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Intervista a Matteo Fiorini - McGuffin Electric prima parte

Creato il 29 novembre 2011 da Empedocle70
Intervista a Matteo Fiorini - McGuffin Electric prima parte
1. La prima domanda è sempre quella classica: come è nato il tuo amore e interesse per la chitarra e con quali strumenti suoni o hai suonato?
Ho iniziato a suonare la chitarra da bambino, intorno ai nove anni, fondamentalmente perché lo trovavo uno strumento molto fisico, caratteristica che, ovviamente con chiavi di lettura diverse, mi ha portato a continuare a suonarlo finora. Suono altri cordofoni, quali banjo, ukulele e lapsteel guitar, che arricchiscono ulteriormente il campo espressivo d’azione possibile. Spesso mi capita di preparare i miei strumenti per riuscire ad entrare dentro le capacità timbriche della chitarra; Per la realizzazione del Guitar Improvisation Project, per esempio, la mia scelta è ricaduta su di una Teisco del 1964, praticamente una chitarra giocattolo, ma con un suono che adoro, e con una serie di caratteristiche che si prestano moltissimo all’improvvisazione.
2. Qual è il tuo background musicale e come mai hai scelto questa collaborazione con la netlabel AlchEmistica?
Ho iniziato suonando in alcuni gruppi, partendo dal rock, sempre contaminato, fino ad avvicinarmi al jazz o ad altri ibridi, realizzando ad esempio un audiolibro insieme a Monica Colella ed al collettivo Wu Ming. Ho avuto la fortuna di incontrare nella mia vita molti musicisti che sono poi diventati amici, che mi hanno sempre spinto ad osare, primo fra tutti Boris Savoldelli, un'incredibile cantante! E molti altri che mi continuano ad aiutare a lavorare al meglio su più svariati progetti. Questi incontri, sono stati sicuramente determinanti nel mio percorso musicale. Il progetto McGuffinElectric, attivo ormai da due anni, ha da subito manifestato la necessità di due direzioni diverse che non si escludessero tra loro, la prima più tradizionale, la seconda di stampo decisamente più sperimentale. La scelta di aderire a questo progetto con Alchemistica, nasce dal desiderio di dar voce a questa seconda direzione, molto importante, che è fondamentalmente il primo lavoro ufficiale di McGuffin Electric, inoltre trovo che il GIP sia un’iniziativa molto interessante in un momento come questo.
3. So che hai suonato e collaborato con musicisti del collettivo Improvvisatore Involontario, casa discografica da me molto apprezzata, come ti sei trovato a suonare con loro e in che contesto?
Mi sono trovato a suonare dal vivo con i musicisti del collettivo in due occasioni. L’anno scorso a Bologna e alcuni mesi fa a Torino, entrambe esperienze dal vivo. Apprezzo molto il loro lavoro e il loro concetto di etichetta, mi auguro che presto ci possano essere altre occasioni di collaborazione magari anche in ambito non live. Sono state due belle e soprattutto libere, suonate!
4. Quale significato ha l’improvvisazione nella sua ricerca musicale? Si può tornare a parlare di improvvisazione in un repertorio così codificato come quello classico o bisogna per forza uscirne e rivolgersi ad altri repertori, jazz, contemporanea, etc?
Credo che l'improvvisazione sia, o dovrebbe essere, una componente fondamentale per ogni tipo di linguaggio musicale, ovviamente codificata e ragionata in differenti schemi a secondo della situazione. Ovviamente, in un ambito come quello della musica classica l'improvvisazione è limitata ad alcuni autori e da alcuni “paletti” più rigidi, ma non credo sia un male; infatti, penso che se si vuole fare improvvisazione più libera bisogna muoversi verso altri linguaggi. Un dipinto di Pollock ed uno di Michelangelo sono entrambi opere di grandi artisti, ma dai linguaggi completamente differenti, che, se uniti, si trasformano in un'altra cosa. Che potrebbe essere l'equivalente della musica contemporanea. Detto questo, non è detto che laddove ci si esprima con generi che prevedono una componente fondamentalmente improvvisativa ci sia sempre un'ambiente pronto a tutto. I Jazzisti di maniera ci sono, e sono ancora, purtroppo molti; con questo non intendo che non ami il jazz più canonico, ma mi sembra anacronistico, nel jazz, chiudersi in certi modi.
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