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Intervista a Piero Conz

Creato il 27 ottobre 2015 da Paolo Franchini

Nome: Piero
Cognome: Conz
Ultimo lavoro: Guerriero

Ti va di raccontarci il tuo ultimo lavoro?

Con questo mio romanzo ho cercato di dire che è possibile, e può accadere tutti i giorni, di trovarsi in situazioni diverse da quelle che ci si aspetta debbano avvenire secondo una logica consequenziale. Ma, cosa c’ é di più straordinario di saper cogliere l’ attimo che tocca fuggevolmente come un soffio di vento, quello che fa sognare ad occhi aperti, saperlo gestire e su di esso costruire una nuova vita? Non serve una sfera di cristallo per scoprire i segreti del tempo ma la pazienza di trovare nel profondo dell’ anima la porta dei sogni. Allora si potrà scoprire che c’ é sempre tempo per cambiare la rotta del proprio destino. Allora si potrà gustare la dolcezza dello spirito libero come fosse corsa di cavalli dai garretti sottili e dalle lunghe criniere.

Quando hai iniziato a scrivere, sapevi già che – prima o poi – ti saresti imbattuto in un romanzo come questo?

Tante volte ho desiderato di trasmettere a chi mai mi avesse letto il mio amore per il cavallo, un animale dalla bellezza incredibile. Si perde nella memoria dei secoli la necessità dell’ uomo di voler stabilire con il cavallo un rapporto fatto coincidere sulla comprensione della sua natura e del suo carattere. Ma se l’ uomo ha poco studiato e male interpreta le facoltà interiori del suo cavallo, é forse il cavallo che meglio conosce la psiche dell’ uomo, ne interpreta la parola e il significato di alcuni suoni musicali, interpreta le punizioni e le carezze e i più leggeri movimenti della mano di chi lo governa e lo conduce. E’ forse possibile che il cavallo ami l’ uomo più di quanto l’ uomo ami questo straordinario animale.

Intervista a Piero ConzHai mai ballato sotto la pioggia?

Forse una volta poco meno di ventenne convinto di fare un che di originale per conquistare una ragazza.

Esiste un libro che avresti voluto scrivere tu?

“L’ uomo che sussurrava ai cavalli” di Nicholas Evans nel quale per certi versi riconosco un lontano parente che mi insegnò ad amare i cavalli.

La tua canzone preferita è…?

“Le plat pays” di Jacques Brel: una canzone che ancora oggi suono e canto e che mi piace tanto forse perché in quella melodia e in quei versi la sua voce apre un sottile passaggio nella parte più fragile che è dentro di me, quella nascosta in qualche recondito anfratto del mio cuore… e ancora oggi non so il perché.

Che rapporto hai con la televisione?

Non proprio idilliaco; seguo più volentieri i documentari di storia e qualche programma di attualità.

E con il cinema?

Sono un cultore dei western americani (da Ford con “Ombre rosse” a Silverstein con “Un uomo chiamato cavallo”, a Nelson con “Soldato blu”, tanto per fare degli esempi) e da sempre sono dalla parte degli indiani.

Hai mai parlato al telefono per più di due ore?

No, credo proprio di no.

Ti piacciono i proverbi? Ne usi uno più spesso?

Non ho un particolare interesse per i proverbi ma in qualche occasione ne dico alcuni molto coloriti in dialetto veneto

Hai tre righe per dire quello che vuoi a chi vuoi tu. Ti va di usarle?

Agli amici e a chi mi sta vicino vorrei ricordare che all’ alba quando ritorna la luce del giorno c’ è sempre qualche cosa da perdere e sempre qualche cosa da custodire e che c’ è sempre nel profondo dell’ anima un frammento di infinito che se cercato e trovato dà la meraviglia del domani ancora.

Ti sei mai rapato i capelli a zero?

Mai e poi mai: mi sentirei menomato.

Se potessi cambiare una cosa (ma una soltanto) del tuo ultimo lavoro, che cosa sceglieresti? Il titolo? L’immagine di copertina? Altro?

Oggi non cambierei nulla: tante volte ho scritto e riscritto il mio romanzo: alla fine ho fatto la scelta definitiva sia dello scritto sia dell’ immagine di copertina… E ne sono sodisfatto.

Quando scrivi, hai un lettore di riferimento oppure scrivi solo per te stesso?

Scrivo sostanzialmente per me stesso nell’ intento di volermi mettere in discussione e allo stesso tempo sperando di poter trasmettere a chi mi legge le mie emozioni.

Tra due ore si parte per un viaggio su Marte: scegli tre oggetti da portare con te e un aggettivo per descrivere l’umanità ai marziani.

La foto dei miei figli, un album da disegno e un cappello. L’aggettivo? Ospitale.

La cosa che più ti annoia, quella che più ti diverte e quella che più non sopporti.

La montagna mi deprime. La musica mi rallegra, la volgarità mi irrita.

Stai già lavorando al tuo prossimo libro? Se sì, ci regali un’anticipazione?

“Tutta mia la città”: dai sogni di bambino, attraverso le chimere della giovane età fino alla dolce malinconia dell’ età adulta vorrei esprimere la voglia di ricordare e allo stesso tempo di manifestare la sensazione di non essere mai stanco del desiderio del domani. Ricordare fa provare il piacere dell’ esistenza e non importa quale sia il ricordo perché rimane sempre fantastico riconoscere la propria vita e poterla passare in rassegna come pagine di un album di fotografie dove alcune, sbiadite, sono le più care e altre più lucenti sono quelle che lasciano un che di amaro in bocca.

Prima di salutarci, l’ultima domanda è tua. Chiediti quello che vuoi, ma ricorda anche di risponderti.

Cosa desideri per quando sarai vecchio?

Avere ancora il piacere di camminare con la mia compagna la mano nella mano.

Laureato in Medicina, Piero Conz ha svolto l’attività professionale in ambiente ospedaliero, dove ha conseguito importanti riconoscimenti sia di carriera, sia di attività scientifica e di ricerca. Lasciata la professione medica come primario ospedaliero, ha istintivamente dedicato le proprie attenzioni e i suoi interessi alle antiche passioni della creatività. Il suo tempo pieno é dedicato a comporre poesie e racconti, alla pittura e alla musica, nell’intento di esprimere con i versi, con i colori e con il suono il suo crescente e pressante desiderio di ricerca di verità.


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