Ciao Mario, potresti spiegare ai nostri lettori cosa ti ha spinto a scrivere Webcomics. Piccolo manuale del fumetto on-line e come è nato?
Ciao! Sono molti i fattori che mi hanno spinto a scrivere il libro. Il motivo principale è stato cominciare a raccogliere in un testo una cronologia, un cenno storico della nascita e dell’evoluzione dei fumetti sul web, un capitolo della storia della nona arte che in questo periodo ha cominciato finalmente ad attirare la dovuta attenzione in Italia. Molti autori e molte opere che hanno fatto la storia e che hanno rappresentato dei passaggi fondamentali di questa evoluzione sono poco noti o non sono considerati nel giusto modo. Diciamo che nel succo mi ha spinto il desiderio di far diventare questi eventi un pezzetto di storia.
Uno dei punti forti del tuo libro è l’immediatezza della scrittura e la tua preoccupazione di non dare nulla per scontato, spiegando, ad esempio, il significato di termini che spesso vengono confusi tra loro. Quale target di lettori hai immaginato nel momento in cui scrivevi?
Ho cercato di scrivere in modo semplice, tale che anche mia nonna o il bambino dei vicini potesse comprendere ciò che stavo spiegando. Probabilmente chi mastica il “tecnichese” del fumetto potrebbe trovare questi passaggi inutili e noiosi, mentre credo che conoscere bene la differenza tra e-comic e digital comics, ad esempio, possa essere molto utile. Anche per evitare confusione tra gli addetti ai lavori.
Per il testo ho immaginato due target principali di riferimento, a ciascuno dei quali è idealmente dedicata una metà del libro. La prima parte, più tecnica e storica, è rivolta ai curiosi e agli interessati, agli “studiosi” del mezzo e agli altri autori; la seconda, dove racconto come lavoro e dove indirizzo la realizzazione di un webcomic, da un’idea alla pubblicazione online, è rivolto ai giovani che iniziano a realizzare fumetti per la prima volta. Non il classico manuale di fumetti ma consigli, tecniche di pubblicazione e di marketing, nozioni che mi sarebbero state utili quando da adolescente cominciai a “fare sul serio”.
A mio parere, uno dei grandi vantaggi dei webcomics è l’essere per loro natura esenti da ogni tipo di limitazione editoriale nelle tematiche e nello stile, oltre che dalle logiche di mercato: sul web si trovano trattati gli argomenti più violenti, dissacranti, di nicchia, sperimentali. In qualche modo, secondo te, stanno aprendo il pubblico verso nuove tematiche e nuovi modi di narrare? Stanno influenzando anche il mondo dell’editoria cartacea?
Di sicuro la mancanza di vincoli editoriali e di formato fa sì che gli autori siano liberi di sperimentare non soltanto la dimensione narrativa, di genere e grafica del fumetto, quanto soprattutto l’ambito del metafumetto, quell’aspetto nel quale il fumetto esula da se stesso per narrare il fumetto e ritornare a esso, dove la trama gioca con la gabbia e il supporto andando, appunto, oltre il fumetto. La tecnologia permetterebbe di realizzare grandi cose se non ci fosse lo spauracchio della carta stampata a inibire gli autori.
Purtroppo il webcomic non è ancora del tutto libero da certe convenzioni: il formato del fumetto sul web dovrebbe essere in verticale. Invece molti continuano a strutturare la strip in orizzontale o montando una tavola, così che poi possa risultare molto più semplice impaginare le opere in caso di pubblicazione.
Il webcomic a sua volta, però, modifica l’editoria italiana, già pesantemente minacciata dal calante numero di lettori e dalla crisi. È così che molte etichette hanno preso a pubblicare o a coccolarsi i webcomics più in voga sui social network, incuranti della qualità delle opere ma puntando alla quantità dei like.
Tuttavia, se da un lato esistono molti webcomics di indubbia qualità, d’altro lato mancando il controllo dell’editore, essendo la procedura che porta un autore on-line estremamente rapida e semplice, in giro per il web, francamente non mancano insulsaggini. A tuo parere, esiste il rischio di una deriva nell’amatorialità con il relativo rischio di disperdere quanto c’è di buono nel mare della rete internet
Hai voglia! Sto notando che spesso i lettori non si interessano alla qualità della striscia in sé. Pare abbiano perso interesse per una tavola ben disegnata, con un buon storytelling. Interessa maggiormente una battuta, un’unica frase che li faccia ridere e nella quale ritrovarsi. Probabilmente sarà a causa dei meme disegnati con gli stickmen o a tavole di The Order of the Stick e Cyanide and Happiness che hanno fatto degli omini-stecco il loro punto di forza. A volte anche queste battute sono miserrime, poco convincenti o volgari e scontate. La cosa che è sconcertante è che spesso siano proprio queste ad avere la maggiore visibilità in rete, come se agli italiani non interessi un prodotto di qualità. È lo stesso identico discorso dei cinepanettoni: tutti ne parliamo male ma a Natale le sale sono sempre piene. Essendo questi fumetti di scarsa qualità molto visibili in rete data la condivisione sui social network, accade che gli editori decidano di pubblicarli per la possibilità di ritorno economico data la quantità di lettori, mentre artisti talentuosi non riescono a uscire dai confini di alcune cerchie rischiando di essere travolti dai fumetti-spazzatura, con conseguente soffocamento di un autore virtuoso, il tutto per un pugno di euro.
La terza parte del tuo libro contiene sette interviste (a Stefano “Kaneda” Gargano, Giacomo Bevilacqua, Lucio Staiano, Matteo Freddi, Daw, Alberto Turturici e Roberto Recchioni); nell’ultima di queste interviste, Recchioni descrive la situazione attuale del fumetto in rete come “una grossa occasione persa“, evidenziando come solo alcuni (e pochi) autori abbiano veramente portato qualcosa di nuovo al mondo del fumetto. Secondo te, quanto della rete è stato fino a ora sfruttato?
Non posso che trovarmi tristemente d’accordo con Recchioni. Purtroppo si è sperimentato ben poco. Mentre all’estero, soprattutto negli Stati Uniti, la sperimentazione è stata fortissima, da noi il web non è un punto d’arrivo ma un punto di partenza: ognuno pubblica per riuscire a ricevere la famosa mail dall’editore, «ci piaci, ti pubblichiamo». Sarà per il fatto che in Italia chi guadagna col web è considerato un mezzo fannullone, sarà che il mercato del fumetto italiano è vecchio e obsoleto o sarà per colpa di noi autori, incapaci di slegarci da certe condizioni o anche dei lettori che guardano con disprezzo certe innovazioni. O molto probabilmente, di tutti questi fattori messi insieme.
Sì, al momento la rete è una grande occasione persa. Non sfruttata, non utilizzata neanche la minima parte del suo grande potenziale, che non riusciamo a vedere a causa delle restrizioni che noi autori ci autoimponiamo. In Italia gli autori che hanno dato una svolta e un apporto considerevole ai webcomics sono pochi e si contano sulle dita di una mano. Senza manco usarle tutte!
L’idea di usare il webcomic semplicemente come strumento economico per farsi conoscere per poi un giorno pubblicare su carta finisce dunque per divenire un limite, ingabbiando la realizzazione del webcomic in una serie di regole di cui si può e si dovrebbe fare a meno. Ma, ad oggi, esistono modelli alternativi che consentono agli autori di webcomic di guadagnare con il proprio lavoro digitale e continuare a operare in piena indipendenza?
Non direi solo economico, in quanto mezzo di comunicazione a costo zero e in quanto topico per l’economia della comunicazione. Per pubblicizzarsi e rendersi visibile è un grosso, enorme trampolino. Prendiamo una delle rivelazioni dell’anno: Sacro/Profano. È indubbio notare che, per quanto sia edito su internet, la serie non si sviluppa come una strip classica, cioè in orizzontale, né come un webcomic, in verticale. Tant’è che l’autrice stessa definisce la pubblicazione settimanale “pagina” e non striscia, da questo si comprende che l’autrice non realizza webcomics ma fa dei social la propria vetrina.
Anch’io per Advanced Nerds produco volumetti stampati, ma il volume in sé non è il mio obiettivo. Ovviamente, pubblicando on-line, e specialmente sui social network, punto a far
Ma il cerchio si chiude e il discorso ritorna sullo stesso punto: bisogna vendere e il miglior modo di piazzare un fumetto è stamparlo. Anche i più grandi web-autori producono libri. Dipende da come lo si realizza. C’è chi non fa altro che raccogliere il materiale già pubblicato sul web, chi disegna albi inediti, chi ne crea di ibridi e chi, invece, sfrutta la propria fama e firma per sperimentare nuovi prodotti.
I modi per poter guadagnare con i fumetti online esistono, ma non danno grossi margini di guadagno se non hai un editore alle spalle, per quanto ne sappia. Avendone uno puoi realizzare strip a pagamento da pubblicare on-line o “pubblicizzarti” in rete per vendere i volumi che realizzi. È un po’ più complesso se sei autoprodotto, cioè se realizzi e stampi tutto di tasca tua.
In media, penso che più di un Google Ad, per “monetizzare” le visualizzazioni e gli accessi alla pagina non si possa fare. Tuttalpiù c’è il merchandise, che permette di rientrare nelle spese durante le fiere o tramite la vendita on-line. Negli Stati Uniti, fuori dall’Italia in genere, si è soliti compiere donazioni in favore di autori e disegnatori, in pratica di coloro i quali realizzano i contenuti con i quali ti intrattieni e diverti. Parrebbe logico ricambiare facendone per quella attività svolta senza chiedere nulla in cambio, dove è il lettore a dare un valore fisico al lavoro dell’autore. Perché fuori dallo stivale il lavoro, in ogni sua forma va pagato. Qui, invece, fin quando pubblichi strip on-line gratuitamente va tutto bene.
Il problema è che il web in Italia rimane vetrina, non c’è nulla da fare: nella vetrina puoi vedere quant’è bello quel prodotto, ma devi entrare in negozio per acquistarlo.
Una strada sempre più praticata anche in Italia è il crowdfunding, cosa ne pensi?
C’ho provato a evitare l’ostacolo, ma mi hai beccato lo stesso. Penso che l’Italia non sia pronta per il crowdfunding. Ne venni a conoscenza un paio d’anni fa ed ero tentato di utilizzarlo per poter essere presente a Lucca, ma non me la sentii. Non ho fiducia negli italiani. Anche se, per quanto riguarda questa attività, tu doni in cambio di “regali” più o meno consistenti a seconda della somma che versi, la reazione – secondo me – è la medesima. Anche se il successo mietuto dai Mammaiuto fa ben sperare! Che qualcosa stia cambiando?
La rete e le modalità della telecomunicazione cambiano continuamente e con un ritmo frenetico, allo stesso modo tecnologie e supporti. Come tale cambiamento influisce sull’evoluzione dei webcomics?
Influisce sull’adattabilità del fumetto digitale. Fino a qualche anno fa, ad esempio, i webcomics erano composti da file molto leggeri, per consentire la lettura anche a chi non aveva ancora un collegamento ADSL. Così come, con l’avvento degli smartphone, la gabbia di un fumetto digitale si è adattato agli schermi dei dispositivi tascabili.
Il prodotto e la modalità di realizzazione rimane la medesima, è il formato finale e la sua destinazione d’uso che cambiano. In cento anni di storia il fumetto ci ha dimostrato di essere uno dei media più versatili ed evoluti: la sua capacità di adattamento lo rende fruibile su più medium, su più supporti, senza che il fumetto ne perda, in questo modo, di significato.
Proprio per questo, se me lo permetti, vorrei sottolineare a chi mi ha detto di aver scritto un libro che parla di tecnologie che in quanto tali possono diventare obsolete, che compio un discorso generico, rivolto all’adattabilità del prodotto realizzato e al supporto nel quale sarà fruito. Che è quello che ho ribadito poc’anzi. “Adattabilità” è uno dei concetti primordiali del webcomic: è proprio in base a questo principio che il fumetto si è fuso con l’informatica.
Credi che la rapidità di feedback e il rapporto diretto tra pubblico e autori sia un valore aggiunto ai webcomics? Come influisce secondo te sulla produzione?
È una delle qualità più preziose dei fumetti in rete, a mio avviso. Avere un riscontro diretto e avere la possibilità di interfacciarsi con i lettori in tempo reale e comprendere se una striscia incontra o meno i loro gusti è fondamentale per capire in che direzione si sta andando. D’altro canto, però, bisogna sapere fino a che punto è bene dare ascolto a certi commenti e in che misura essi debbano influire sul proprio lavoro. Del resto, ci sarà sicuramente qualche fan entusiasta che non farà commenti negativi, mentre ci saranno, allo stesso modo, disfattisti che faranno di tutto per distruggerti. Così come sarà presente il fan che vuole partecipare assolutamente al processo creativo dandoti “dritte e suggerimenti” per future tavole per il puro gusto di vantarsi con gli altri utenti.
I commenti dei fan sono utilissimi se si impara a leggerli e a comprenderne il significato, sono distruttivi se l’autore prende ognuno di questi come vangelo seguendo le opinioni di ogni singolo utente.
È accaduto che all’entusiasmo della rete non sia corrisposto altrettanto entusiasmo nelle edicole. Quanto il pubblico della rete è identificabile con quello delle edicole e quali caratteristiche li differenziano?
Nelle edicole c’è più eterogeneità di utenze, nel senso che si incrociano vari target. Trovi il nonno che prende un Tex per sé e il Topolino per il nipote, la ragazzina che acquista shojo, il ragazzo che prende fumetti americani e l’adulto che cerca graphic novel. Credo che certi flop siano causati da una cattiva gestione del passaggio dal digitale al cartaceo, da una scarsa conoscenza delle dinamiche crossmediali. Dobbiamo tener presente una cosa fondamentale: i lettori che utilizzano frequentemente i mezzi di comunicazione informatici, anche se in aumento, rimangono i giovani e i giovani adulti. Quindi possiamo dire che, in termini di età, è una fascia, questa, molto ristretta rispetto all’utente medio che varia dai 6 agli 80 anni. Il pubblico della rete è una parte di quello da edicola, con caratteristiche importantissime: sono abituati a linguaggi più dinamici, rapidi e moderni, sono lettori svezzati e informati.
Dovendo indicare ai nostri lettori qualche titolo di particolare importanza per la storia dei webcomic, quale citeresti?
Come autori italiani sicuramente eriadan, il suo è stato un apporto fondamentale. È stato colui il quale ha aperto le porte della rete ai fumettisti. Poi c’è Makkox, che ha portato il webcomic a livello autoriale; Bevilacqua, che ne ha fatto un brand con il suo A Panda Piace e Zerocalcare che ha preso il webcomic e lo ha reso popolare.
Tra gli “internazionali” c’è Argon Zark!, uno dei primissimi fumetti realizzato per la rete che parla della rete, PvP che ha inventato un genere ed è tra i più diffusi al mondo. Senza dimenticare i motion comics della Marvel e il periodo Zuda della DC Comics. In questo caso c’è da dire che in Italia, Diabolik è stato il primo fumetto “canonico” a digitalizzarsi.
Da non dimenticare l’esperienza di Dragon Ball AF: da uno scherzo in rete è nato, dopo anni, un’ulteriore saga dei personaggi di Toriyama che deve al web tutto il suo successo.
E poi mi permetto di fare la faccia da cultista oscuro e aggiungo anche Advanced Nerds. Non sarà una webstrip di importanza storica, ma è pur sempre mia figlia!
Come è nata la tua collaborazione con Primiceri Editore? Qual è stato il suo contributo al risultato finale?
La collaborazione è nata davanti ad una pizza fumante nei giorni del Comicon 2012. Mi ero da poco specializzato in Comunicazione e mi ritrovai a descrivere la mia tesi a Salvatore, il direttore editoriale della PE Primiceri Editore. Da lì nacque l’idea di mettere su carta alcune di quelle informazioni e raccontare quell’aspetto della storia dei fumetti che per molti non è ancora Storia. Reperire le informazioni e i dati, le date e i nomi si è rivelata un’impresa ardua, soprattutto cercare di stilare una lista completa di tutti gli autori e di tutti i titoli disponibili sul web (o comunque in digitale) dagli anni ‘80 ad oggi. Ciò è diventato più complicato quando ho cominciato a raccontare la storia dei webcomics in Italia. Fortunatamente ho potuto contare sulla memoria storica degli autori che ho intervistato. In questo passaggio è stato fondamentale l’aiuto di Salvatore, il quale mi ha aiutato a contattare alcuni dei colleghi che poi ho intervistato. Per il resto mi ha lasciato totale libertà di parola e azione, sia per la stesura dei testi che per l’impaginazione, accettando la mia idea degli approfondimenti in stile didascalie.
Quali sono i tuoi progetti futuri? In occasione del Comicon 2013, la casa editrice GG Studio ha annunciato la pubblicazione di un tuo fumetto, Violet: puoi dirci qualcosa a proposito?
Progetti per il futuro ne ho a pacchi, ma bisogna studiarne bene le possibilità. Di sicuro in cantiere c’è il seguito de Il Trono di Spam che, nonostante il ritardo, non è assolutamente sospeso.
Continuo a portare avanti il blogame Palle Verdi, il GDR che narro e al quale tutti sono invitati a giocare. In più sta nascendo una collaborazione con un noto sito di informazione nerdosa che… CENSORED.
Il resto è ancora tutto in divenire, non posso ancora rivelare nulla!
Per quanto riguarda Violet non posso che consigliarvi di rimanere sintonizzati perché arriveranno presto delle succulenti novità!
Si ringrazia Mario Lucio Falcone per la sua disponibilità
Intervista effettuata via email nel mese di ottobre 2013
Fra sette giorni non perdete la nuova puntata di Nella rete del fumetto, la rubrica de LoSpazioBianco tutta dedicata al mondo dei webcomic.
Potete seguire la rubrica anche sulla pagina facebook ad essa dedicata.
Prossimamente potrete leggere l’intervista a Lucio Staiano creatore e direttore di Shockdom