante, di quelle che restano nella memoria, per concludere questa intervista?
No!