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Intervista a Massimo Picozzi (criminologo)

Creato il 12 luglio 2011 da Yourpluscommunication


Intervista a Massimo Picozzi (criminologo)

Perché il crimine diventa mito?

Diciamo che facciamo di tutto perché il crimine non diventi mito. I personaggi che commettono i crimini in maniera sporadica sono dei miti. La maggior parte delle volte la realtà è che sono veramente delle persone misere e senza alcuna dignità. Questo tipo di personaggio non funzionerebbe e qualcosa intorno dobbiamo costruirgli, per cui, ecco arrivare il serial killer inafferrabile che gioca con gli investigatori.

Personalmente anche i serial killer che ho incontrato e periziato erano tutto meno che dei miti.

Da cosa nasce l’esigenza di andare in televisione e spiegare il suo lavoro alla gente che non ha competenza sul crimine?

Ritengo che si possa riuscire a spiegare, in termini semplici, cose che la gente, vorrebbe capire ed ha il diritto di capire. In fondo, quando un’indagine si risolve grazie a prove scientifiche (dna, intercettazioni telefoniche) mi sembra assolutamente possibile e giusto far comprendere. Non mi sembra assolutamente giusto, poi andare a rovistare nella vita privata, ad esempio delle vittime. Sono cose che non portano alcuna informazione in più. Non servono nè dramma, nè un delitto a portare avanti verso la conoscenza.

Intervista a Massimo Picozzi (criminologo)

Stando alle sue parole, Avetrana, necessitava, a livello di cronaca giornalistica, di un rilancio di notizie effettive: In questo, rientrano anche l’abbigliamento dei presunti colpevoli o la corda di zio Michele?

Bisogna tutto sommato capire se sia il bisogno di avere notizie riguarda chi guarda la televisione o la ascolta oppure se siano i media che propongono un modello. Questo è difficile. Secondo me c’è un “concorso di colpa” tra chi desidera sempre più notizie e chi le fornisce. Certamente il caso di Avetrana è unico perché sembra veramente un meccanismo a orologeria: ricordiamoci che la prima notizia era quella di una ragazzina scomparsa.

Abbiamo pensato a facebook, o che si fosse allontanata volontariamente. Poi ad un certo punto la mamma di Sara ha detto «guardate in famiglia». Ed inizialmente si pensava al padre di Sara. Poi si trovò quel telefonino che aveva una foto di una ragazzina. Si ipotizzò che il papà di Sarah avesse una figlia illegittima. Poi invece si scoprì che lui li comprava a stock perché spesso li perdeva. E poi ad un certo punto arriva Michele Misseri con le confessioni: prima è lui, poi è la figlia, poi è di nuovo lui.

Ed ancora gli avvocati intorno che creano una serie di aspettative. Il caso di Avetrana, francamente, ha più insito in se questo meccanismo delle rivelazioni che non nei media che vanno a cercare notizie dove non ci sono.

Intervista a Massimo Picozzi (criminologo)

Quindi i media strumentalizzano il criminale quanto il crimine i media e in particolare la tv?

E’ un gioco di specchi. In fin dei conti se Michele Misseri si trova compiaciuto davanti alle telecamere è un fatto che dipende anche da Michele Misseri e non semplicemente dal ruolo delle telecamere.

L’importante è poi che, in tutta questa vicenda, chi deve investigare (gli inquirenti, i poliziotti, i carabinieri) abbiano ben presente che devono fondare poi le loro accuse su delle prove certe e quindi magari quelle interviste televisive possono essere uno spunto, trovare qualcosa di interessante, ma le prove sono altro.

Intervista a Massimo Picozzi (criminologo)

“Il delitto imperfetto” rende tutti detective o serve per dare o creare un colpevole a tutti i costi?

Tutti questi delitti, corrispondono ad un meccanismo molto semplice. In ognuno di noi, c’è una parte oscura che, non ci fa piacere ma vogliamo comunque “maneggiarla” perché ci incuriosisce. Il modo migliore per farlo è proiettare all’esterno queste grandi storie ed appassionarci, convinti, poi, che queste storie a noi non ci toccheranno mai.

In questo meccanismo c’è la forza del giallo, dei grandi delitti che ci sono sempre stati perché se pensiamo ad esempio che durante la seconda guerra mondiale quando c’erano situazioni drammatiche, morti, bombardamenti ecc, le prime pagine dei giornali, parlavano di Leonarda Cianciulli, la saponificatrice di Correggio che, in fondo, di vittime ne ha fatto “soltanto” tre, i bombardamenti centinaia di migliaia.

La parte oscura, quindi, si esorcizza con la tv o i libri?

Senza fare un’analisi sociologica spicciola, è chiaro che viviamo in un mondo estremamente confuso e con riferimenti non precisi come un tempo. Quindi le paure aumentano e alcuni delitti sono assolutamente inspiegabili (penso ad esempio alla strage di Erba o ad alcune cose che avvengono per futili motivi) per cui vederli o raccontare, sviscerarli, farci una nostra idea…ipotizzare chi possa essere l’assassino corrisponde al grande bisogno di esorcizzare questa paura.

Intervista a Massimo Picozzi (criminologo)

Già che ha fatto riferimento al caso “Erba” non pensa che quest’ultimo abbia alcune lacune a livello giudiziario?

Beh questo secondo quello che dicono gli avvocati difensori dei due. Secondo quanto dice la Procura (di primo e secondo grado) e la Cassazione in realtà non c’è stato mai nessun dubbio. Primo, secondo grado e Cassazione, hanno dimostrato che le cose sono state fatte tecnicamente bene…Io sono stato il consulente di Rosa e Olindo nella prima fase del processo poi, ho lasciato perdere quando loro hanno ritrattato…per cui, preferirei astenermi dal dire ciò che penso perché comunque sono ancora legato al segreto professionale.

Una domanda più cattiva che impertinente: quanto paga il crimine?

Direi che assolutamente paga e se andiamo a finire nei crimini economici, paga decisamente bene. “Wall Street” di Oliver Stone con Michael Douglass, ha vinto l’oscar. L’anno scorso è stata fatta una riedizione sempre da Oliver Stone e le due cose non è che siano cambiate molto. Certamente, io sono sempre convinto che ne ha uccisi molti di più un crack finanziario o un manager disonesto che è andato in bancarotta che non un serial killer.

Intervista a Massimo Picozzi (criminologo)

Estremizzando: è possibile pensare che la gente uccide per andare in tv?

No. La maggior parte dei delitti che poi occupano le cronache, sono delitti di impeto dovuti a follia, passione…Ed è il motivo per cui qualche traccia la si lascia sempre. Ripensando a tutti gli assassini che ho raccontato, nessuno era Hannibal Lecter. Nessuno, cioè, aveva l’astuzia di ragionare come lui. Nessuno assomigliava all’Enigmista che si mette a giocare…ma per carità! La maggior parte dei crimini sono proprio legati a dissidi familiari, depressioni, perdite del lavoro, disperazione, depressioni post parto. Lì non c’è mai un’articolazione così complessa come nelle serie televisive o nei film.

Marina Angelo

Montaggio: Giovanni Mercadante


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