Quali sono state le motivazioni e gli obiettivi che l’hanno indotta a lasciare l’impresa per dedicarsi alla consulenza direzionale in Arthur Young e dopo in Arthur Young Management Consulting?Mi ero reso conto della difficoltà di rispondere alle crescenti difficoltà delle aziende con soluzioni informatiche e di reti, ancorché di estrema avanguardia. Sulla base delle esperienze maturate desideravo verificare la possibilità di offrire soluzioni più globali per ripensare l'azienda e realizzare significativi cambiamenti sulla base di nuove tecnologie.Nello stesso momento la Arthur Young era alla ricerca di una strada innovativa per la consulenza direzionale ed aveva adottato uno strumento d'avanguardia ma molto complesso, l'Information Engineering Workbench, dopo i successi ottenuti nella revisione del bilancio e nella consulenza fiscale.
Quando nel 1989 ha assunto la responsabilità di amministratore delegato di Arthur Young Management Consulting è stato avviato un programma di sviluppo della società. Può descriverci l’offerta di consulenza della società, scaturita da tale programma, le sue implicazioni con le tecnologie, i progetti ed i clienti dell’epoca? Dal 1986 la Arthur Young aveva iniziato una collaborazione con James Martin sugli affascinanti temi dell'information engineering. L'I.E. era basata sul concetto di effettuare una rapida attività di pianificazione strategica di una azienda e da qui una pianificazione dei sistemi informativi per potere realizzare i sistemi con una generazione automatica del codice di supporto. Attorno a tali concetti lanciai un ampio programma di consulenza direzionale che permise a molte grandi aziende di iniziare con successo questo difficile ma innovativo percorso.
Lei ha svolto la sua esperienza nella consulenza direzionale in società di consulenza prevalentemente tecnologiche (Arthur Young Management Consulting, Ernst & Young Consultant, Cap Gemini Ernst & Young). Può spiegare i contenuti dell’offerta di consulenza di queste società ed il ruolo strategico assunto dalla tecnologia dell’informazione (ERP) nella consulenza di direzione? Nel 1992 avvenne la grande fusione, a livello mondiale, che portò alla creazione della Ernst & Young Consultants, in Italia basata al 90% sulla consulenza direzionale di Arthur Young, circa 80 grandi professionisti. Fu un’occasione di ripensamento strategico della consulenza ed una verifica di quanto stava emergendo a livello mondiale. L'approccio dell'I.E. mostrava difficoltà attuative sui grandi volumi di generazione del codice, mentre ... gli E.R.P. facevano i primi passi come prodotti informatici. Perché non applicare un approccio da consulenza direzionale per definire un compatibile livello di cambiamento di un’azienda che volesse adottare un E.R.P. e quale E.R.P era più adatto a quella azienda? Non più sistemi informativi creati ad hoc ma "pacchetti" modulari che incorporavano modelli di aziende, grandi possibilità di parametrizzazione e limitate personalizzazione da parte di consulenti esperti di azienda. Quali gli obiettivi di massimo livello di cambiamento e come farlo vivere positivamente agli uomini di azienda? Una seconda rivoluzione, non solo tecnologica, che necessitava di essere interpretata da una consulenza di qualità ma concreta.
Nel mio ruolo indirizzai la Ernst & Young Consultants in questo enorme cambiamento di approccio, caratterizzato dalla volontà di offrire soluzioni concrete e rapide da realizzare nonostante la crescente complessità delle aziende. In un paio di anni era possibile definire la pianificazione strategica, ristrutturare i processi ( ipotizzati come approccio da Davenport nel 1993, ma senza strumenti realizzativi), costruire un sistema informativo personalizzato, traghettando le grandi aziende nel cambiamento dal vecchio al nuovo modo di operare!Fu un travolgente successo che portò la E & Y Consultants ad oltre 1000 consulenti nel 2000! E venne il momento di una nuova fusione fra due big della consulenza, paritetici come numeri, ma con due anime: la direzionale e dei processi e la tecnologica. Nacque un gruppo da oltre 70.000 professionisti nel mondo: la Cap Gemini Ernst & Young, quotata in borsa a Parigi, con nuove sfide da definire.
Ho letto “Innovazione dei processi” di T. H. Davenport e la sua prefazione. Quale ruolo ha svolto l’informazione tecnologica nell’innovazione dei processi nelle imprese italiane tramite le società in cui ha operato? Oggi tale approccio manageriale è ancora innovativo e conveniente per le società di consulenza? E’ ancora richiesto dalle imprese italiane? Non si rischia di dedicarsi a tale pratica consulenziale, tralasciando la strategia? Rapidamente a partire dal 1993 la maggior parte delle società di consulenza, ma anche società di informatica e costruttori di hardware definiti system integrator con modalità ed approcci molto diversi, fiutando il business, si sono gettati nel mercato degli E.R.P., troppo spesso con una preparazione non sufficiente. Per le aziende clienti non e' stato facile capire di chi fidarsi di fronte ad offerte formalmente analoghe ma con costi diversi e purtroppo non in grado di garantire un pieno successo dell'iniziativa. Scegliere un E.R.P. per sostituire il vecchio sistema informatico con uno nuovo, senza cogliere l'occasione per un radicale cambiamento od almeno una ragionevole innovazione dei processi, e' come scegliere una Ferrari, portandola come una utilitaria, su un vecchio percorso! Tale confusione oggi, nella lotta eccessiva alla tariffa più bassa applicata, persiste.Per una società di consulenza e' importante aiutare le aziende ad essere competitive in una sfida sempre più globale, individuando di volta in volta il migliore approccio! Di volta in volta può essere una nuova strategia, l'innovazione dei processi o il customer care. L' importante e' cambiare in fretta, assorbendo il trauma e riacquistare competitività!
L'introduzione dei sistemi E.R.P. è stata accompagnata da lamentele ed insoddisfazioni per l'effetto negativo sul cambiamento organizzativo rispetto agli alti costi sostenuti dalle imprese. Quali sono le cause di queste reazioni? Perché in alcuni casi non ha funzionato l'implementazione dei sistemi E.R.P.? Una buona società di consulenza nel lavoro di preparazione al progetto e' in grado di definire costi e benefici del progetto in funzione degli obiettivi, fornendo al top management un serio supporto alle decisioni.Adottare un E.R.P. per rinnovare i sistemi non giustifica da solo il costo, inoltre gli E.R.P. sono nati per le grandi aziende ed adattarli alle piccole per cogliere nuove fasce di mercato non è stato facile.Ma, a mio avviso, e' soprattutto il cambiamento che spaventa ognuno di noi ed una azienda e' formata da uomini ed il cambiamento organizzativo scuote tante piccole certezze ed equilibri difficili.Ci sono alcuni aspetti da non trascurare:A) una corretta definizione degli obiettivi, con una solida pianificazione ed una ragionevole innovazione dei processi; B) una corretta scelta degli E.R.P. in base alle caratteristiche dell'azienda; C) un eccellente programma di supporto al cambiamento dei ruoli con una completa condivisione e partecipazione del top management. Con la dovuta attenzione ai temi suddetti, ci possono essere difficoltà e/o ritardi da gestire in tempo reale ma non si arriva a cattivi progetti o al fallimento degli stessi. Se una buona società di consulenza ha saputo sensibilizzare il management sulle complessità del progetto, sui costi ma anche sui grandi benefici ottenibili ed il management gestisce le difficoltà lavorando a fianco delle società di consulenza quotidianamente, si sono sempre ottenuti eccellenti risultati.Sicuramente i produttori di E.R.P. per acquisire quote di mercato hanno lanciato programmi di certificazione dei partner, a vari livelli, attraverso semplici partecipazioni a corsi e senza svolgere un ruolo di controllo, con propria responsabilità, sulla corretta realizzazione dei progetti.
Molte società (PWC, Ernst & Young, KPMG), definite system integrator, hanno ceduto la consulenza di direzione a società informatiche. Tali avvenimenti sono dovuti alla crisi del settore della consulenza direzionale o al crollo o contenimento della domanda di tecnologie informatiche?Esiste prima di tutto un problema etico: una società di revisione non può controllare i " comportamenti" e fornire la cura ed i regolamenti, per quanto troppo spesso aggirati, lo dicono con chiarezza. D'altronde ci sono state di recente molte evidenze su scorrettezze compiute da società di revisione!Inoltre dal 2001, dopo gli anni di vacche grasse con euro ed anno 2000, e' iniziata una profonda crisi di mercato, che e' stata amplificata dalla borsa, per le aziende hi-tech ed e' poi passata alle società di consulenza ed informatiche.Il detto "grande e' bello" non sempre si può applicare con facilità ed una fusione di società (consulenza ed informatica hanno due anime ... forse complementari ma diverse!), in una condizione di turbolenza di mercato, presuppone una "visione" e "capacità manageriale". Nella mia carriera ho conosciuto molti consulenti bravissimi e tecnici eccellenti, ma ho trovato nelle aziende una maggiore capacità manageriale. Per mettere insieme due società in un momento di crisi non basta fare un nuovo organigramma, in un ragionevole compromesso con i precedenti ruoli!
Come vede oggi ed in prospettiva l’attività di consulenza di direzione in Italia? Ritengo che dopo le dolorose "cure" ed i "ridimensionamenti", chi gestisce queste società debba individuare una nuova offerta di servizi, condivisa all'interno ed allineata alle future esigenze di mercato, come d'altronde si e' sempre fatto: la consulenza può offrire solo i servizi del domani per essere competitiva e rendere più competitivi i clienti. Deve essere individuato un nuovo percorso con una visione ampia ma concreta che aiuti le aziende a migliorare e competere e vincere le prossime sfide, che il mercato globale porrà a ritmi sempre più accelerati.