TRAPCOUSTIC, Innerlands (LP, CS, CD-r, Geograph Records)
Contatti: geographissues.blogspot.it
Come promesso già da qualche tempo, su Hot Wheels si torna a parlare Trapcoustic. Progetto in solitaria di Stefano Di Trapani aka Demented Burrocacao, già System Hardware Abnormal, Urania e un’altra mezza caterva di sigle più o meno estemporanee, figlie della proteiforme scena di Roma Est. Innerlands, pubblicato dalla solita Geograph Records, si apre con un breve sketch tastieristico che dà il titolo all’intero lavoro e introduce le undici tracce che seguono, ultima delle quali intitolata – indovinate un po’? – “Outerlands”. Quello che vi sta in mezzo è puro Trapcoustic-pensiero: Battisti nello spazio che incontra i King Crimson di “I Talk To The Wind” (“Baby”), nastri accartocciati e lo-fi folk (“Taggia 109″), stralunato pop-flamenco intervallato da field-recordings e chiusura con accenno alla natalizia “Silent night” (“My Heart Is A Street”), no-fi blues con tanto di slide e voce sfasata al seguito (“Love Comes”), orientalismi posticci (“Sleeping On a Bed Of Snakes”). Tutte influenze, queste, che in misura variabile vengono a galla di tanto in tanto per poi ritornare a fluttuare serene in quel liquido amniotico che sommerge, custodisce e protegge Innerlands. Ed è un dolce naufragare. Grazie Demented.
TopPLUTONIUM BABY, Welcome To The Weird World (LP/CD, Vida Loca Records)
Contatti: vidalocarecords.bandcamp.com
Dopo l’ottimo antipasto su nastro (segnalato nell’uscita d’esordio di Hot Wheels) si ritorna a parlare anche di Plutonium Baby, trio synth-punk capitolino formato Black Guitarra (già Motorama), Fil Sharp e Feith Da Grave (nei synth-punkers Cactus). Welcome To The Weird World mantiene tutte le promesse fatte in precedenza, anzi: carica di steroidi la materia grezza e ci riconsegna fra le mani un Frankenstein power-pop composto in parti uguali da horror-boogie impazziti alla B-52’s altezza “Rock Lobster” (“The Twilight Zone”), shuffle-punk (“Takabam Goes The Beat!”) e synth-garage (“Russian Spy”). Da segnalare il brano in chiusura (“Anger O”), indistinguibile da un’outtake del maestro Duane Eddy. Rispetto alle precedenti uscite brevi del gruppo, spicca una produzione notevolmente più curata, che conferisce tiro e corpo al suono del gruppo. Merito questo di Mirko Ravaglia e Alex Vurgiu del Panic! Studio. Per il resto, continua a essere puro sollazzo per gambe e pancia.
TopSTEFANO DE PONTI, Like Lamps On By Day (CS/CD-r, Old Bicycle Records/Under My Bed Recordings)
Contatti: stefanodeponti.it – undermybed.org – oldbicyclerecords.blogspot.com
Ormai ospite pressoché fissa di queste pagine virtuali, l’etichetta italo-svizzera Old Bicycle Records, guidata con passione e perizia da Vasco Viviani, continua a sfornare succulenti supporti amorevolmente confezionati e altrettanto ben pensati dal punto di vista musicale. In combutta con la altrettanto lodevole Under My Bed Recordings – etichetta curata da Stefano Paternoster, aka My Dear Killer – la OBR da alle stampe in doppio formato (cassetta e cd-r) il nuovo lavoro in solo di Stefano De Ponti, musicista di area milanese classe 1980, attivo nell’ambito delle sonorizzazioni per il teatro e già parte dei progetti Passo Uno e me and the white lash. Like Lamps On By Day è il risultato di un’operazione di setaccio applicata a circa dieci ore di materia grezza improvvisata, ridotta così a venticinque minuti circa di puro distillato post-rock/drone/ambient strumentale. Le sette tracce che compongono il lavoro di Stefano mettono in forte evidenza il suo retaggio di compositore dedito alla musica per immagini in movimento, che in questa sede si concretizza in un cinéma pour l’oreille ben suonato e prodotto ancora meglio. Il rimando a una controparte visiva è peraltro assecondato dall’utilizzo, misurato e mai eccessivo, di dialoghi presi in prestito da celebri pellicole cinematografiche. Un lavoro che magari non soddisferà i fondamentalisti dell’hype a tutti i costi, ma che saprà farsi apprezzare da quanti di voi hanno sempre sognato che gli Slint, Angelo Badalamenti e Brian Eno registrassero un disco assieme.
TopIntervista a Zoff82
Contatti: zoff82.net
Zoff82 è un’etichetta italiana con sede a Berlino fondata da Alessandro Quintavalle, Mario Conte (musicisti e produttori) e Luca Reale (direttore della sezione video). Produce cassette, VHS, fanzine e altri supporti che, per comodità, continueremo a definire ‘fuori standard’. Ecco il resoconto di una interessante e, per certi versi, illuminante chiacchierata virtuale con Mario Conte.
Nicola Giunta: Come nasce il progetto Zoff82? Quali i presupposti e gli obiettivi?
Mario Conte: Zoff82, come concetto, nasce da un’idea di Alessandro Quintavalle circa una decina di anni fa. In seguito all’incontro con Mario Conte e Luca Reale l’idea si trasforma, dopo diversi tentativi ed esperimenti, in qualcosa di concreto e tangibile: una vera e propria label. L’idea alla base era quella di una label “differente”, auto-sostenibile ma con uno spirito lontano dal lucro. Sostanzialmente volevamo che Z82 fosse un archivio in continua espansione, una piattaforma di sperimentazione per noi e per tutti gli artisti coinvolti. L’eclettismo nelle produzioni Z82 deriva infatti da una linea musicale molto aperta, artisti anche molto differenti tra loro, ma che condividono un denominatore comune di fondo basato sull’improvvisazione, il live recording e un approccio all’arte scevro da sovrastrutture imposte. L’obiettivo principale è quello di costruire un archivio indipendente sempre più vasto, che possa diventare man mano un riferimento per pubblico, artisti e produttori di musica e arti indipendenti.
Cito testualmente dalla press sheet dell’etichetta: “Il modello ispirativo si può ricondurre per certi versi ad un certo stile “italiano” di fare arte a cavallo tra gli anni Cinquanta e i primi Ottanta. In particolar modo allo spirito di ricerca, collaborazione, amicizia e condivisione di esperienze umane e artistiche che hanno caratterizzato, per esempio, l’esperienza dello Studio di Fonologia musicale della Rai di Milano, dove, attorno ad una struttura nata prima di tutto per fare musica, hanno gravitato nel tempo artisti provenienti dalle più svariate discipline del campo dell’arte e della ricerca.”. Quali sono secondo voi i punti di contatto più evidenti fra Zoff82 e un’esperienza fondamentale per la musica e la cultura, non solo italiana, come quella animata da Luciano Berio e Bruno Maderna a partire dalla seconda metà degli anni Cinquanta?
Riferimenti e contatti artistici e musicali tangibili non ce ne sono. Il riferimento riguarda piuttosto lo spirito di iniziativa culturale che animava quell’operazione. Una ricerca sonora e artistica scevra da obiettivi di mercato (almeno in una prima fase), che nasce e si evolve nell’ambito della ricerca stessa. La creazione di un think-tank artistico che partendo dalla musica si allarghi ad altri settori come le arti visive e testuali, che rappresenti un punto di incontro, anche casuale, tra artisti. Un contenitore di idee musicali e non, che faccia da piattaforma e da supporto per lo sviluppo di idee “nuove”. Non è un caso che sin dall’inizio, diversamente da altre etichette, abbiamo puntato non solo su produzioni “personali”, ma subito sulla produzione e distribuzione di altri artisti, incentivando collaborazioni tra gli stessi. Ed è anche per questo che oltre al settore musica, è partito quasi contemporaneamente quello video e (ancora neonato) quello editoriale.
Come sono suddivisi i ruoli all’interno dell’etichetta. Chi si occupa di cosa? Intendo, ognuno di voi tre è responsabile esclusivamente del proprio ambito di pertinenza oppure sussiste un mutuo scambio di competenze?
MC: In linea di massima io (Mario) e Alessandro Quintavalle siamo i responsabili della parte audio, sia dal punto di vista artistico sia tecnico. Luca Reale, invece è il direttore della sezione visiva e grafica. Nello stesso tempo siamo tutti responsabili delle linee generali della label e della programmazione.
Per i progetti non strettamente collegati alla musica o al video, collaboriamo di volta in volta con artisti e produttori che si muovono in campi diversi dal nostro, ma in qualche modo attinenti, come per esempio la fotografa Elisabetta Claudio, che ha curato con noi la produzione delle fanzine.
NG: Con Zoff82 producete cassette, VHS e magazine fotografici. Tre supporti dalla forte personalità comunicativa che si portano dietro un immaginario ben definito. Come mai questa scelta? Avete pensato anche ad altri formati per le vostre produzioni future?
MC: La scelta dei supporti nasce prima di tutto da questioni pratiche, di budget e non ultimo per una sorta di provocazione nei confronti di un sistema di distribuzione digitale che a tutt’oggi si basa praticamente su due supporti: uno virtuale (agglomeratori iTunes etc..) che non offre “materialmente” nulla agli artisti, ed uno fisico (cd o dvd) che è praticamente obsoleto in quanto a qualità rispetto alle tecniche attuali di registrazione/produzione digitale (si pensi solo all’evoluzione che c’è stata dal 1980 ad oggi in termini di frequenza di campionamento e bit-rate dei convertitori AD). Inoltre, considerando che Z82 si muove in un campo di nicchia, il supporto diventa quasi un mezzo promozionale, una sorta di biglietto da visita per gli artisti, una dichiarazione di intenti artistica più che un vero oggetto di business. Quindi, perchè non la cassetta?
- È l’unico supporto (anche rispetto al vinile) che permette una produzione in serie limitate, completamente autonoma, con possibilità di ristampe anche in piccolissime tirature.
- È un oggetto tangibile e non un file nel computer, con il valore aggiunto di un packaging semi artigianale.
- Il nastro è praticamente indistruttibile in quanto ad usura e danneggiamenti rispetto a qualsiasi supporto su disco. Una cassetta o un nastro degli anni Sessanta, anche se male, continuano a suonare. Un cd del 1984, pur tenuto bene non è detto.
- Chi acquista un cd, dvd, nastro, etc., non acquista solo la musica o il video, ma anche il supporto fisico. La cassetta è l’unico supporto (se si esclude il cd-r/dvd-r mai decollati nell’ambito della diffusione commerciale di contenuti) che può essere riscritto facilmente. Paradossalmente, se non ti piace il contenuto che hai acquistato, puoi sempre riutilizzare il supporto riregistrando sul nastro (che è tuo). Chiunque non abbia meno di 30 anni ha qualche volta nella vita messo lo scotch su una cassetta per registrarvi sopra.
- Per il tipo di sonorità che Z82 produce, spesso il passaggio su cassetta in fase di mastering, contribuisce a dare carattere al suono.
- Spesso la cassetta, anche se con una qualità sonora più bassa, permette la diffusione e la stampa di idee e produzioni che in altro modo, se non in digitale, non vedrebbero mai la luce. A nostro avviso troppo spesso oggi la ricerca nel fare musica è sbilanciata a favore degli aspetti tecnici rispetto alla valenza dei contenuti artistici. È difficile, a meno che non si disponga di mezzi realmente adeguati (spesso appannaggio di altri circuiti musicali), ottenere un lavoro dai grandi contenuti e dalla produzione impeccabile. Di fronte ad una scelta, cerchiamo di privilegiare il contenuto, proprio come un vero archivio deve fare.
- Siamo ovviamente consapevoli che parliamo di un supporto obsoleto. Non tutti hanno un registratore a cassette al giorno d’oggi. Questo però è vero in assoluto in un contesto musicale commerciale. Ma, come detto prima, per il nostro target di riferimento la cassetta non è mai passata di moda.
- In Italia, tranne che da pochi, è ancora vista come un gadget, un oggetto da collezione. Da tempo invece, In grandi città faro delle tendenze alternative come New York, Londra, Amsterdam, Berlino, è normale avere una piastra se si ascolta musica noise, impro, electro-noise etc. (vedi per esempio il SUNDANCE S-VHS festival, il Rotterdam VHS festival o il VHS Festival di New York, così come etichette importantissime come la Music Tape, American Tapes…)
Il catalogo Zoff è comunque consultabile integralmente e ad alta qualità sul Soundcloud della label. La scelta di Staalplaat come distribuzione fisica fa parte della volontà di inserirsi in un mercato piccolo, ma mondiale.
Per il futuro non ci poniamo nessun limite. Abbiamo in progetto per il 2014 la stampa di due vinili e di due linee video, una digitale su web-dvd, dedicata alla digital video art. L’altra, su VHS, completamente analogica. Cioè, no editing su computer, no Final Cut, ma missaggi video in realtime con effetti e tecniche analogiche. Rispetto ai magazine fotografici, come detto, sono frutto di una collaborazione con Elisabetta Claudio e la galleria milanese Le Dictateur. Fanno parte della neonata linea editoriale Z82, ma non di un settore fotografico vero e proprio.
Continuando a leggere la press apprendo che “Zoff82 è un’etichetta italiana con sede a Berlino”. Questo aspetto sembra peraltro andare oltre la semplice collocazione geografica, evidenziandosi piuttosto nelle scelte estetiche delle vostre produzioni. Per la musica, penso ad esempio al progetto ambiente-drone tedesco Emerge, che, in ordine di uscita, si trova fra due raccolte di remix della cantante partenopea Meg (ex-99 Posse, Colapesce e molto altro). Oppure il libro fotografico di Elisabetta Radmanovic “Kruz with me babe”, che sul vostro catalogo trovo accanto alla raccolta di still video estrapolati da filmati casalinghi degli anni Ottanta realizzati da una fanatica di Maradona e del Napoli. E lo stesso discorso si potrebbe applicare alle vostre produzioni video. Come vedete questa sorta cortocircuito sensoriale innescato dalle produzioni Zoff82? Nasce per caso o è in qualche modo riconducibile a un progetto premeditato?
La scelta di Berlino è stata quasi una non-scelta, nel senso che due dei fondatori di Zoff vivono a Berlino (Luca da pochissimo è tornato su Bologna). Berlino è una città con una immensa domanda/offerta di arte a tutto tondo. Una città dura per tanti versi, ma con le condizioni e gli spazi giusti per far nascere un’idea e coltivarla. Il mito di Berlino come panacea dell’arte, città perfetta e ideale è assolutamente falso. Portare avanti un progetto seriamente richiede impegno e sacrificio più o meno uguale in tutto il mondo. Non tutto quello che passa per Berlino è necessariamente oro. Anzi. All’interno di un’offerta così vasta, però, seppur da ricercare e scavare, si trovano poi sempre poche ma interessantissime realtà.
C’è la possibilità di avere uno scambio e un confronto con musicisti e artisti di ogni parte del mondo, fondamentale a nostro avviso per una crescita personale e artistica. Berlino è un crocevia di culture, non sempre integrate e per questo molto vive nella loro inquietudine.
L’eclettismo delle scelte artistiche è assolutamente voluto. Le produzioni (archiviazioni) di Zoff82, anche se apparentemente talvolta distanti, sono unite da un filo conduttore stilistico e concettuale. Nel caso dei remix per Meg il sound tende ad avvicinare due estetiche per molti versi differenti, ma con diverse linee in comune. Si tratta più di rielaborazioni che di veri remix. Basti pensare al “PROMEMORIA PLUS FORT! remix” delle francesi Les Trotteuses, duo appartenente più alla scena dell’arte performativa che a quella musicale in senso stretto. Ci piaceva l’idea che una canzone potesse diventare materiale sonoro per una rielaborazione: sì, ma in puro stile Zoff. Inoltre, non essendo i singoli di Meg usciti su alcun supporto fisico, i tapes di Z82 erano anche l’unico modo per possedere (tangibilmente) il brano originale. E questo i fan di Meg lo hanno molto apprezzato. Lo stesso dicasi per le fanzine e per i video. Si può andare tranquillamente da Mario Merola alle immagini della Luna della NASA, o da Maradona a Vogue, se dietro c’è un concetto di fondo condiviso.
‘Strumenti analogici nell’era digitale’. Questo era il tema del vostro intervento alla rassegna modenese ‘Sound Objects’ curata da Claudio Chianura per l’edizione 2012 di Festivalfilosofia. In riferimento a questo argomento, quali sono stati secondo voi gli aspetti più rilevanti venuti alla luce durante la discussione?
Il riuso e riciclo del mezzo analogico forza a una ricerca linguistica ed espressiva da cui la produzione nasce e si forma. Forme e spazi prendono vita nell’utilizzo di grammatiche e metodologie lontane, ma ancora pregne della loro forza creativa. Vuoti, bianchi, rumori e nebbie in un orizzonte di confini ormai passati. Strumenti analogici che permettono di apprezzare e sperimentare profondità e contrasti sempre meno percepibili nella produzione della “nostra era”, rendendoci partecipi di un processo di elaborazione e fruizione maggiormente democratico. Non un vezzo, bensì l’essenza stessa del mezzo che guida la mente e l’azione in meccaniche e dinamiche severe ma sempre ben definite e caratterizzanti. È così che la produzione prende la sua forma in documenti e realizzazioni vividi del linguaggio macchina/pensiero.
Un’era digitale in cui poter fisicamente trovare ed incontrare cose e persone è il risultato dell’utilizzo di tali strumenti e delle grammatiche associate, rivalutando modalità espressive pressoché limpide ma impure. Le molteplici possibilità si incrociano in un funzionale procedere parallelamente tra “analogie nel digitale”, ampliando sempre più le sfere di sperimentazione e la ricerca di linguaggi nel riuso.
Dal punto di vista anagrafico mi sembra che la vostra attività artistica abbia avuto inizio in un periodo – i tardi anni Ottanta – durante il quale i supporti da voi ‘riscoperti’ con Zoff82 erano di uso comune. Poi la diffusione capillare di compact, masterizzatori, file mp3… Come avete vissuto questa sorta di ‘ritorno al futuro’?
Cercando di vivere sempre nel futuro anche quando era presente.
Ultima domanda. Dino Zoff fu portiere e capitano della nazionale italiana fra gli anni Sessanta e Ottanta. Difese la porta italiana durante la storica finale dei mondiali ’82. Una figura forte e determinata, di riferimento per tutta la squadra, che però scelse sempre di mantenere un basso profilo nei rapporti con i media. Vinse la coppa del mondo all’età di quarant’anni. Come mai questo nome e questa data per denominare il vostro progetto?
MC: Dino Zoff è stato prima di tutto il portiere del Napoli dal 1967 al 1972! Detto questo, sicuramente gli aspetti che hai sottolineato della figura sportiva e umana di Zoff, un uomo un po’ all’antica, ma dalle idee chiare e dal grande spirito di sacrificio, si sposano con le intenzioni della nostra label. Siamo poi tutti appassionati di calcio (giocato, non maniaci del calcio) e se dici ‘Zoff-Gentile-Cabrini…’ non rimaniamo indifferenti.
Ma in realtà il nome dell’etichetta nasce da un’idea di Alessandro che, nel definire un amico musicista che si lamentava della sua indigenza personale, pur essendo noto per la sua “agiatezza economica familiare”, disse: “Tanto se hai Zoff tra i pali… non puoi mai perdere”. E così scherzando e ridendo è diventato il nome della nostra etichetta, un po’ per gioco e un po’ per augurio di avere un giorno anche noi un portiere di tal livello che difenda la nostra porta.
MEG, Il confine fra me e te TAPE REMIX (CS, Zoff82)
EMERGE, Stale (CS, Zoff82)
ASSUAJE, E Kest Và Pe Kell (CS, Zoff82)
CONTE DI QUINTAVALLE, Die Wäshe Des Esels (CS, Zoff82)
A compendio delle dettagliate parole di Mario Conte, segnaliamo quattro fra le tredici uscite su nastro del catalogo Zoff82.
Ultimo parto ad oggi dell’etichetta italo-tedesca è il tape remix del brano “Il Confine Fra Me e Te” a firma Meg. Collaboratrice, fra gli altri, di 99 Posse, Roy Paci, Tiromancino e Zu, attualmente al fianco del cantautore siciliano Colapesce. Quattro i remix: a opera di Kyoukai Sen, Origami, Last Exit Incupatrance e Bologna Violenta. La voce dalle inflessioni fortemente bjorkiane della partenopea viene declinata attraverso sonorità e sensibilità inquadrabili nel range di un’elettronica in battuta bass dai contorni etno-chill. Se a metà anni Novanta ascoltavate Kruder & Dorfmeister, la roba della K7 Records e le varie propaggini trip-hop bristoliane, questo è il vostro disco, scusate… la vostra cassetta.
Emerge è il progetto in solo del tedesco Sascha Stadlmeier, da Ausburg, Baviera, coinvolto in varie formazioni legate alla sperimentazione sonora di derivazione ambient/noise/industrial, e fondatore dell’etichetta Attenuation Circuit. Le due lunghe tracce che compongono il lavoro in questione si snodano sommesse fra nebbiose progressione drone e suoni sintetici a contrappuntare, ed equilibrare, un discorso sonoro che stenta, forse volutamente, ad evolversi.
Terzo nastro in rassegna è E Kest Và Pe Kell, di Assuaje. Progetto che si situa in quella zona ibrida, comunque già ampiamente battuta in passato, dove bruitismi elettronici di fattura industrial(e) e campionamenti vocali in dialetto napoletano copulano senza pudore. Giusto a metà fra i Throbbing Gristle e Peppe Barra.
Die Wäsche Des Esels è il titolo della C30 che inaugura il catalogo Zoff82. Dietro al progetto Conte di Quintavalle si celano, neanche tanto in realtà, i nomi di Mario Conte e Alessandro Quintavalle, fondatori dell’etichetta e attualmente responsabili della sezione audio. Sette tracce per circa mezz’ora di suoni spremuti da tastiere Casio in circuit bending, joystick del Commodore 64 e altri tesori ludico-sonori a quali si uniscono organicamente field recordings di voci e dialoghi ripescati ad hoc da vecchie pellicole cinematografiche. Dopo vari ascolti, il tutto sembra assume un’interessante dimensione narrativa da détournement debordiano.
TopTen Years After
ANDREA BELFI/MATTIA COLETTI, Key On A Tongue (3”CD-r, Frame! (mini)Rec)
Contatti: discogs.com/artist/681203-Mattia-Coletti
Si tratta del gioiellino messo in giro nel 2005 dalla minuscola etichetta marchigiana Frame! (mini)Rec in formato cd-r 3” che ha avuto il merito di inaugurare il felice sodalizio fra il polistrumentista Mattia Coletti e il percussionista e compositore Andrea Belfi, che di li a poco si sarebbe manifestato con la ragione sociale di Christa Pfangen (da recuperare assolutamente il loro, almeno per il momento, unico lavoro pubblicato dalla Die Schachtel qualche anno fa). Cinque tracce, intitolate “Itinerario” e numerate progressivamente. Una trama elettroacustica dettagliata che i due tessono con cura maniacale, servendosi di chitarre acustiche, percussioni e non meglio precisate electronics. Venti minuti circa la durata complessiva: si mischiano, organicamente e senza mai sovrapporsi, fingerpicking, musique concréte, etnicismi vocali e sound art. L’interplay fra i due raggiunge lo stato di grazia e regala all’ascoltatore un’idea di musica folk geograficamente incollocabile, ma carica di umanità e suggestioni. L’ottima qualità audio che caratterizza la produzione mette quindi in risalto sfumature timbriche che si fanno elemento preminente e cifra narrativa. Se mai l’etichetta “avant-folk” ha avuto senso compiuto, Key On A Tongue ne rappresenta uno degli esempi più lucidi messi in giro durante gli ultimi anni. Spero che qualche lungimirante discografico lo ristampi. Prima o poi.
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