Nome: Sara
Cognome: Bilotti
Ultimo lavoro: Nella Carne
Ciao Sara, il divano di VareseNoir è tuo. Mettiti comoda. E togli pure le scarpe, se vuoi.
Grazie. Posso allungare i piedi sul tavolino?
Altroché, fai pure.
Perfetto.
Hai carta bianca: descriviti come preferisci.
Ho un Super Io mostruoso che mi impedisce di riconoscere i pregi. Sono sempre alla ricerca di qualcosa che mi faccia migliorare e sono il giudice più severo di me stessa. Con gli altri, invece, sono tollerante e generosa.
Ti va di raccontarci il tuo ultimo lavoro?
Nella Carne è una raccolta di dodici racconti, in cui nulla è ciò che sembra. Racconto il disincanto improvviso grazie al quale ho realizzato che le persone recitano, costantemente, pur di negarsi le realtà più dolorose. Ma la verità viene sempre a galla, e spero che sia sorprendente.
Quando hai iniziato a scrivere, sapevi già che – prima o poi – ti saresti imbattuta in un lavoro come questo?
No. Prima di tutto perché ho iniziato a scrivere a nove anni, convinta che fosse un bisogno fisico e quindi con assoluta inconsapevolezza. E poi perché le motivazioni che mi hanno spinto a scrivere questi racconti sono nate da una scoperta recente, quella di cui ho parlato nella risposta precedente.
Hai mai ballato sotto la pioggia?
Sì, e anche cantato. Sono stata educata in modo molto rigido, e solo recentemente ho imparato a usare un tono di voce un po’ più alto. Quel giorno, sotto la pioggia, ho ballato e cantato a squarciagola per la prima volta. E’ stato liberatorio, ma non semplice: un’amica mi ha aiutata.
Esiste un libro che avresti voluto scrivere tu?
Sì: Dio di Illusioni, di Donna Tartt. Un bellissimo thriller, che contiene temi a me molto cari: la possibilità di cambiare la realtà attraverso la condivisione degli ideali e la Bellezza che non consola, ma scuote le coscienze.
La tua canzone preferita è…?
ParanoidAndroid, dei Radiohead. L’Alienazione che diventa Arte, usando registri espressivi mai banali, note sorprendenti e cambi di ritmo improvvisi. Mi piace essere stupita, anche dalla musica.
Che rapporto hai con la televisione?
Ho praticato l’eutanasia al mio televisore, ormai da due anni. Non ha niente più da dirmi.
E con il cinema?
Il cinema d’Autore è Arte, tanto quanto la pittura, la letteratura, la musica… Si può imparare molto, da un’opera d’arte. Molto più che da un sermone o da una lezione all’Università.
Hai mai parlato al telefono per più di due ore?
Sì, mio malgrado. Un amico aveva bisogno di parlare, dopo mesi di silenzio.
Ti piacciono i proverbi? Ne usi uno più spesso?
No. Li trovo irritanti, perché mi ricordano quanto io sia lontana dal sentire popolare. Sarebbe confortante riconoscersi nella saggezza dei proverbi, e invece non mi succede quasi mai.
Hai tre righe per dire quello che vuoi a chi vuoi tu. Ti va di usarle?
Vorrei dire a mio padre che da ragazzina ho letto tutti i libri che lui nascondeva in alto, nella libreria. Che forse li ho letti quando ero ancora troppo piccola per capire, ma che mi hanno insegnato tanto. E che leggerli di nascosto, su una scala, è stato bellissimo.
Ti sei mai rapata i capelli a zero?
No, mai. La mia chioma lunghissima mi dà sicurezza.
Se potessi cambiare una cosa (ma una soltanto) del tuo ultimo lavoro, che cosa sceglieresti? Il titolo? L’immagine di copertina? Altro?
Aggiungerei un centinaio di pagine di ringraziamenti. Per una ragione che ancora non comprendo bene, tanti scrittori e tanti lettori mi hanno aiutata, sostenuta, consigliata, per tutto il percorso della stesura. Dovrei scrivere un libro a parte, per ringraziarli tutti.
Quando scrivi, hai un lettore di riferimento oppure scrivi solo per te stessa?
Quando scrivo, non lo faccio neanche per me stessa. E’ un bisogno che nasce a prescindere da me e dai lettori. E’ come se i personaggi fossero stipati in un magazzino stretto e all’improvviso riuscissero a buttare giù una porta. Finalmente liberi, non mi danno pace finché non scrivo la loro storia.
Tra due ore si parte per un viaggio su Marte: scegli tre oggetti da portare con te e un aggettivo per descrivere l’umanità ai marziani.
Un libro, un foglio e una penna. Sull’aggettivo ho qualche difficoltà. L’umanità è complessa, dovrei usarne tanti. Probabilmente direi: incosciente.
La cosa che più ti annoia, quella che più ti diverte e quella che più non sopporti.
Mi annoiano le relazioni di circostanza.
La cosa che mi diverte di più è scrivere, anche se ci sono momenti in cui scopro troppo di me e ho paura.
Sono assolutamente intollerante nei confronti del razzismo: dalla diversità possono nascere solo cose belle. Rifiutare il diverso è ridicolo e preclude un sacco di esperienze sorprendenti.
Stai già lavorando al tuo prossimo libro? Se sì, ci regali un’anticipazione?
Scrivo da tanti anni, e ho molto materiale su cui lavorare. Sarà un lavoro duro, perché quando si scrive senza pensare a un’eventuale pubblicazione non si curano molto i dettagli. Dovrò dare una giusta cornice a tutte le mie parole, un’ambientazione e una trama coerente. Una bella sfida.
Prima di salutarci, l’ultima domanda è tua. Chiediti quello che vuoi, ma ricorda anche di risponderti.
Riuscirò mai a considerarmi una Scrittrice Vera?
Dovrei solo perdere la memoria, e dimenticare tutti i capolavori che ho stretto tra le mani, in trent’anni di lettura feroce e appassionata.