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Intervista a Massimo Rainer

Creato il 27 settembre 2011 da Paolo Franchini

Nome: Massimo
Cognome: Rainer
Ultimo lavoro: Chiamami buio

Intervista a Massimo RainerCaro Massimo, hai carta bianca: descriviti come preferisci.

Egocentrico, permaloso, vanitoso… Forse è meglio che mi fermi a questi tre aggettivi.

Chiamami buio è il tuo ultimo lavoro: ti va di parlarne un po’?

Mi sembra giusto premettere che non si tratta di un libro per tutti: è violento e disturbante, a tratti morboso. Quindi intrigante e divertente, almeno secondo la mia prospettiva. Sono davvero molto curioso di conoscere le reazioni del pubblico, anche se chi mi ha già letto in passato dovrebbe essere abbastanza preparato. Il protagonista, Buio, è un poliziotto che ha smarrito la via, perdendo ogni forma di ritegno e di rispetto per il suo ruolo di servitore dello Stato e, anzi, sfrutta la sua posizione per violare continuamente la Legge. Un antieroe a tutto tondo, totale. Mi piace definirlo il mio Cattivo Tenente, sperando che il paragone con lo splendido personaggio di Abel Ferrara non suoni blasfemo.

Quando hai iniziato a scrivere, sapevi già che – prima o poi – ti saresti imbattuto in un romanzo come questo?

Sapevo che era nelle mie corde, anche se la realizzazione di un progetto dipende da molte cose. Ma è un romanzo che ero fermamente intenzionato a realizzare. Ho lottato per questo libro, sarebbe stato molto più semplice usare uno stile più classico e affrontare tematiche e ambientazioni più rassicuranti. Non facevano per me e per il testo che avevo in mente.

Hai mai ballato sotto la pioggia?

Anche sotto la neve.

Esiste un libro che avresti voluto scrivere tu?

Parecchi. Mi siano concessi un titolo straniero e uno italiano: “L’impero dei lupi”, di Jean-Cristophe Grangè e la “Trilogia di Magdeburg“, di Alan D. Altieri.

Intervista a Massimo RainerLa tua canzone preferita è…?

Shine On You Crazy Diamond, dei Pink Floyd. Ho già dato disposizione perché venga suonata al mio funerale.

Che rapporto hai con la televisione?

Distratto, come lo è la televisione stessa.

E con il cinema?

Morboso. Tarantino, Scorsese, Cimino, Coppola, Ferrara… Curioso che i miei registi preferiti siano tutti italoamericani, adesso che ci penso.

Hai mai parlato al telefono per più di due ore?

Sono un avvocato, sono omologato per parlare giorni interi, al telefono o di persona, in pubblico o in privato.

Rossoitaliano[1]Ti piacciono i proverbi? Ne usi uno più spesso?

Apprezzo la saggezza popolare, quando non sfocia nel luogo comune. Direi che “Non c’è niente di certo, tranne la morte” è il mio preferito.

Hai tre righe per dire quello che vuoi a chi vuoi tu. Ti va di usarle?

Siate sempre voi stessi ma ascoltate chi ne sa più di voi. Fate come vi pare e ritenete giusto ma rispettando sempre gli altri.

Ti sei mai rapato i capelli a zero?

Una volta, parecchi anni fa.

Se potessi cambiare una cosa (ma una soltanto) del tuo ultimo lavoro, che cosa sceglieresti? Il titolo? L’immagine di copertina? Altro?

La data di pubblicazione; sono lentissimo, i tempi di stesura dei miei lavori sono infiniti. Rimedierò.

Intervista a Massimo RainerQuando scrivi, hai un lettore di riferimento oppure scrivi solo per te stesso?

Scrivo quello che mi diverte e che mi interessa; i lettori devono apprezzare la mia trasparenza, prima dello stile o degli intrecci. È una questione di onestà verso se stessi e verso gli altri.

Tra due ore si parte per un viaggio su Marte: scegli tre oggetti da portare con te e un aggettivo per descrivere l’umanità ai marziani.

Un buon libro, perché il viaggio è lungo. L’iPod, per lo stesso motivo.
Una scatola di preservativi, perché non voglio essere il responsabile della nascita di una nuova specie. L’aggettivo per descrivere l’umanità è incoerente.

La cosa che più ti annoia, quella che più ti diverte e quella che più non sopporti.

Mi annoia l’ignoranza. Mi diverte l’arguzia e non sopporto l’ipocrisia.

Stai già lavorando al tuo prossimo libro? Se sì, ci regali un’anticipazione?

Ci sto pensando, al momento. Nessuna anticipazione, ma sarà biblico.

Prima di salutarci, l’ultima domanda è tua. Chiediti quello che vuoi, ma ricorda anche di risponderti.

Perché scrivi?

Perché so farlo e ho qualcosa da dire. Ma soprattutto per vanità.


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