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Intervista a Lee Changdong, regista di Poetry

Creato il 01 dicembre 2010 da Nouvellepunk

Poetry (shi, poesia) film di Lee Changdong, locandina

Poetry (shi, poesia) film di Lee Changdong, locandina

Durante la realizzazione del film in che momento sceglie il titolo? Quando e come le è venuta l’idea di realizzare un film sulla poesia e usare questa parola per il titolo?

Di solito scelgo il titolo molto presto. Altrimenti, non riesco a convincermi che il film si realizzerà. Qualche anno fa, alcuni adolescenti di un piccolo paesino di campagna violentarono una ragazzina più piccola di loro. Da tempo pensavo a questo atto di violenza, però non ero sicuro sul come raccontarlo in un film. Ed una mattina presto, un una stanza d’albergo di Kyoto, mentre vedevo la televisione saltò fuori il titolo, Poesia. Doveva essere un programma realizzato principalmente per turisti che non riuscivano a dormire. Mentre vedevo le immagini di uccelli che sorvolavano su un corso di aqua le imbarcazioni di pescatori che dispiegavano le loro reti al suono di una musica rilassante, capì che un film costruito intorno ad un crimine tanto orribile poteva chiamarsi solamente Poesia. Il personaggio principale e la trama nacquer quasi allo stesso tempo. In questo viaggio, mi accompagnava unvecchio amico, un poeta. Quando le parlai del titolo e della storia, mi disse che era un progetto temerario. Aggiunse inoltre, che i miei successi precedenti, anche se piccoli, mi avevano dato troppa sicurezza in me stesso.

Quando pensò all’attrice Junghee Yun? È conosciuta al pubblico coreano, compresi i giovani?

Suppongo che il pubblico dei ventenni non conosce Junghee Yun. Il salto generazionale si sente molto nel cinema coreano. Dal momento in cui pensai ad una donna di sessanta anni circa, mi venne in mente Junghee Yun. Non mi importava che fosse stata lontana dagli schermi da 15 anni. Di fatto, la protagonista si chiama Mija, che è il vero nome di Junghee Yun.

Quando scelse il tema della demenza senile?

Demenza era un parola che mi venne in mente quasi allo stesso tempo degli altri elementi chiave del film: il titolo, la protagonista femminile di sessanta anni e una donna anziana che prova a crescere un ragazzo adolescente. E mentre comincia a scrivere poesie inizia a dimenticare le parole. La demenza fa riferimento alla morte.

Il poeta che insegna nella scuola non parla mai delle tecniche di scrittura. Si limita solo a sottolineare l’importanza di “vedere realmente le cose”. La poesia ha un parallelismo con il cinema?

Si, “vedere bene le cose” si riferisce sia alla poesia che al cinema. Alcuni film ci aiutano a vedere il mondo da nuove prospettive. Altri solo ci lasciano vedere quello che vogliamo vedere. Ma anche in questi ultimi siamo liberi di vedere qualsiasi cosa.

Attraverso le lezioni sulla poesia e il gruppo “Amare la poesia”, quest’ultima diventa il tema centrale di tutto il film. Di tutte le sue opere, questa è la mia preferita per la fluidità con la quale è riuscito a connettere ogni momento. È giusto descriverlo come un film aperto?

Come se si trattasse si una pagina di un libro con un poema, pensai al film con molti spazi bianchi che lo spettatore potesse riempire. Si, in questo senso si può definire un “film aperto”.

A mio modo di vedere, il film è un eco visuale. Per esempio, il fiore rosso e il suo riferimento al sangue, il cappello di Mija che cade nell’acqua e il suicidio della ragazzina.

Come ha detto lei, il fiore rosso ha a che vedere con il sangue. La bellezza è spesso connessa al marcio. E i fiori più belli a volte sono creazioni dell’uomo. Il cappello che cade nel fiume ricorda il suicidio della ragazzina ma anche il destino di Mija.

Allo stesso modo, il finale del film resta aperto. Dove è andata Mija dopo aver consegnato il poema? Si sente la sua voce che legge la poesia, ma non sappiamo cosa le è successo.

Volevo che il pubblico tirasse fuori le proprie conclusioni. Però c’è una pista. La corrente del fiume, nell’ultima parte del film, suggerisce che Mija ha accettato il destino della ragazza come se fosse il suo.

Quando dice che il destino di Mija e quello della ragazza si sovrappongono è relazionato con l’ultimo poeta di Mija “il canto di Agnes”?

Agnes è il nome cristiano della ragazza morta. L’unica poesia che la protagonista lascia al mondo è scritto in onore della ragazza. In un certo senso, si, so sono convertite in un’unica persona attraverso il poema.

Lei fa una domanda: Cos’è la posia in un epoca in cui la poesia muore? Fa un parallelismo con il cinema, che allo stesso modo muore. Si può dire che il finale del film rifletta i suoi pensieri sulla poesia?

Volevo solo lanciare una domanda. Gli spettatori hanno la chiave, la risposta. Però credo che la poesia è un canto nel nome delle emozioni e dei pensieri altrui.

 

Intervista a Lee Changdong, regista di Poetry

SCHEDA

Regia: Lee Chang-dong

Sceneggiatura: Lee Chang-dong

Fotografia: Kim Hyunseok,

Montaggio: Kim Hyun

CAST:  Yoon Hee-Jeong, Kim Hira, Da-wit Lee, Nae-sang Ahn,  , Drammatico,

Durata 135 min

Origine: Corea del sud

Anno: 2010

 

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