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Intervista a Stewart Brand sul nucleare

Creato il 05 novembre 2010 da Lorenzo_gigliotto

Intervista a Stewart Brand sul nucleareOggi ho trovato due interviste (Su Wired e sul Corsera, ma la notizia è stata ripresa un po’ ovunque) allo scienziato ed ecologista americano Stewart Brand, che si trova in Italia, a Genova, per la Fiera della Scienza dove fra l’altro presenterà il suo ultimo libro ‘Una cura per la terra’. Digressione a parte, va detto che questo uomo di scienza e di ambiente è considerato forse il più eretico nel suo genere. Nel senso che le sue proposte e le sue idee suonano sempre piuttosto ‘particolari’ a chi le ascolta o le legge. Salvo poi metabolizzarle e rendersi conto che sono predominate da un pragmatismo scientifico di fondo, che le rende del tutto ragionevoli. È lui stesso a dire infatti di non essere attratto da ciò che è seducente, e magari nei fatti irrealizzabile, quanto piuttosto da ciò che è in effetti possibile, ancorché difficile da realizzare. Fra i suoi molti punti di vista, ho deciso ovviamente di concentrarmi sul nucleare. Lui stesso afferma di avere nel corso degli anni (50 anni dedicati alla biologia) cambiato orientamento perché lo studio approfondito glielo ha imposto. Credeva, in effetti, ad esempio, che il problema delle scorie fosse non risolvibile e che andasse a gravare il futuro delle generazioni a venire con qualcosa di pernicioso e ingestibile. Ma ha avuto modo di verificare una realtà differente. Lo stesso vale, a suo dire, per le radiazioni: dice, il professor Brand, di aver scoperto che la radioattività (e la correlata asserita pericolosità) è stata largamente sovrastimata; per non dire gonfiata. Io stesso, proprio ieri, ho avuto modo di leggere i contenuti di un documentario trasmesso da Channel 4 in Inghilterra in cui si parla della reale situazione di Chernobyl a 24 anni di distanza. Ebbene, in base ai rilevamenti esposti in tale documentario, gli effetti delle radiazioni del più grande disastro nucleare della storia (causato da errore umano e non da difetto tecnologico) si sono dimostrati molto meno gravi ed estesi di quanto preventivato e strillato in tutto il mondo. Addirittura ho letto che il numero di morti direttamente collegabili alle radiazioni del disastro sarebbe enormemente al di sotto di quanto anticipato: meno di 70 circa. Per carità, ogni vita umana è sacra. Ma 70 vittime non sono 700, o 7000. Per fortuna. Inoltre, sembra che nell’area intorno a Chernobyl la flora e la fauna abbiano resistito e si siano in qualche modo adattate alle radiazioni. Non mi sento di dire che ciò abbia comportato una evoluzione delle sottospecie coinvolte; tuttavia sono dati su cui riflettere. Se poi ricordiamo di quando scrissi che la troupe di Piero Angela ha rilevato, quasi per gioco se ben ricordo, che la radioattività attorno a Chernobyl è inferiore a quella rilevata nella città di Roma.. c’è da pensare. Sia chiaro, la radioattività di Roma è legata a fatti del tutto naturali (anche Napoli, per esempio, ha livelli di radioattività naturale apprezzabili). Ed esistono molte altre aree geografiche nel mondo in cui si possono registrare fenomeni di questo tipo. Inoltre, come fa presente il professor Brand nelle interviste, ci sono molti posti in cui ci esponiamo a dosi di radiazioni che io definirei metabolizzate e accettate. Gli ospedali, per esempio: gli strumenti di diagnostica medica emettono in diversi casi quantità più o meno alte di radiazioni. A cui non facciamo tuttavia caso. Bisognerebbe forse allora chiudere gli ospedali? Certamente no. Esistono, come ho detto tante altre volte, molti contesti e molte attività in cui ci si espone alle radiazioni. Ma sembra che ci si renda conto solo di quelle prodotte dalle attività delle centrali nucleari.. ricordiamo però che si tratta in assoluto della tecnologia di produzione energetica più controllata (e più severamente) in tutto il mondo. Motivo per cui gli standard di sicurezza sono a livelli persino più alti del necessario. Le centrali atomiche di fatto emettono solo vapore. Infine, quello che mi ha colpito delle riflessioni di questo uomo di scienza è il suo cambiamento di opinione: un cambiamento che mi ricorda il mio, in effetti. Con questo non intendo lodare me stesso, sia chiaro. Però fa piacere constatare di non essere soli. Perché quando un uomo di scienza, che per anni ha osteggiato il nucleare, si mette davvero a studiare e trova le prove (quelle prove che io esorto sempre tutti voi a cercare per conto vostro, liberi da pregiudizi!) che il nucleare non è brutto come lo si dipinge.. e quando un uomo di scienza riconosce che il nucleare è forse la migliore fonte energetica nella lotta al surriscaldamento globale (quella sì, è la vera catastrofe incombente).. quando un uomo di scienza, che ha l’umiltà di capire i propri sbagli e rivederli nell’interesse del mondo, manifesta convinzioni e percorsi assimiliabili ai tuoi, sì, lo ammetto: fa piacere.



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