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Intervista a Sergio Paoli

Creato il 25 marzo 2011 da Paolo Franchini

Intervista a Sergio PaoliNome: Sergio
Cognome: Paoli
www.sergiopaoli.com
Ultimo lavoro: Niente, tranne la pioggia

Descriviti come preferisci, hai carta bianca.

Marito, padre, quadro aziendale e sindacalista CGIL, ogni tanto scrivo qualcosa. E me lo pubblicano anche. Ti pare possibile?

Ti va di raccontarci in breve il tuo ultimo libro?

Si intitola “Niente, tranne la pioggia” (Todaro), e esce ad aprile, tra pochi giorni. E’ la storia di una indagine sulla morte di una ragazza moldava, che era venuta in Italia con tante speranze, e era finita sulla strada. E’ la storia delle relazioni tra le persone, tra soldi sporchi e sentimenti puliti. E’ la storia delle testardaggine di un poliziotto, Vasco Lubrano e della necessità di mettere, ogni tanto, dei punti fermi nella sua vita.

E’ il mio terzo romanzo.

Più che nei precedenti ho cercato di fare uno sforzo di coerenza, di ordine, di struttura, senza rinunciare alla trama, ai temi che mi interessano e alle emozioni dei personaggi. Non c’è il vicecommissario Marini (né so se tornerà). Sentivo il bisogno di uscire da quella specie di gabbia che sono i romanzi seriali e di non mettere sempre così tanto al centro temi “politici”, che qua sono più sfumati rispetto ai precedenti.

Quando hai iniziato a scrivere, sapevi già che – prima o poi – ti saresti imbattuto nella stesura di un romanzo di questo genere?

Assolutamente no. Non so nemmeno cosa scriverò tra due ore, figurati.

Ti sei mai rasato a zero?

No.

Esiste un libro che avresti voluto scrivere tu?

Uno solo? No. Ne esistono migliaia e migliaia.

La tua canzone preferita è…?

Di questi tempi è Nightswimming dei R.E.M., ma se ripassi settimana prossima te ne dico un’altra. Settimana scorsa era “Glorified” dei Pearl Jam.

Che rapporto hai con la televisione?

Ottimi: fa sempre quel che le dico. Cioé si accende, e si spegne quando voglio. Poi, essendo molto sottile, non prende neanche tanta polvere, il che è un grna bel vantaggio.

E con il cinema?

Sono innamorato perso.

Hai mai parlato al telefono per più di due ore?

Sì, per lavoro.

Ti piacciono i proverbi? Ne usi uno più spesso?

No e non li uso.

Hai tre righe per dire quello che vuoi a chi vuoi tu. Ti va di usarle?

Sì. Vorrei dire due parole ai lettori di Varesenoir e al pubblico in genere: in questo romanzo c’è il battito del mio cuore. Non so se vi piacerà o no, ma sono convinto se lo comincerete a leggere, lo sentirete anche vostro. Almeno lo spero.

Intervista a Sergio Paoli
Se potessi cambiare una cosa (ma una soltanto) del tuo ultimo libro, che cosa sceglieresti? Il titolo? L’immagine di copertina? Il nome di un personaggio? Il finale? Altro?

Non cambierei nulla. E’ stato fatto un gran lavoro di editing e grafica. Per la prima volta sono soddisfattissimo.

Quando scrivi una storia, hai un lettore di riferimento oppure scrivi solo per te stesso?

Scrivo perchè mi piace farlo. Ma lo faccio perché qualcun altro legga, non per me e basta.

Tra due ore si parte per un viaggio su Marte: scegli tre oggetti da portare con te e un aggettivo per descrivere l’umanità ai marziani.

Un oggetto per prendere appunti (o penna e taccuino, o portatile, o Ipad, quello che vuoi), un oggetto per vedere film e sentire musica, una foto della mia famiglia. Ai marziani direi che l’umanità è primitiva.

La cosa che più di annoia, quella che più ti diverte e quella che più non sopporti.

Mi annoiano l’invidia professionale, le piccole rivalse, i trucchetti per passar davanti in coda, le piccole meschinità fatte per emergere: sono così prevedibili. Mi diverte, nel senso più alto, Roberto Benigni. Non sopporterò mai la cattiveria, l’ipocrisia, la menzogna.

Stai già lavorando al tuo prossimo libro? Se sì, ci regali un’anticipazione?

Sulla mia chiavetta ci sono diverse pagine di appunti sulle cronache degli ultimi mesi, ricche di spunti: credo che ci sia materia per un romanzo sugli Abissi della cattiveria umana, forse a sfondo molto poco politico, forse un non-noir, non lo so.

Derek Raimond dice che lo scopo di un romanzo è “è portare le persone in mezzo alla tempesta di fango che c’è appena fuori dalla porta di casa, dove tutto e tutti vengono martellati da una pioggia insistente che proviene dalle anime sulla strada”.

Direi che ci siamo.

Prima di salutarci, l’ultima domanda è tua. Chiediti quello che vuoi, ma ricorda anche di risponderti.

Vorrei chiedermi di lavorare (scrivere) con più lena, perchè sono lento come un bradipo, ma so già la risposta: le cose più belle da scrivere non vengono mai a tavolino ma così, in modo inaspettato. E allora tanto vale aspettarle.


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