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Intervista a Simone Togneri

Creato il 10 dicembre 2013 da Paolo Franchini

Nome: Simone
Cognome: Togneri
Ultimo lavoro: Arnoamaro

Hai carta bianca: descriviti come preferisci.

Questa domanda è una di quelle domande che mi mette subito al tappeto. Descrivermi è una cosa che proprio non so fare, per cui lascio che siano gli altri a parlare. Se dicessero che sono disperso nei boschi, avrebbero dato un ottima definizione del luogo dove vivo.

Intervista a Simone TogneriSe sostenessero che sono un inguaribile ottimista, avrebbero descritto a meraviglia il modo in cui faccio ciò che mi piace. Se ancora pensassero di me che la mia età cerebrale è inferiore ai 9 anni, avrebbero capito lo stupore che provo per le cose semplici. Se infine, incontrandomi, qualcuno mi trovasse anche un bell’ometto, allora sarei io che mi faccio illusioni.

Ti va di raccontarci il tuo ultimo lavoro?

Ci sono posti di cui noi tutti abbiamo bisogno, almeno una volta nella vita. Sono i luoghi dove ci rifugiamo quando siamo tristi, quando le cose non vanno come vorremmo. Ognuno ha il suo. Non importa che sia la riva di un fiume, il ramo di un albero o una panchina in un parco, la passione per un’arte, il fumo di una sigaretta, lo scenario di un film o di un libro. Conta solo che portino lontano dal nostro male.

Chiara ha 14 anni e il suo posto per piangere è una panchina nel Giardino della Fortezza da Basso, a Firenze. È lì che si rifugia quando tutto è grigio. È lì che tutti pensano di cercarla quando scompare nel nulla. Ma Chiara viene ritrovata morta nell’Arno pochi giorni dopo la scomparsa e le domande si moltiplicano. Non sarà un’indagine facile per il commissario Franco Mezzanotte e il suo amico Simòn Renoir, anche perché il sospettato principale è il figlio del candidato numero uno alla carica di Presidente della Regione Toscana. E il fiume che ha restituito le spoglie di Chiara non ha memoria per raccontare la verità. È pubblicato da Frilli Editori. Si intitola “Arnoamaro”.

Arnoamaro. Un'indagine di Simòn e mezzanotteQuando hai iniziato a scrivere, sapevi già che – prima o poi – ti saresti imbattuto in un lavoro come questo?

Quando ho cominciato a scrivere non sapevo nemmeno che avrei continuato (a dirla tutta non lo so nemmeno adesso). Diciamo che non ho mai pensato di escludere nessun tema dal mio bagaglio di storie da raccontare. Anzi, siccome sono uno che sente le voci, posso dire che ogni storia può affacciarsi in testa in ogni momento e può parlarmi anche attraverso un dettaglio o una canzone. Quindi in qualche modo sì, forse sapevo che prima o poi avrei ascoltato e raccontato “Arnoamaro”. Ma senza saperlo.

Hai mai ballato sotto la pioggia?

Non mi piace ballare e non so nemmeno da dove cominciare, però sotto la pioggia spesso ci cammino. Mi capita anche di lavorarci. E mi piace. Il bosco quando piove è uno dei luoghi più affascinanti che conosca.

Esiste un libro che avresti voluto scrivere tu?

Per il mio modo di percepire lo scrivere, sarebbe più corretto chiedermi se esiste una storia dalla quale avrei voluto essere scelto. E la risposta è sì, ne esistono un sacco. Quelle dove i sentimenti, buoni o cattivi che siano, prevalgono sull’azione diretta, per esempio. Quelle dove si fatica a distinguere il bene dal male, i buoni dai cattivi. Quelle dove gli “eroi” sono tali non perché non sbagliano mai, piuttosto perché sbagliano e si rialzano. Quelle dove c’è attesa, dove si percepisce l’ineluttabilità degli eventi, dove si racconta la vita vera e non una proiezione di essa. Se proprio devo citare un libro su tutti, mi piacerebbe essere stato scelto da “Mistyc River”. È stato scelto Dennis Lehane. Per fortuna.

Dio del SagittarioLa tua canzone preferita è…?

Sono cresciuto con la musica. In un’altra vita ho perfino fatto il musicista. Per cui è impossibile scegliere una sola canzone. Diciamo che viaggio molto sull’emozione del momento, per cui può capitare di passare da un brano jazz a uno metal del giro di pochi minuti. Però quello che conta, al di là del genere o del titolo, è che l’ascolto mi trasmetta qualcosa, che mi racconti una storia. E a volte l’ascolto di una canzone è un invito a una storia da raccontare. Per “Arnoamaro”, ad esempio, è stato illuminante l’album “Brave” dei Marillion.

Che rapporto hai con la televisione?

Televisione… Dove ho già sentito questa parola?

E con il cinema?

Mi appassiona, mi affascina, in qualche modo mi piacerebbe farne parte. Qualche anno fa, per un breve periodo, mi sono occupato di cinema su Borderfiction. È stata una gran bella esperienza.

E con il teatro?

Adoro quello musicale. Il Teatro inteso come classico, per me è come una donna sofisticata e irraggiungibile. Una di quelle di cui pensi di non essere all’altezza.

Hai mai parlato al telefono per più di due ore?

Qualche anno fa stavo molto di più al telefono, anche più di due ore. Da quando sono venuto a vivere in mezzo ai boschi però, senza telefono fisso e dove – se non piazzo il cellulare sulla “X” – non c’è campo, uso molto di più la casella di posta elettronica e Skype. Quando è possibile preferisco parlare di persona.

Ti piacciono i proverbi? Ne usi uno più spesso?

Non sono un’amante dei proverbi. Uso più spesso le imprecazioni.

Cose da non direHai tre righe per dire quello che vuoi a chi vuoi tu. Ti va di usarle?

Come no? Una volta c’era un tizio, un bulletto da quattro soldi, che a scuola mi rompeva le scatole. All’epoca non sapevo difendermi e le prendevo. Era facile. Oggi mi piace ricordargli che c’è sempre la possibilità di finire in un libro.

Ti sei mai rapato i capelli a zero?

Amo il km zero, ma non in fatto di capelli. Li ho sempre portati più lunghi di quanto consigliasse il buon senso.

Se potessi cambiare una cosa (ma una soltanto) del tuo ultimo lavoro, che cosa sceglieresti? Il titolo? Altro?

Cambierei l’autore.

Quando scrivi, hai un lettore di riferimento oppure scrivi solo per te stesso?

Non scrivo mai per me stesso. Per me stesso faccio altro. Per me scrivere non è un atto isolato. O meglio, lo è nel momento della creazione, ma poi trova la sua completezza nello scambio. Del resto le storie le ho già in testa e forse a me basterebbe saperle lì. Le scrivo perché altri possano leggerle. Come dico spesso, per me il senso profondo della scrittura è quando chi legge ti rimanda indietro le emozioni che hai provato nello scrivere.

Tra due ore si parte per un viaggio su Marte: scegli tre oggetti da portare con te e un aggettivo per descrivere l’umanità ai marziani.

Penso che mi porterei dietro una penna e un blocco abbastanza grande da poterci scrivere e disegnare. E una bottiglia di Jack Daniel’s, così una volta vuota potrei lasciarci dentro un messaggio. E se incontrassi un marziano che mi chiedesse come sono gli essere umani, io risponderei: “sorprendenti”.

La cosa che più ti annoia, quella che più ti diverte e quella che più non sopporti.

Le persone che si prendono troppo sul serio, e ne conosco più di una, mi annoiano davvero tanto, mentre racchiudere tutto ciò che mi diverte in un solo elemento mi viene difficile, se non impossibile. Mi diverto con poco, tutto ciò che mi fa sentire vivo è basato sulla semplicità. Le cose che invece non sopporto stanno aumentando insieme agli anni, per cui la cosa mi preoccupa un bel po’. Al momento credo che l’ipocrisia sia al primo posto. Al secondo c’è l’arroganza. Al terzo la maleducazione. Si alternano sul podio senza sapere che alla fine, almeno in certi soggetti, sono la stessa cosa.

Stai già lavorando alla tua prossima pubblicazione? Se sì, ci regali un’anticipazione?

In realtà sto lavorando a più di un progetto e non sono in grado di dire quale di questi troverà per primo (ammesso che la trovi ancora) la strada della libreria. Uno di questi vede il ritorno di Simòn e Mezzanotte. Sono appena all’inizio, quindi io stesso non ne so ancora ancora molto. Quello che so è che si parlerà di arte e omicidi seriali e che molte delle domande lasciate in sospeso nei romanzi precedenti avranno una risposta.

Prima di salutarci, l’ultima domanda è tua. Chiediti quello che vuoi, ma ricorda anche di risponderti.

Be’, mi chiedo spesso cosa vorrei fare da grande. “Il bambino” è la prima risposta che mi viene in mente.


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