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Intervista a Matteo Rigotti, terza parte

Creato il 07 aprile 2011 da Empedocle70
Intervista a Matteo Rigotti, terza parte
Oltre all’attività di concertista, lei si dedica anche alla composizione (ha studiato con Nicola Staffelini), in particolare per chitarra, vuole parlarci delle sue composizioni? So che recentemente è uscito il suo ultimo lavoro con le Edizioni Musicali Glissato “Dieci Miniature per Chitarra” …
Negli anni della formazione ho avuto la possibilità di studiare con il compositore Nicola Staffelini. La composizione mi è sempre piaciuta e proprio in questo periodo sto valutando di riprendere gli studi in modo più sistematico. Ritengo infatti, che lo studio di questa disciplina sia un elemento arricchente nella formazione di un musicista. Ho partecipato ad alcuni concorsi di composizione e dopo essere stato segnalato mi è stata proposta la pubblicazione dei miei lavori. Questo mi ha aperto nuove strade e nuove collaborazioni, fra cui l’ultima con le Edizioni Musicali Glissato con le quali ho pubblicato “Dieci Miniature per Chitarra”. Mentre le mie prime composizioni erano più di tipo sperimentale, questo lavoro ha uno scopo più didattico, in quanto ho cercato di ricreare in queste brevi miniature, sonorità diverse da quelle che si incontrano solitamente nei testi che si usano nei primi anni di studio.
A proposito di composizione per chitarra, Berlioz disse che comporre per chitarra classica era difficile perché per farlo bisognava essere innanzitutto chitarristi, questa frase è stata spesso usata come una giustificazione per l’esiguità del repertorio di chitarra classica rispetto ad altri strumenti come il pianoforte e il violino. Allo stesso tempo è stata sempre più “messa in crisi” dal crescente interesse che la chitarra (vuoi classica, acustica, elettrica, midi) riscuote nella musica contemporanea. Lei come compositore e chitarrista quanto ritiene che ci sia di veritiero ancora nella frase di Berlioz?
Io penso che l’affermazione di Berlioz sia vera ancora oggi. Sicuramente comporre per chitarra è particolare e richiede una conoscenza molto approfondita dello strumento. Credo, però, che vi sia stata una grande rivalutazione da parte dei compositori contemporanei dello strumento chitarra e che molti di essi, in collaborazione con chitarristi di fama mondiale, abbiano scritto capolavori (ad es. Nocturnal, Sequenza XI, Algo I e II) che hanno contribuito in modo fondamentale a costituire un repertorio di valore.
Qual è il ruolo dell’Errore nella sua visione musicale? Dove per errore intendo un procedimento erroneo, un’irregolarità nel normale funzionamento di un meccanismo, una discontinuità su una superficie altrimenti uniforme che può portare a nuovi sviluppi e inattese sorprese...
L’errore è sicuramente da mettere in conto. Ho sempre pensato, forse anche per giustificarmi con me stesso, che siamo umani e non delle macchine. Lo sbaglio, inteso come errore durante una performance, personalmente credo vada ripensato e analizzato a mente fredda, per cercare di capire i meccanismi che lo hanno generato e di conseguenza può essere utile per mettere in luce punti deboli che con lo studio possono diventare punti di forza.
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