Cognome: Ermini Burghiner
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Ultimo lavoro: Mazaröcc
Descriviti come preferisci, hai carta bianca.
Sono un Macugnaghese, walser da parte di madre e fiorentino da parte di padre. Etimologicamente, quindi, un bastardo D.O.C.!
Classe 1959, sono musicalmente figlio del ’68. Sì, perché vivevo con m io cugino, del ’51, che mi faceva ascoltare la “nuova” musica. Sono cresciuto con quelle note, a 10 anni giravo con pantaloni a fiori con una zampa di Mammuth, tanto era a campana! Un padre dolce, ma severo nell’insegnarmi i prìncipi della vita, a cavallo tra l’albergo ed i campi.
Tanto sport da giovane: sci e hockey su ghiaccio, ma anche basket (in collegio a Varese, al De Filippi), corsa, judo: amo lo sport, non sopporto stare fermo, ora adoro il golf… Ma lo sci ed il pattinaggio sono dentro di me! Amavo i Cow-Boys e gli indiani, adoravo Geronimo. Poi sono cresciuto (d’età) ed agli indiani ho preferito le ragazze… E la musica. Sono istintivo, arrogante, prepotente, intollerante, presuntuoso, ma assolutamente sincero (non ho filtri né mezze misure: quando penso una cosa, la dico…), pronto ad aiutare chiunque abbia bisogno. Mi ritengo una persona fortunata e ho ancora tanti sogni nel cassetto.
Ti va di raccontarci in breve il tuo ultimo lavoro?
Erano anni che sognavo questo “Mazaröcc”… E alla fine ho preso coraggio. Dopo che Fabrizio Trabucco mi aveva coinvolto nella manifestazione “Parole in Bottiglia”, mi sono accorto che gli ascoltatori apprezzavano le mie ballate. È stato facile inciderlo. Ed emozionante. Ho curato quasi tutte le incisioni, suonate sempre e comunque “dal vivo” (non ci sono suoni campionati), con tutte le imperfezioni che ne conseguono e, soprattutto, con sonorità vive, dettate dall’emozione del momento.
Il grosso del lavoro, poi, è stata la “confezione”. Ho “tagliato” molto, cercando di rendere le canzoni più semplici possibili. Devo ringraziare Guido Block e Cristiano Cesario per quello che hanno fatto: se quello che ascoltate vi piace, è anche merito loro.
Ci ho sempre sperato.
Ti sei mai rasato a zero?
Quasi! Ti spiego: ho sempre avuto i capelli lunghi, da “beat”/Hippie. Mio padre si disperava. Una mattina, a 14 anni, stufo delle sue prediche ho detto: ora vado a rasarmi! Sono sceso nella frazione di Staffa (a Macugnaga) e sono andato dall’unico parrucchiere. Voglio rasarmi a zero, dissi! Il barbiere strabuzzò gli occhi, incredulo, ma poi cominciò a tagliare. Non ebbe il coraggio di rasarmi a zero, però: tagliò con la macchinetta sino a un millimetro, poi mi sbatté fuori dalla bottega senza nemmeno farmi pagare! Tornato a casa, mio padre rimase senza parole. E da quel giorno, in ogni caso, non mi disse più di tagliarmi i capelli: ero bruttissimo, con due orecchie a sventola da record mondiale!
Esiste un disco che avresti voluto scrivere tu?
Tanti, mica solo uno. Tra tutti “Selling England by the pound” dei Genesis (quelli veri…), “Tea for the tillerman”di Cat Stevens, “Harvest” di Neil Young…
La tua canzone preferita è…?
Difficilissimo rispondere. Forse “Heroes” di David Bowie? Mah, amo troppa musica diversa, impossibile decidere…
Che rapporto hai con la televisione?
Drammatico: oramai è praticamente solo spazzatura.
Meraviglioso! Adoro il cinema!
Hai mai parlato al telefono per più di due ore?
In gioventù sì, ma quando mia madre se n’è accorta… Ora ho un rapporto difficile col telefono, preferirei tornare alle vecchie lettere, alla magia dell’attesa della risposta.
Ti piacciono i proverbi?
Mi piacciono e li uso spesso. Le mie figlie, infatti, non mi sopportano più quando li cito… Ma per me sono un concentrato di tradizioni ed anche (non sempre) di saggezza popolare.
Hai tre righe per dire quello che vuoi a chi vuoi tu. Ti va di usarle?
Parlo a chi mi ha fatto del male, cercando di distruggermi professionalmente e personalmente con accuse infamanti.
Le mie figlie e la mia famiglia hanno sofferto immensamente e hanno pagato più di me. Augurati che i detti popolari e gli insegnamenti religiosi, tutti, siano privi di fondamento, perché – se saranno fondati – imparerai a tua volta cosa vuol dire soffrire e rimanere impotente al dolore che viene ingiustamente inflitto ai tuoi cari.
Se potessi cambiare una cosa (ma una soltanto) del tuo ultimo lavoro, che cosa sceglieresti? Il titolo? L’immagine di copertina? Il titolo di una canzone? Un arrangiamento? Altro?
Un arrangiamento, ma non vi dico di quale canzone!
Quando scrivi una canzone, hai un ascoltatore di riferimento oppure scrivi solo per te stesso?
Scrivo ispirato da un fatto o da una persona specifica, ma penso e cerco di farlo (ci provo, almeno) affinché chiunque possa riconoscersi.
Una chitarra, un quadro dei “Macchiaioli”, un cesto di frutta. L’umanità? Solo un branco di incoscienti.
La cosa che più di annoia, quella che più ti diverte e quella che più non sopporti.
I discorsi di un saccente, la risata schietta e sincera, l’indifferenza e la vigliaccheria di questa società.
Stai già lavorando al tuo prossimo album? Se sì, ci regali un’anticipazione?
Sì! Sto già decidendo i brani da inserire e lavorando sulle sonorità.
Prima di salutarci, l’ultima domanda è tua. Chiediti quello che vuoi, ma ricorda anche di risponderti.
Che cosa ti aspetti da questo lavoro?
Il mio sogno è che piaccia a tal punto da spingere le persone a riconoscersi nelle canzoni e, quindi, ad uscire da casa per venire a cantarle insieme a noi dal vivo. Vorrei anche che le radio trasmettessero i brani così che la mia musica (e i racconti che hanno dentro) possano viaggiare nell’aria e raggiungere luoghi e persone lontane. Come il polline portato nel vento, come il profumo dei pini marittimi raggiunge i naviganti in mare, facendo riaffiorare ricordi sopiti…