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Intervista a Simone Regazzoni: “Vorrei un po’ più scrittori e un po’ meno intellettuali”

Creato il 29 dicembre 2014 da Leultime20 @patrizialadaga

Simone Regazzoni è stato uno dei miei incontri letterari e personali più grati di questo 2014. Docente di estetica all’Università di Pavia e autore di numerosi saggi, Regazzoni lo scorso maggio ha mandato in libreria Abyss, un thriller filosofico ad alta tensione, pubblicato da Longanesi. Il romanzo, che ha ottenuto un’ottima accoglienza di pubblico, ha la qualità di poter essere letto come un classico libro d’avventura e allo stesso tempo di offrire una lettura ricca di riflessioni filosofiche a chi ha la sensibilità culturale necessaria.

Incontro Simone Regazzoni a Milano e ho la fortuna di poter conversare con lui in una saletta stracolma di libri della Biblioteca Sormani. Un ambiente ideale per parlare di libri, scrittori, filosofia e letteratura. La chiacchierata si rivela subito interessante e piacevole, Regazzoni oltre ad essere  persona di grande cultura è un oratore brillante e sebbene nelle foto non ami sorridere, lo fa spesso nel corso dell’incontro, rivelando simpatia e senso dell’umorismo. La nostra intervista comincia dal suo libro.

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Abyss è il tuo primo romanzo. Come ti è venuta l’idea, da dove nasce questa storia?

Avevo l’esigenza di provare a sperimentare un romanzo filosofico nella contemporaneità. C’erano dei precedenti come Il nome della rosa di Umberto Eco, che per me è stato un punto di riferimento, e c’era anche qualche altro tentativo in termini di narrativa audiovisiva, come Lost oppure alcune sceneggiature di Nolan. La mia tentazione era calare il romanzo filosofico nell’action thriller.

Sono nati prima i personaggi o la vicenda?

Ho lavorato in primo luogo sulla trama pur avendo degli abbozzi di personaggi. Alcuni di loro sono nati durante la scrittura, Trix, per esempio, non esisteva fino a pagina ottanta e poi è cresciuta quasi fino a far ombra al protagonista. Lo stesso è accaduto per il padre del di Michael. Aristotele diceva «Una trama e una vita», non parlava di personaggi, ma di vite. Il romanzo è questo, le vite hanno forza propria.

Qual è il tuo personaggio preferito e perché?

Io sono innamorato di Trix perché amo le donne forti e quello è il mio modello femminile ideale. Tra i personaggi maschili ho delle parti di me distribuite tra tutti, ma forse quello che più mi si avvicina è il padre di Michael. Il protagonista, invece, è il più distante dalla mia personalità nonostante sia un professore di filosofia. Lui è calmo e riflessivo, io invece sono irruente e impulsivo.

Abyss avrà un seguito?

Sì. Ho già cominciato a scrivere il prologo.

Tu sei autore di molti saggi mentre Abyss è il tuo primo romanzo. In che cosa si differenziano i due tipi di scrittura?

I tempi della scrittura sono completamente diversi. Un saggio posso scriverlo ovunque, appena ho cinque minuti vado avanti, con il romanzo no. Per me Abyss è stata una scrittura notturna con mia figlia, appena nata, a fianco a me nella sua culla. Durante il giorno mi venivano in mente appunti, dialoghi, frasi che scrivevo ovunque e poi rielaboravo di notte. Il romanzo non ti permette di “entrare e uscire” quando vuoi. Ci devi pensare continuamente e non puoi obbligarti a scrivere un numero fisso di pagine al giorno. Almeno io non ne sono capace.

Come sei approdato in Longanesi?

Io volevo assolutamente pubblicare con Longanesi perché è l’editore per eccellenza del libro di avventura e dell’action thriller. Arrivato a tre quarti del libro sentivo di avere bisogno di confrontarmi con qualcuno perché ero talmente immerso nel romanzo da non riuscire più a capire se reggesse o no. Così ho chiesto al mio agente di contattare Longanesi, che ha risposto positivamente e mi ha invitato a continuare. Al termine ho lavorato con l’editor, con cui ho semplificato alcuni aspetti della struttura temporale della storia in modo da conciliare le esigenze “di marketing” del testo con la profondità dei contenuti. A me la retorica della libertà artistica non interessa, credo che se si ha la fortuna di avere un buon editor, il confronto con lui sia solo un vantaggio.

Qual è secondo te il ruolo dello scrittore in società?

Il primo ruolo della scrittura secondo me, come diceva Aristotele, è procurare piacere al lettore, intrattenerlo. Ciò non significa che gli scrittori non abbiano un ruolo pubblico, ma negli ultimi anni mi sembra si sia esagerato, quasi che la castrazione del godimento del lettore sia il compito primo di chi scrive. Io trovo stucchevoli i discorsi intellettuali pesanti che fanno diventare il libro una scusa per parlare d’altro. Credo che con strategie diverse il pensiero si possa fare circolare grazie ai libri. Io vorrei un po’ più scrittori e un po’ meno intellettuali. Certi gruppi intellettuali giovanili moderni sono una macchietta da film italiano alla Nanni Moretti.

Ti hanno fatto un complimento indimenticabile su Abyss?

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È un po’ imbarazzante dirlo in questa intervista perché una delle cose che più mi ha colpito me l’hai detta proprio tu quando, su Twitter, hai scritto di avere sognato di essere Trix…

Ebbene sì, ho sognato di essere una Navy Seal in missione, non ridete, please…, 

Per uno scrittore trovare un lettore che sogna di essere uno dei suoi personaggi credo sia il massimo!

E una critica fastidiosa?

A me se le critiche non piacciono, in genere, mi arrabbio e polemizzo. Stranamente fino adesso sono uscite soltanto recensioni positive, tanto che quasi quasi ne aspetto una per litigare un po’ con qualcuno… Solo in rete ho trovato qualche commento, che in realtà non mi è dispiaciuto, perché dice che nel libro c’è troppo: azione, filosofia, pop. È una critica che non vivo come tale, perché uno dei modelli cinematografici che amo è Tarantino, che ha una “dimensione di barocchismo”, quindi lo trovo un complimento.

Tu sei a contatto con tanti studenti e puoi constatare quanto poco si legga in Italia. Che cosa bisognerebbe fare per diffondere lettura e cultura?

L’educazione alla lettura deve cominciare da piccoli, alle elementari o all’asilo. Al liceo è già troppo tardi. Ci vorrebbero delle politiche scolastiche e statali di incentivazione alla lettura. Lo stato dovrebbe rendere detraibili i libri. I libri non devono essere dei corpi estranei nella vita delle persone.

 Tu sei molto “social” come scrittore. Qual è il tuo rapporto con la tecnologia?

Ogni epoca ha i suoi media che configurano il mondo ed è importante riuscire ad “abitarli”. Non ho resistenze nei confronti della tecnologia, ma non sono un iper-fanatico. Sono interessato soprattutto a ciò che riguarda la scrittura, ovvero a come la tecnologia cambia il rapporto tra scrittore e lettore. Vedo che tra quelli della mia generazione c’è chi cerca di mantenere le distanze con il lettore, timoroso di ricevere critiche da gente incompetente, invece io trovo che oggi sia importante utilizzare questi nuovi modelli di comunicazione per confrontarsi. I social permettono di discutere e non è vero che non esistono filtri, bisogna sapersi mettere in gioco senza spocchia.

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