Ma ora diamo il via alle domande:
1- Dopo "Il tempo infranto" e "Non voglio il silenzio" ti sei dedicato di nuovo a scrivere un thriller nel senso più stretto del termine. C'è un motivo particolare dietro questa scelta?
No, avevo questa storia in testa e l’ho scritta. E non credo che sia un thriller, forse può sembrarlo sintetizzando la trama. Ma non ne ha lo svolgimento classico, per certi versi non ne ha neppure la scrittura. Di certo avevo voglia di raccontare una storia più semplice, con meno personaggi e uno svolgimento più lineare. E di guardarmi intorno senza partire dal passato.
2- Ne "La puntualità del destino" torna Gabriele Riccardi. Senza svelare troppo per chi ancora non ha letto il libro, ci racconti un po' l' evoluzione del suo personaggio in questi sei anni di "assenza"?
Beh, alla fine del primo romanzo Gabriele è su una spiaggia, in attesa di una risposta. L’inizio di questa storia precisa quale risposta ha ricevuto allora. È molto cambiato, non solo perché non è più un poliziotto. Disprezza il mondo che lo circonda, lo considera superficiale, vuoto, inutile. Fa un lavoro a contatto con la gente, ma potrebbe dire che la maggior parte della popolazione mondiale è in qualche modo superflua o sopravvalutata. E una storia come La puntualità del destino è perfetta per il suo sguardo sulla realtà. Non per niente è nata con lui, fin dall’inizio.
Uno degli argomenti centrali del romanzo è l'attenzione, quasi morbosa, che certa gente riserva ai fatti di cronaca nera più eclatanti. Secondo te, quali sono le ragioni di questo interesse? E quanta responsabilità hanno i mezzi di comunicazione, se ne hanno?
Ne hanno nella misura in cui certa informazione ha deciso che l’etica e il rispetto non fa parte del lavoro di giornalista. E ne ha altrettanto il pubblico. La televisione è in larga parte legata al risultato commerciale, vincolato all’audience. E l’informazione del dolore tira. Non è meno colpevole chi la guarda con interesse, non è meno malato il circo di pubblico che monta le tende sotto casa delle famiglie, i pupazzetti, i cartelloni, le foto, le candele. I mezzi di comunicazione amplificano e il pubblico applaude. È comodo sentirsi innocenti, dall’altro lato della telecamera. Ma non lo siamo. Ah, in mezzo, ci sono le famiglie protagoniste. Quelle che la tragedia la vivono davvero e che la vivranno anche quando avremo smesso di interessarcene.
Gli abitanti di San Sebastiano, paese in cui si svolge la vicenda, individuano come "cattivo" un giovane immigrato e subito organizzano delle ronde per cercarlo e fargliela pagare. Anche questa è una storia che abbiamo già visto verificarsi nella realtà, purtroppo.
È la costante di una buona parte dei casi di cronaca degli ultimi anni che hanno scatenato la curiosità di tutti. Un’altra costante è che l’immigrato di turno è innocente.
Ho trovato molte intense, dal punto di vista emotivo, le pagine che raccontano i pensieri, le paure e le speranze dei coniugi Scaroni dopo la scomparsa della figlia. Hai deciso di scrivere quei capitoli secondo il loro punto di vista proprio per dare più risalto alle loro emozioni? Il romanzo è nato da quelle pagine. Le lettere dei genitori a Alessia sono la prima cosa che ho scritto. volevo un altro punto di vista. Cosa succede a una famiglia che vive una vicenda così? Cosa succede quando diventi la prima notizia del telegiornale? Quando bivaccano davanti a casa tua? Quando devi difenderti dal mondo e sopportare che tua figlia sia scomparsa senza lasciare traccia, senza che tu possa fare niente? Come sopravvivi ai sensi di colpa, motivati o no? Cosa resta, dopo, quando tutto finisce e resti solo? Cosa resta di una famiglia, di una coppia? Ecco, per trovare una mezza risposta serviva il punto di vista dentro l’assedio.
Hai detto che tieni molto a questo romanzo. Perchè?
Perché è diverso da tutto quello che ho scritto. è una storia abbastanza breve, scritta in maniera diversa, che parte dal genere e va da un’altra parte. Un romanzo personale, in fondo la storia di tre coppie, di tre modi di vivere. E un romanzo che cerca di raccontare una realtà malata. Quella che vedo e che non mi piace.
Stai per iniziare il tour delle presentazioni. Come ti trovi a contatto diretto con i tuoi lettori?
Adoro le presentazioni. Chi scrive non ha mai il contatto diretto con la gente. Per questo sui romanzi ci sono i miei recapiti online e vado ovunque si possa per presentare il romanzo.
Hai già abbozzato delle idee per il nuovo libro o è ancora presto?
Ne ho cinque… Forse so anche quella che scriverò. Ma non è quella che ti aspetti.
Ultima domanda: ci indichi un brano musicale con il quale accompagnare la lettura di questa intervista?
Di sicuro i tre che sono citati all’inizio, Cosa conta degli Ustmamò, Fragole infinite di Alberto Fortis e Radio Nowhere di Springsteen. Poi, credo che si possa leggere il romanzo ascoltando le variazioni Goldberg. Se esegue Glenn Gould è meglio.
Grazie Patrick, alla prossima.
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