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Intervista a Klaverna

Creato il 29 febbraio 2016 da Misterjamesford
Intervista a KlavernaLa trama (con parole mie): come consuetudine quando qui al Saloon viene presentato il lavoro di un giovane autore, diamo spazio alla "voce" dell'autore stesso grazie ad un'intervista che racconti qualche retroscena sulla realizzazione del film recensito e sul percorso umano e cinematografico dell'uomo dietro la macchina da presa.
Ecco dunque sedersi al bancone la firma di Paese per nessuno, Klaverna.
Intervista a Klaverna

Ford: Ciao Klaverna, e benvenuto al Saloon. E' consuetudine, da queste parti, iniziare con una domanda rigorosamente alcolica: quali sono i tuoi drinks preferiti? Cosa ti andrebbe di ordinare potendo riprendere fiato al bancone di questo luogo di Frontiera?Klaverna: Ciao James, vorrei bermi un doppio whisky scozzese e se possibile proveniente dalle Ebridi o dalle Orcadi.
F: Archiviate le fondamentali questioni alcoliche, ecco una domanda clamorosamente convenzionale: parlaci di te, del percorso che hai compiuto per giungere a Paese per nessuno, di come è nata la passione per il Cinema e anche di questo nome d'arte che ho trovato curioso fin dalla prima volta.K: La passione è antica… Riverberano ancora nella volta cranica le luci dei primi film che ho visto… I veri pionieri del mio immaginario (mi rivedo bambino in una grande sala al buio, un fascio di luce da un foro e il suono meccanico del proiettore… Gli occhi puntati avanti e di fianco la presenza confortante di mio padre che profuma di tabacco). KLAVERNA è il mio alias artistico, prima musicale poi anche registico; il nome proviene da “American Tabloid”, un romanzo di James Ellroy (si vede per un attimo una sua foto in cornice nel film).Per creare Paese per nessuno sono stato mosso dall'incrollabile convinzione di volerlo portare a termine, l’essenziale è crederci!… Chiaramente si attraversano paesaggi-passaggi (interiori) problematici e a volte anche disperanti, ma devono restare intimi e devono durare poco… I problemi vanno risolti (meglio spostati) uno dopo l’altro… Il fine è finire il film! Nel concreto ho cercato una piccola storia che potessi filmare con zero budget, una storia intima ma universale e contemporanea che potesse prescindere anche dai testi, in cui le immagini e le loro suggestioni potessero portare da sole il film stesso.
F: Altra domanda di rito, considerata la tua appartenenza al Cinema di nicchia italiano lontano dalla grande distribuzione: riesci a campare con la macchina da presa, o sei costretto a ripiegare su lavori "normali" come tutti noi comuni mortali?K: Sono al primo film eper me il Cinema non è un lavoro… E' una forma di miglioramento…Una terapia di matrice ossessiva,fondamentalmente è un modo di guardare la realtà e di viverla… Anche quando non filmo e sto “solo” vivendo,ecco anche allora sto facendo “solo” Cinema.
F: La gestazione di un'opera non è mai - o quasi - lineare ed immediata: raccontaci la genesi di Paese per nessuno, la sua evoluzione e realizzazione, magari impreziosendo il tutto con qualche aneddoto curioso.K: Non penso mai lo scritto (leggi sceneggiatura)come qualcosa di intoccabile, ma piuttosto come qualcosa da cui poter divergere… Si deve voler rispettare il caso che poi è anche il caos…Prima e durante le riprese è buona norma assicurarsi che i venti sconosciuti possano permeare l’aria del set… Nel concreto di PPN, poco prima di iniziare le riprese, la persona a cui avevo affidato un ruolo importante nella seconda parte del film (nella casa a picco sulla frana), si era reso irreperibile, tanto da spingermi a cercare un sostituto: ecco! La persona che ho incontrato per la sostituzione, è poi diventato il fratello del primo attore (che poi si è reso disponibile) nel film!Di fatto la seconda parte del film e la storia del (non) rapporto tra i due fratelli è stata creata grazie alla problematica generata dall’interprete che si era reso irreperibile!
F: Ho visto Paese per nessuno esattamente ad un anno di distanza - e senza pensare alla coincidenza - dal suicidio di uno dei miei migliori amici: come vivi il rapporto con il concetto, e cosa ti ha spinto ad analizzarlo attraverso la figura del tuo protagonista?K: La società è la più grande fabbrica di suicidi al mondo… La famiglia spesso è il luogo dove si sperimentano le solitudini e le incomprensioni più laceranti per l’io… Credo che poi ci possa essere sempre una propria via, una propria possibilità di vivere o di saper superare gli ostacoli… C’è poi chi vuole consciamente la propria fine e la scelta è definitiva... La depressione è in costante crescita (“la crisi è nei cervelli”)… Non ci sono taumaturghi…Scagliati nella fossa i demiurghi… I problemi sono per chi resta comunque. Nel film “il suicidio” è sicuramente il motore della storia, ma ancora di più mi interessa posare lo sguardo sulla solitudine e vedere come questa agisce deformando azioni e personalità.
F: Come gestisci il rapporto con gli attori ed i tecnici? C'è una fase della realizzazione che non sopporti, o una che, invece, ti fa sentire come a casa?K: Quando sono sul set sto sempre bene, anche se persone e cose da gestire non sono facili… Anzi… Fare un film realmente indipendente è un'impresa titanica, è proprio come tentare di portare una barca sopra una montagna… Ogni fase va supportata e sopportata con rigore e convinzione totali…Io filmo con una troupe inesistente… Ci sono solo io e gli interpreti, sicuramente perché ho zero budget, ma anche perché questa condizione di povertà mi aiuta a creare una situazione protetta ed intima con gli attori che ricerco alla prima esperienza.
F: Senza spoilerare selvaggiamente il destino di Jacopo nel corso della pellicola, per te il bicchiere rispetto alla vita è mezzo pieno o mezzo vuoto?K: A parte Jacopo e la sua parabola… Il bicchiere è sempre mezzo vuoto per me, proprio perché questo cosmico-comico bicchiere lo dobbiamo voler riempire in continuazione e senza sosta… Se si è capaci e se si è conformato il giusto spazio, c’è sempre “ l’inatteso” pronto a tuffarsi nel bicchiere …
F: La domanda di chiusura è un altro rito delle interviste al Saloon: scegli un film italiano, uno straniero ed uno che associ idealmente a Paese per nessuno che porteresti su un'isola deserta salvandoli dall'Apocalisse. K: In ordine: “Accattone” di Pier Paolo Pasolini, “Workingman’s Death” di Michael Glawogger, “ Last Days” di Gus Van Sant.
E ringraziando Klaverna anche per essere il primo tra gli intervistati del Saloon a centrare tutti e tre i titoli scelti incontrando anche i gusti del sottoscritto, alziamo i calici al nostro ospite ed al suo Paese per nessuno.
MrFord

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