Intervista a Serafino Murri.

Creato il 11 luglio 2010 da Daniele7

Mad Dopa, Serafino Murri e Inoki

Intervista esclusiva a Serafino Murri, critico cinematografico, scrittore e regista.

Riguardo ai tuoi ultimi lavori, ti sei cimentato anche come regista di videoclip musicali: “Pugni in faccia” (Inoki & Mad Dopa), e “Bisogno d’Amore”, primo singolo estratto dal nuovo album del Sud Sound System “Ultimamente”. Intanto complimenti. Poi una mia considerazione personale: finalmente la discografia si è accorta che non esistono soltanto Gaetano Morbioli e Cosimo Alemà, che hanno per anni monopolizzato il mercato dei videoclip in Italia. Ci sono anche altri talenti. O no?

Credo che i sotto-mondi dell’immagine in movimento, come quello del video musicale, quando escono fuori dal respiro undeground e diventano main-stream puramente commerciale e “specialismo” (ci sono registi che girano solo videoclip, dunque impiegati di concetto del rapporto tra musica e immagini), vadano a impantanarsi in un gergo che porta a ripetere ossessivamente gli stessi cliché narrativi, fotografici, mimici, in una specie di travaso continuo di stilemi e schemi rubacchiati qua e là. Il mondo del video musicale ha i suoi geni assoluti (Chris Cunnigham, Gondry, Spike Jonze, Jonas Akerlund, solo per citarne alcuni), ma non è un caso che non siano degli “specialisti”: la loro genialità nel linguaggio breve non è uno schema, è una modalità espressiva matura ed eclettica. Questo su un piano estetico più generale. In particolare, in Italia, ci sono bravi e celebrati artigiani del genere, che fanno miracoli con budget sempre più ridicoli messi a disposizioni dalle major, quindi parliamo di un panorama necessariamente ristretto, che non offre ai registi molte possibilità espressive. Nel mio caso, sono solo “prestato”, nel senso che non è mai stata mia intenzione fare il videoclip-maker, e ho collaborato con musicisti con cui ci sono progetti cinematografici più grandi. Quasi un terreno di prova per le cose che verranno. Certo è che la “discografia”, le smunte major discografiche italiane, non si accorgono di un bel niente, prendono quello che c’è e cercano di andare sul sicuro, in un mercato musicale inesistente e audiovisivo sempre più povero di finanziamenti, e di conseguenza di idee.

Sei stato tra gli ideatori e registi del film “Feisbum”, sul fenomeno dei social network (anche noi siamo fb-amici, lo possiamo dire, ma qual è la vera forza di Facebook e quali invece sono i limiti? Cosa pensi di questo nuovo modo di comunicare. Per i teenagers di oggi i messaggi in bacheca su Facebook stanno sostituendo quelli da cellulare. E’ pericoloso?

Considero il Social Network, come tutto il Web 2.0 una grande occasione di ricostruzione del tessuto connettivo, un contenitore di scambio di idee che rimette in circolo quell’energia del confronto con gli altri che un tempo, negli anni Sessanta, era generata dal mito della Strada e della Piazza, dove si andava per esperire, e senza uno scopo preciso. Ho anche l’impressione che la Rete attualmente, come il cervello umano, sia sfruttata al 10% delle sue possibilità: è una bomba innescata, ma controllata dal caos pilotato per cui una singola idea potenzialmente fertile scompare nel coro di mille passatempi ludici. I limiti di Facebook sono gli stessi dell’editoria giornalistica, immenso letamaio di parte, espressione di cordate politico-finanziarie che danno versioni ridicole dei fatti, dove c’è un 90% di opinione manipolatoria, e qualche traccia dell’accaduto: il sostituire la memoria con l’update, il dovere in continuazione pattinare sulla superficie delle cose, e dimenticare quanto sia necessario andare in profondità. Non è un caso che i commenti su facebook siano spesso linkati a notizie prese dai giornali, roba da allocchi che mettono il cuore in qualcosa di artefatto all’origine, finendo per sfogare la propria rabbia parlando delle cose di cui la cultura dominante vuole che si parli. E’ il motivo per cui nessuno ha intenzione di limitare seriamente la Rete: molti nemici, molto onore, valeva per Mussolini quanto vale per Berlusconi, il più citato dagli italiani. Diciamo che perché la Rete cominci a produrre coscienza, ci vorrà ancora un po’ di tempo, l’estemporaneità non paga, il tempo è la materia prima dei cambiamenti reali. Ma in complesso Facebook è un fenomeno positivo, se non altro perché oltre a funzionare da proiezione condivisa dei desideri di essere (l’immagine avatar), in un mélange voyeurista-esibizionista, porta comunque ad entrare in contatto con esseri umani e realtà non filtrate dall’onnipresenza verticale del mainstream comunicativo. I teenager usano Facebook molto meglio dei loro genitori. Lo usano con disincanto, spesso, e per comprendere il mondo, non diversamente da Wikipedia. L’unica cosa pericolosa, lo ripeto, è la vertigine della novità che porta a svuotare di importanza le cose importanti che circolano in Rete, nelle quali c’è tutta la forza potenziale di quella che Manuel Castells chiama “Auto-comunicazione di massa”: l’essere artefici della propria versione del mondo, e condividerla.

E’ morto Pietro Taricone. Io non lo conoscevo, ma al di là di quello che diceva la tv sui reduci da reality show, mi è sempre sembrato un ragazzo buono, genuino e generoso. Lo voglio ricordare così. Tu lo conoscevi?

Ho conosciuto Pietro Taricone, che era tra gli attori di Feisbum, a Milano, una sera. Posso condividere il tuo ritratto, è stata la mia stessa impressione, quella di un uomo innocuo, mai cattivo, supponente o bifido come gli show-pepole, una persona rimasta semplice. Ma odio con tutto me stesso la pletora di coccodrilli più o meno famosi sul “guerriero” che hanno inondato per qualche dollaro in più l’editoria italiana per giorni interi, analizzando la vita e le opere di una persona che ha sempre rifuggito le etichette-simbolo che gli appioppavano addosso, dal palestrato al guerriero. Confondere il personaggio pubblico con la sua vita privata è una cosa che trovo oscena, un’altra bieca cartina di tornasole della Società dello Spettacolo che fa sciacallaggio delle morti altrui per apparire.

La canzone dei Sud Sound System dice: “Tutti hanno bisogno d’amore, anche tu”. L’amore può cambiare anche la testa calda di uno come Antonio Cassano, tanto per fare una citazione calcistica, e il caso vuole che sia anche pugliese, tu cosa ne pensi?

Penso che Cassano si è preso una bella rivincita sulle scelte inopinate di Lippi. Che sia un campione, è fuori di dubbio. Cassano si è sposato mentre l’Italia veniva squalificata agli ottavi di finale. Una bella rivincita dell’amore sulla fuffa giornalistica e gli opportunismi societari del calcio, no? Comunque, il branodei Sud parla dell’amore come gesto, anche minimo, che occorre per cambiare il mondo. Quel minimo di abnegazione senza la quale ogni cosa diventa un muro di solitudine. E credo che in questo senso, colga un nodo centrale del nostro tempo fatto di ipertrofici autismi, individualismo spacciato per politica, e spettacolini patetici della carità.

Ieri c’è stato lo sciopero di giornali, radio, tv e web, contro la legge bavaglio. Tu cosa ne pensi?

Della legge bavaglio penso che sia solo uno dei codicilli con cui il Premier ha realizzato, in fondo, con grande diligenza, il piano di Gelli per la P2. Ma al di là del casus belli, e del fatto che la condotta infame di molti giornali e non solo di destra nel praticare “black propaganda” e killeraggi come se fosse uno sport, credo che in questo momento la partita tra Berlusconi e i giornali sia economico-finanziaria, prima che etica. Ci vedo dietro molta falsa coscienza e strumentalizzazione, come uno specchietto per le allodole per creare consenso intorno a una banda di incapaci oppositori che sono impantanati nei gorghi della politica gestionale allo stesso modo del Governo. Questa guerra tra bande dei Padroni dell’Informazione mi lascia disgustato. Quando tentarono di imbavagliare la Rete per decreto, non ci furono manifestazioni di piazza, perché non si ledevano gli interessi economici diretti di nessuno degli attori dello scontro. Che si viva in uno stato in cui ci si è ridotti a fare il tifo per la Magistratura contro la Politica Disonesta come in una partita di calcio che distrugge tutto l’ordinamento democratico rendendolo ridicolo e non credibile, è la cifra di un paese dove la politica deve ripartire da zero, e mandare a casa un’intera schiatta di boiardi di Destra e di Pseudo-Sinistra, e ripartire dal basso, dalle esigenze generali del paese reale, non della sua muffa elite politico-finanziaria.

Progetti futuri?

L’Italia è il Paese dove, per dirla come i cinematografari romani “tutto se po fà”, e poi i progetti muoiono per dissanguamento nel tempo. Comunque, progetti, molti. Spero di concludere il Fund Raising per un docu-drama/road movie/musical gangsta rap con graphic animation a passo 1 da girare il prossimo anno tra Bologna, Roma e il Salento. Una specie di “Amore Tossico” 30 anni dopo, che ha per protagonista il figlio di uno dei pochi superstiti del film di Caligari, il rapper Inoki, suo padre, e altri gangsta-rapper importanti come Duke Montana e Mad Dopa. Una specie di road movie generazionale, di confronto tra due generazioni, completamente diverse ma in fondo anche simili, di outsiders per condizione ancor prima che per scelta. Un film pieno di musica, animazione e immagini per esprimere il mondo interiore e quello on-the-road di due generazioni a confronto. Basta così? Ma sì, basta così!


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