Nome: Sarah
Cognome: Sajetti
Ultimo lavoro: Storie di streghe e di delitti
Hai carta bianca: descriviti come preferisci.
Mi dicono che trasmetto l’immagine di una persona equilibrata e sicura di sé, ma in realtà mi sento tutto fuorché stabile: alterno momenti di grande autostima ad altri in cui non sono soddisfatta di niente, periodi di entusiasmo ad altri di fiacca totale, oggi faccio il pagliaccio e domani sono serissima. Allo stesso modo sono scissa sul lavoro, tanto che dallo stalliere alla giornalista ho fatto di tutto. Ho il cervello sempre in ebollizione, partorisco un’idea nuova ogni cinque minuti, poi la metà muore lì. Sull’altra metà però ho una tenacia quasi autolesionista, possono passare anni ma se ho deciso di fare qualcosa prima o poi ci riesco.
Ti va di raccontarci il tuo ultimo lavoro?
I protagonisti sono quelli del mio romanzo precedente, Volevo solo un biglietto del tram: Chiara, ex lesbica militante, la sua fidanzata Alessandra, commissaria di polizia, l’amica Simona, accompagnati da altri personaggi, tra cui Piero Mezzano, carabiniere da operetta. Quando una serie di incidenti mortali scombussola la vita del piccolo paese delle colline monferrine dove Chiara è scappata in cerca di serenità, la nostra si ritrova suo malgrado coinvolta nelle indagini, che si dipanano tra segreti e storie dimenticate, paure ancestrali, vecchi e nuovi tradimenti.
Quando hai iniziato a scrivere, sapevi già che – prima o poi – ti saresti imbattuta in un romanzo come questo?
Assolutamente no. Ho iniziato a scrivere per caso e si può dire che continuo a scrivere per caso: rispondo a uno stimolo esterno, che inizia a martellarmi in testa e prende sempre una forma inaspettata. I delitti sono l’esasperazione di situazioni di conflitto nelle quali mi imbatto e visto che non sono in grado di leggere il futuro, non sono in grado di sapere cosa mi colpirà e quindi in che modo lo elaborerò.
Hai mai ballato sotto la pioggia?
Ballato mai, camminato molto.
Esiste un libro che avresti voluto scrivere tu?
È come chiedermi se vorrei essere diversa da quello che sono. A volte sì, ma la maggior parte delle volte no. Potrei scrivere meglio, ma scriverei sempre e comunque solo i libri miei.
La tua canzone preferita è…?
Come i libri, i film e le opere d’arte, anche la musica risponde a esigenze diverse che appartengono a momenti diversi, quindi non c’è una canzone preferita, ce ne sono molte. Ma visto che i miei gusti musicali sono assai poco condivisibili, mi guardo bene dal dirti quali…
Che rapporto hai con la televisione?
Non ho neppure il decoder, la uso solo per vedere film e qualche fiction, come “Dexter” e “Fringe”.
E con il cinema?
Amo moltissimo il cinema, dalle vecchie commedie americane passando per il cinema italiano degli anni Settanta e il cinema francese, fino ai più trash film d’azione. Sono quasi onnivora, anche se poi non mi piace tutto quello che vedo. Ma non ho memoria, a parte rare eccezioni non mi chiedere niente di quell’attore o di quel regista senza citare la trama del film… Il mio sogno nel cassetto è proprio scrivere una sceneggiatura cinematografica, ma fin’ora non è ancora arrivata l’idea giusta.
Hai mai parlato al telefono per più di due ore?
Non credo. Passo molto tempo al telefono con amiche che non riesco a vedere quanto vorrei, ma a due ore non penso di essere mai arrivata.
Ti piacciono i proverbi? Ne usi uno più spesso?
Mio nonno era siciliano e usava moltissimi proverbi in dialetto, che mi piacevano molto, ma io non ne uso. Quando lo faccio solitamente è per sottolineare ironicamente qualche luogo comune.
Hai tre righe per dire quello che vuoi a chi vuoi tu. Ti va di usarle?
No, rischierei di parlare del governo ladro, delle stagioni che non sono più le stesse e del prezzo del pane che è aumentato ancora. Di John Maynard Keynes, delle sue teorie economiche e del suo libricino Possibilità economiche per i nostri nipoti, uscito per la prima volta nel 1930, nel pieno della Grande Depressione.
Ti sei mai rapata i capelli a zero?
Sì, e li ho anche tinti di rosso, di verde, decolorati in tutte le cinquanta sfumature di arancione possibili, fino al biondo platino. Tanto poi ricrescono, per noi donne è quasi una certezza.
Se potessi cambiare una cosa (ma una soltanto) del tuo ultimo lavoro, che cosa sceglieresti? Il titolo? L’immagine di copertina? Altro?
Non saprei, davvero. Per il momento sono soddisfatta così, magari tra un anno potrei rispondere in un altro modo.
Quando scrivi, hai un lettore di riferimento oppure scrivi solo per te stessa?
Ci sono dei momenti in cui scrivo come sotto trance, in quei momenti lì non scrivo né per me né per gli altri, ma solo perché c’è una storia che preme per uscire, indipendentemente dalla mia volontà. Nei momenti di passaggio o durante le revisioni invece scrivo per me, sono io la prima a cui deve piacere quello che faccio.
Tra due ore si parte per un viaggio su Marte: scegli tre oggetti da portare con te e un aggettivo per descrivere l’umanità ai marziani.
L’iPad, senza nessun dubbio, perché con quello posso fare tutto. Lo spazzolino da denti. Una grossa busta di tabacco con le cartine. Sono quattro, vale lo stesso? Per descrivere l’umanità userei l’aggettivo “confusa”.
La cosa che più ti annoia, quella che più ti diverte e quella che più non sopporti.
La superficialità, anche la mia, mi annoia. L’ottusità è la cosa che davvero non sopporto. Dire cosa mi diverte è più difficile, perché ci sono molte cose diverse: se devo sceglierne una forse il sarcasmo, purché utilizzato senza cattiveria.
Stai già lavorando al tuo prossimo libro? Se sì, ci regali un’anticipazione?
Sto lavorando a qualcosa di completamente diverso dalla serie di Chiara e anche dal prossimo libro, che uscirà a maggio ed è una raccolta di racconti noir, legati da un filo conduttore. Per il momento posso solo dire che si tratta di un romanzo corale, in cui utilizzo il giallo per raccontare di una generazione che cerca la sua strada in un mondo che non offre più certezze. Detto così però temo che non suoni particolarmente originale.
Prima di salutarci, l’ultima domanda è tua. Chiediti quello che vuoi, ma ricorda anche di risponderti.
“Con tutti i libri che ci sono in giro, perché pensi che qualcuno dovrebbe leggere proprio il tuo?”
“Perché penso che sia divertente, perché racconta l’idealizzato mondo contadino in un modo un po’ più disincantato di quanto accada normalmente e poi perché di romanzi con protagonisti omosessuali scritti da una donna omosessuale non ce ne sono molti. So che questo, invece che incentivare, potrebbe disincentivare l’acquisto, ma credo che i tempi siano maturi perché le culture si mescolino, gli eterosessuali inizino a leggere storie in cui i legami sentimentali ed erotici sono tra persone dello stesso sesso e si rendano conto che è possibile immedesimarsi comunque. Considero Storie di streghe e di delitti, così come il precedente Volevo solo un biglietto del tram, il primo passo verso la conoscenza di un mondo ancora troppo poco visibile”.