Intervista a Luigi Zingales: Cosa vi impedisce di abbracciare il movimento di Montezemolo?
Creato il 21 dicembre 2012 da Bernardrieux
@pierrebarilli1
Pubblicato da: Redazione di Fermare il Declino
Intervista a Luigi Zingales di Umberto Mangiardi da Tagli.me
Professor Zingales, Mario Seminerio dice che la crisi dell'Euro è colpa della Germania. Essa ha creato un deficit tra importazioni ed esportazioni, e, secondo Seminerio, senza trasferimenti interni all'Ue non si esce dalla crisi: vero o falso?
C’è del vero, sicuramente. Ma seguitemi nel ragionamento: a livello mondiale le partite dei pagamenti sono a zero, non avendo ancora inventato l’interscambio galattico. Ora, faccia finta che al mondo vi siano solo due continenti, l’Europa e l’America: se uno è in deficit, l’altro è in surplus. Quindi, chiaramente c’è un’identità contabile: a valle di questa identità contabile ci sono però incentivi e politiche diverse. La Germania esporta più di noi perché si sono impegnati molto più di noi, e sarebbe sciocco andare a penalizzare chi ha messo in atto politiche più giuste. La teoria economica dice questo: in un’area valutaria in cui non c’è mobilità, non ci sono trasferimenti e per di più avviene uno shock, si ha un collasso. L’aspetto criminale dei fondatori dell’Euro è che tutto questo lo sapevano, e non solo non han fatto nulla, ma anzi l’hanno fatto apposta: la crisi dell’Euro di oggi era inevitabile. Dire che è colpa degli Stati Uniti è una balla: è vero che è stata quella la causa scatenante, ma la crisi era inevitabile. Non fosse successo il patatrac negli Usa sarebbe successo altro. Era una scelta premeditata:"Nel momento di crisi, ci uniremo di più", si pensava. Abbiamo buttato il cuore oltre l’ostacolo, solo che il corpo è rimasto di qua. Ora dobbiamo evitare gli incentivi sbagliati: se noi mutualizziamo il debito, premiamo chi si è comportato male e tassiamo chi si è comportato bene. Non è un bell’esepio. Io propongo un sussidio di disoccupazione europeo, con controlli incrociati (un tedesco controlla i greci, un greco i francesi e così via) e pagato con fondi comuni: basta sussidi solo per le banche. Ovviamente parlo di un sussidio organizzato in maniera giusta, che incentivi un ritorno sul mondo del lavoro, un sussidio destinato ai Paesi più in difficoltà – come guarda caso era la stessa Germania, 7 anni fa. È un provvedimento popolare, è economicamente giusto e servirebbe a sgessare le relazioni tra i Paesi. Non capisco perché non lo attuino.
Qual è il suo giudizio sulle passate politiche italiane in Europa, sia riguardo Berlusconi sia per Monti?
Berlusconi a Bruxelles era ridicolo. Talmente tanto che oggi ci rende fieri vedere Monti semplicemente rispettato. Ma il compito di un Presidente del Consiglio non si limita a non farsi deridere: deve fare gli interessi dell’Italia. L’Italia, in queste condizioni, non va avanti – e questo a Stati forti come la Germania fa anche comodo.
La Germania può fare la maestrina con tutti: loro hanno fatto una riforma del mondo del lavoro che è costata la rielezione a Schroeder, ma ha cambiato la competitività tedesca. A oggi loro, col costo del denaro che è la metà del nostro, possono permettersi di venire in Italia, comprare le nostre fabbriche e chiuderle per sbarazzarsi della concorrenza. Il rischio è di trasformarsi nel Sud d’Europa: come il Meridione italiano è stato soffocato dall’imposizione delle leggi piemontesi, così l’Italia rischia di essere soffocata dalle leggi europee. Questo un Presidente del Consiglio deve avere il coraggio di dirlo: non tanto chiedere “più soldi”, ma portare onestamente questo problema sotto gli occhi di tutti.
Verosimilmente, questo presidente del consiglio sarà Bersani . Secondo lei è adatto per il ruolo? Fermare il declino è pronto a condividerne i programmi o farà semplice opposizione?
Ho abbastanza rispetto di Bersani. La cosa che mi lascia dubbioso è che venga dallo stesso entourage di D’Alema e goda del sostegno di D’Alema: questo non depone a suo favore. Però nel complesso è stato uno dei pochi ministri italiani a liberalizzare davvero. Perciò discuteremo sui programmi e, se ci saranno le condizioni, valuteremo. Il grande scoglio rimane Vendola: un Bersani da solo non mi crea grossi problemi; unBersani con Vendola è più difficile da digerire.
Cosa ne pensa del meccanismo del patto di stabilità? La situazione dei conti del comune di Torino è disastrosa e si stanno cercando affannosamente le risorse per non sforarlo di nuovo.
Purtroppo a questo punto il Patto di Stabilità è un male necessario: stiamo parlando di errori passati, e Torino li sta pagando. Ecco cosa serve un’imposta locale come l’Imu, che io ritengo una buona misura: a pagare i servizi locali. Io vedo il federalismo come un riavvicinamento tra responsabilità e le decisioni sui costi per il cittadino. Il cittadino deve poter determinare quali servizi avere e quanto è disposto a pagare questi servizi. Il decentramento alla catalana, in cui le Regioni fanno cosa vogliono e poi lo Stato si trova in default non va bene. Storicamente abbiamo avuto comuni virtuosi e comuni che hanno creato debiti stratosferici: questo va cambiato. Ma ricordiamoci che nessun pasto è gratis: i servizi sociali locali vanno pagati dal contribuente, e questo implica un’Imu più elevata. È vero, così si crea una pressione maggiore; ma è altrettanto vero che a questo punto si responsabilizzano i partiti.
Ma ci si può fidare di partiti del genere? Gli scandali sono all'ordine del giorno.
È proprio per questo che serve individuare una responsabilità. È singolare che i termini inglesi accountable e accountability non siano traducibili in italiano. Nessuno è accountable: perfino nello scandalo-Lazio, la Polverini è stata capace di uscire coi manifesti “Mandiamoli a casa“. La prima da mandare a casa era lei! Lei era responsabile della sua giunta. Se poi uno non sa cosa combina la sua giunta è responsabile ugualmente.
Che ricette avete per rilanciare l'economia reale italiana?
Siamo particolarmente sensibili al mondo dell’impresa, in special modo quella piccola e media: sono loro che tengono ancora in piedi l’Italia, temo ancora per poco. Vi rimando ai nostri dieci punti di programma sul come ridurre la pressione fiscale diminuendo le spese: la nostra pressione fiscale non ha eguali nei paesi civilizzati, e questo è il primo punto a cui porre rimedio. In secondo luogo, abbiamo intenzione di favorire l’aggregazione delle imprese: l’impresa italiana media è troppo piccola. Necessita di finanziamenti per crescere, ma anche di incentivi per aggregarsi, in Italia e all’estero. E non solo in termini di prodotto, anche in termini di azionariato.
India e Cina ci devono fare paura?
La Cina non è una minaccia, è un’opportunità. La Cina ha una cultura familiare e familistica alla fine simile alla nostra; sicuramente, più simile a noi che agli americani. La Cina ha bisogno della tecnologia e del know-how italiano; in cambio hanno i soldi e il mercato su cui vendere. Sarebbe un matrimonio perfetto, a patto che le politiche governative siano adeguate: vi pare normale che Berlusconi in undici anni non sia mai andato in Cina? Come se la Cina non contasse nulla nel panorama mondiale. In India noi abbiamo un vantaggio comparato rispetto agli americani: loro non sono abituati ad agire in un posto destrutturato e privo di regole. In India le regole non ci sono, e quando ci sono non funzionano: in un certo senso, in India ci troviamo a casa.
Cosa deve cambiare nell'operato delle banche?
Io sono a favore di una regolamentazione delle banche, ed anche di una regolamentazione dei derivati. Ma le banche italiane non sono in difficoltà per i derivati – anche perché i derivati peggiori li hanno rifilati alla clientela bidonandola. L’insolvenza e la difficoltà di gestione derivano da pessime amministrazioni, come quella del Montepaschi. Dire che il Monte dei Paschi è stato amministrato male è fargli un complimento! In secondo luogo, la banche sono imbottite di titoli di Stato; infine dobbiamo considerare la severità dell’attuale recessione. Se il mercato immobiliare va giù e le imprese non riescono a restituire i prestiti perché falliscono, non c’è banca che tenga. Abbiamo bisogno di ricapitalizzare le banche e renderle maggiormente contendibili: oggi sono in mano di una vecchia élite locale, che non vuole cambiare e ha fatto il suo tempo. Non possiamo essere gestiti da persone che hanno più di ottant’anni: saranno anche i migliori del mondo, ma la loro mentalità è superata.
Lei è d'accordo con un'unione bancaria europea?
Nella misura in cui abbiamo deciso di entrare nell’Euro, dobbiamo sapere che uscirne è estremamente costoso: ora dobbiamo prendere provvedimenti per rendere questa situazione gestibile. Il punto debole della catena è sicuramente il settore bancario.La supervisione europea è una cosa giusta, ma a due condizioni. Primo, rendere impossibile a ciascun paese di supervisionare le proprie banche: i supervisori oggi hanno enormi pressioni politiche per non fare quello che devono fare. Secondo,far rispettare le regole che ci sono, e farle rispettare a tutti: la Germania è più furba che santa, ed ha elaborato la regolamentazione bancaria in modo che le sue Landesbank non subissero la regolamentazione europea. Le Landesbank fanno invidia alle nostre vecchie casse di risparmio provinciali, ma vengono tutelate per motivi politici.
Quali sono le linee guida di Fermare il declino in politica estera?
Noi abbiamo una visione pro-occidentale e pro-paesi liberi. Siamo filoamericani, nel senso positivo del termine (intende in senso economico, non l’imperialismo, NdR), e filoisraeliani. Crediamo che i Palestinesi abbiano certamente diritto ad una terra, ma bisogna valorizzare l’unico stato democratico, con tutti i suoi difetti, dell’area mediorientale. Israele per il Medio Oriente è una punta di diamante. Guardiamo inoltre con interesse agli sviluppi della Turchia e alle Primavere arabe, che poi tanto Primavere non son state. Di sicuro non dobbiamo fare come Berlusconi, che si alleò con l’unico satrapo orientale (Gheddafi, NdR) e che, per perseguire la sua amicizia con Putin, ci ha appioppato anni di politica industriale disastrosa.
L’attuale legge elettorale impone di indicare un candidato alla Presidenza del consiglio: chi sarà il vostro?
Sicuramente il nostro candidato Premier sarà Oscar Giannino: è una decisione presa all’unanimità l’8 di dicembre.
Cosa vi impedisce di abbracciare il movimento di Montezemolo?
Italia Futura ha degli aderenti cui guardiamo con simpatia: la maggior parte di loro condivide le nostre visioni e le nostre battaglie. A bloccarci non è tanto il personaggio-Montezemolo, ma il fatto che Italia Futura resta un partito padronale, e abbiamo visto cosa un partito padronale comporta. I partiti padronali portano al disastro. Noi vogliamo essere democratici: se ci sono le opportunità di creare insieme un partito democratico lo faremo. Ma diversamente, non si scende a compromessi. Siamo anche disposti a prendere una sberla a queste elezioni, ma deve passare un concetto: con i partiti padronali si possono anche vincere le elezioni, ma non si va da nessuna parte.
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