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Intervista a Marilù Oliva

Creato il 20 luglio 2010 da Paolo Franchini
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Intervista a Marilù OlivaNome: Marilù
Cognome: Oliva
www.mariluoliva.net
Ultimo lavoro: ¡Tú la pagarás!

Descriviti come preferisci, hai carta bianca.
Nonostante io apprezzi lo spazio di movimento consentito da questo genere di domande, mi dichiaro assolutamente incapace di rispondere. Posso dirti che, per prima cosa, sostituirei la carta bianca con un foglio nero. ;-)

Ti va di raccontarci in breve il tuo ultimo libro?
Riporto le parole che ha scritto la Elliot Edizioni nel comunicato stampa:  ¡Tú la pagarás! è una storia irresistibile e sorprendente di morte e salsa, ricca di sensualità e mistero, un giallo coinvolgente e appassionante che ha nel titolo minaccioso una promessa nera. Posso aggiungere che c’è una protagonista soprannominata La Guerrera, è dannata, vanitosa e incazzata col mondo, torna l’ispettore Basilica, si nominano le divinità della santeria cubana, ci danzano molti balli, si ascolta musica latina e la morte viene trattata senza edulcorazioni.

Quando hai iniziato a scrivere, sapevi già che – prima o poi – ti saresti imbattuta nella stesura di un romanzo?
No. Pensavo che sarei diventata una fumettista. Adoravo disegnare, da piccola scrivevo brevi sceneggiature tempestando i bordi di disegni. A scuola, poi, fino alle superiori incluse, mi perdevo le lezioni per disegnare sotto il banco. Volevo diventare brava come Milo Manara, che allora era il mio idolo (ora non lo è più). Ero così sicura di diventare fumettista che mi sono clamorosamente sbagliata.

Hai mai ballato sotto la pioggia?
Solo senza ombrello.

Esiste un libro che avresti voluto scrivere tu?
No. Il libro che considero il più realizzato dal punto di vista architettonico e il più musicale dal punto di vista linguistico è Cien años de soledad di Gabriel García Márquez. Penso che difficilmente si possa raggiungere un tale livello di perfezione. Non vorrei averlo scritto, però. Perché se – periodo ipotetico dell’irrealtà -  l’avessi scritto io, mi sarei persa il piacere sublime di leggerlo con la sorpresa e l’inconsapevolezza implicite nel ruolo del lettore.

La tua canzone preferita è…?
Sono limitatissima riguardo ai gusti musicali. Ho molte canzoni preferite, soprattutto di salsa cubana e portoricana. Le predilette cambiano a seconda dei periodi, fino al prossimo plenilunio sarà “Salsa Dura” de La Excelencia per quanto riguarda i ritmi sostenuti. Per quanto riguarda i lenti, una bachata di Huey Dunbar, “Las noches” (citato, quest’ultimo anche nel romanzo ¡Tú la pagarás!).

Che rapporto hai con la televisione?
Litighiamo sempre. Lei mi sfida con la sua ottusità, io non la sopporto e mi vendico sbeffeggiandola con racconti al vetriolo. Se vuoi leggerli sono su Sugarpulp e Carmilla.

E con il cinema?
Con un certo tipo di cinema ho ottimi rapporti. E molto intimi, direi.

Hai mai parlato al telefono per più di due ore?
In passato spesso. Ora non avrei proprio tempo.

Ti piacciono i proverbi? Ne usi uno più spesso?
Ho scoperto tardi la saggezza intrinseca dei proverbi. Le mie citazioni preferite sono: Carpe diem e Audaces fortuna iuvat.

Hai qualche riga per dire quello che vuoi a chi vuoi tu.
Visto che sono in difficoltà, ti cito la bachata strepitosa di cui ti parlavo prima, quella riportata anche in ¡Tú la pagarás!:

Las noches como éstas,
son las que duelen más,
las que lastiman más,
son noches sin piedad.

Las noches como éstas,
siempre me hacen llorar,
saben a soledad, saben a soledad.

Las noches como éstas
se parecen a ti,
no tienen compasión,
les gusta hacer sufrir.

Traduzione:
Le notti, come queste, sono quelle che fanno male, quelle più dolorose, sono notti senza pietà. Le notti come queste, mi fanno sempre piangere, sanno di solitudine, sanno di solitudine. Le notti come queste ti somigliano, non hanno compassione, a loro piace far soffrire.

Intervista a Marilù Oliva
Se potessi cambiare una cosa (ma una soltanto) del tuo ultimo libro, che cosa sceglieresti? Il titolo? L’immagine di copertina? Il nome di un personaggio? Il finale?
La copertina proprio no: è meravigliosa e non lo dico perché il libro è mio, la Elliot ha fatto davvero un lavoro grandioso. Il finale neppure: è stato molto meditato, così come il titolo. E i personaggi… mi ci sono troppo affezionata. È brutto se dico che non cambierei proprio niente?

Quando scrivi una storia, hai un lettore di riferimento oppure scrivi solo per te stessa?
Entrambe le cose. Scrivo per me stessa, senza trascurare il potenziale lettore.

Tra due ore si parte per un viaggio su Marte: scegli un oggetto da portare con te e un aggettivo per descrivere l’umanità ai marziani.
La mia famiglia. Lo so che non è un oggetto, ma senza di lei col cavolo che ci vado su Marte. E ai marziani direi che l’umanità è disumana.

La cosa che più di annoia, quella che più ti diverte e quella che più non sopporti.
La cosa che più mi diverte è fare scherzi, anche scemi, alle persone cui voglio bene. La cosa che più mi annoia sono le persone piene di sé. Le cose che meno sopporto sono diverse: gli ipocriti, i moralisti, i logorroici, le persone totalmente incuranti degli altri. Poi non sopporto le gerarchie e il mal di testa.

Stai già lavorando al tuo prossimo libro? Se sì, ci regali un’anticipazione?
La Guerrera continuerà a combattere. E la prossima volta il libro scotterà.

Prima di salutarci, l’ultima domanda è tua. Chiediti quello che vuoi, ma ricorda anche di risponderti. 
Perché sei bloccata a quest’ultimo punto e non rispondi?
E tu perché fai queste domande?

Taggato con:¡Tú la pagarás!, Basilica, Carmilla, Cien años de soledad, Elliot, Gabriel García Márquez, La Guerrera, Milo Manara, Sugarpulp Posted in: Interviste

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