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Intervista a Sylvia Iparraguirre

Creato il 09 settembre 2014 da Leggere A Colori @leggereacolori

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sylviaiparraguirreLa scrittrice argentina Sylvia Iparraguirre è nata a Junín nel 1947, ed è nota nel suo paese per l’impegno dimostrato come collaboratrice di diversi periodici contro la dittatura militare. E’ docente all’Università di Buenos Aires, e collabora per i quotidiani Clarín e Página/12  come critico letterario. Autrice di racconti e romanzi, in Italia ha pubblicato La terra del fuoco con Einaudi, Luna Park con Crocetti e Il ragazzo dei seni di gomma con L’Asino d’Oro Edizioni. L’abbiamo intervistata in relazione al suo ultimo, bellissimo romanzo Sotto questo cielo, pubblicato in Italia sempre da L’Asino d’Oro Edizioni.

1.- Inizia a raccontarci qualcosa di te, passando attraverso la tua scrittura. Poiché ogni autore lascia sempre qualcosa di sé stesso, nelle proprie opere: quanto c’è di te “sotto questo cielo”?

In un certo senso, Sotto questo cielo è un libro autobiografico. Ho trascorso la mia infanzia e la mia adolescenza vivendo in piccole città, e gran parte del mondo che descrivo appartiene alla mia memoria personale, alla memoria affettiva, si può dire, e spesso ad una memoria ereditata, in quanto vi ho incorporato i ricordi dei miei genitori e dei miei nonni. Cose che ho sentito dire da ragazza, o che avevano sentito dire i miei genitori. Non un racconto vero e proprio, ma i dettagli: storie, aneddoti, frasi, detti. Ho voluto ricostruire così questo mondo, attraverso la memoria collettiva di ciò che eravamo in Argentina, le storie orali, le mitologie del luogo. C’è tanto di me in Sotto questo cielo: ho passato la mia infanzia in un luogo simile a San Alfonso, sono molto vicina all’ideologia di Bautista Pissano, comprendo profondamente Sonia e la sua condizione di orfana, il mio senso dell’umorismo si avvicina ai personaggi di questa piccola città, con i loro modi anacronistici di esprimersi, i loro pregiudizi, le loro storie, i loro pettegolezzi. Tutta l’esperienza di scrittura è in qualche modo autobiografica. Questo non significa che uno scrittore racconti esattamente ciò che gli è accaduto, poiché prima di tutto, la letteratura è immaginazione, ma il materiale con cui costruisce le storie è fatto della sua esperienza, compresi gli altri libri che ha letto. Quando parlo di esperienza, mi riferisco a qualcosa di molto ampio: ciò che gli è successo durante l’infanzia, i libri che hanno segnato la sua vita, così come i sogni, le idee folli o impraticabili, le utopie. Tutto ciò che accade a una persona non è solo il visibile, ma soprattutto l’invisibile.

2.- Bautista è un anarchico italiano (come del resto lo era Severino Di Giovanni), cita Malatesta, segue il pensiero di Lopez Arango. Considera l’anarchia come un perfetto equilibrio di pace, libertà, giustizia, uguaglianza… Quale effetto hanno avuto gli italiani come lui nella Federazione operaia argentina e nei movimenti anarchici dell’epoca?

Non so l’anarchia si possa definire come un equilibrio perfetto, ma mi ero orientata, nel contesto del romanzo, verso una sorta di militante anarchico dal grande coraggio morale e dal forte spirito di solidarietà. Malatesta è vissuto in Argentina tra il 1885 e il 1889 e ha avuto un’influenza decisiva sul movimento anarchico locale nella creazione dei sindacati. Nei primi anni del XX secolo, i movimenti anarchici, socialisti e comunisti erano molto più potenti in Argentina che in qualsiasi altro paese dell’America Latina. L’immigrazione, che si era sviluppata tra la fine del XIX e all’inizio del ventesimo secolo, proveniva da un’Europa impoverita o che tentava di espellere i poveri. Tra spagnoli, italiani e polacchi, arrivarono molti contadini e lavoratori dai forti ideali anarchici e socialisti. Più tardi, con la rivoluzione messicana del 1910 e con la rivoluzione russa del 1917, questi movimenti raggiunsero un’enorme forza nel panorama politico argentino, al punto da provocare una rivalsa delle élite creole locali e della classe dirigente, che reagirono con un nazionalismo estremo, iniziando con il culto del gaucho e altre tradizioni, per non perdere l’identità di fronte agli stranieri, oltre che per timore politico. Ma l’Argentina è fatta di immigrati, e dai risultati ottenuti dall’anarchia e dal socialismo derivarono le nostre organizzazioni della società moderna, come la CGT (Confederazione Generale del Lavoro), e le leggi sociali. C’è una certa etica in armonia con l’ideale anarchico, ed è ciò che ho voluto rappresentare attraverso la personalità di Bautista Pissano: la solidarietà a tutti i costi, la convinzione che le idee possano cambiare le cose, la certezza che l’uomo possa sollevare se stesso e aiutare gli altri a sollevarsi, l’opposizione a tutto ciò che è barbarie. Nella costruzione del personaggio è presente anche un lato letterario tolstojano, infatti l’influenza di Tolstoj nel movimento per la pace alla fine del XIX secolo e all’inizio del ventesimo secolo è stata rilevante: un’influenza che ha ispirato Gandhi, ma anche chi ha deciso di non partecipare alla guerra, gli obiettori di coscienza, tutti quegli intellettuali pacifisti europei che si erano schierati contro la prima guerra mondiale, e contro la violenza della guerra in generale.

3.- Sia lui che Rafael sono contrari alla violenza immotivata e alla guerra: ritengono, giustamente, che la violenza possa creare screditare l’intero movimento anarchico. All’epoca, una scelta come la loro, scontrandosi con il temperamento tipicamente sovversivo degli uomini come Di Giovanni, aveva provocato rilevanti conflitti nell’anarchia argentina?

I fatti citati nel romanzo riguardo a Severino Di Giovanni sono storici, il personaggio di Bautista, creato dalla fantasia, si trova in una posizione opposta. Severino Di Giovanni è stato una figura controversa nella storia del movimento anarchico e nell’anarcosindacalismo argentino. Da un lato, era un combattente nato, di grande valore, ma al contempo aveva una natura violenta. López Arango, l’anarchico spagnolo direttore del periodico La Protesta, era contrario alla violenza e agli attentati, non li riteneva strumenti giustificabili. Secondo la maggior parte delle fonti, López Arango venne ucciso a casa sua con tre colpi, mentre prepara la cena, da Severino Di Giovanni. Non è certo un modo esemplare di agire, e molti ritenevano che potesse danneggiare la causa anarchica locale. Intorno a Severino Di Giovanni si è poi creata un’atmosfera romantica, che lo ha trasformato in un eroe popolare, e il chiaroscuro di questa storia non è facile da raccontare e da comprendere nei dettagli.

4.- Per lei l’amore è passione, per lui è un sentimento ampio, un ideale rivoluzionario: è giusto pensare che hanno ragione entrambi? Incontrandosi, sembra quasi che le loro anime e le loro storie, apparentemente opposte, riescano a completarsi perfettamente: lei impara che l’amore è qualcosa di immenso, come la libertà, e lui si rende conto che la tranquilla bellezza della quotidianità non toglie nulla ai suoi ideali di giustizia…

Quando ho iniziato a pensare a questo romanzo, sapevo di voler scrivere una storia d’amore, ed entrambi i personaggi arrivano dalle loro esperienze d’amore precedenti. Per Sonia è un’infatuazione, che esiste quasi solo nella sua immaginazione, per Bautista è una conseguenza della militanza e della solidarietà. L’incontro doveva necessariamente cambiarli, e mi piace pensare che per lei il cambiamento sia stato il coraggio di aprirsi al compromesso, alle idee, a capire il mondo in cui vive. Chiaramente, il contesto storico doveva avere una certa importanza, poiché Sonia e Bautista passano attraverso la storia. Ma il romanzo doveva mantenere una forma contemporanea: con il popolo degli anni Venti e la storia d’amore tra un’orfana e un anarchico rischiava di diventare un serial. Ho dovuto cercare un modo diverso, e penso che il problema centrale nella letteratura sia il modo, il “come” si racconta una storia. Ogni libro che ho scritto è stato per me una sfida, un esperimento formale, e con Sotto questo cielo ho scoperto che attraverso l’impatto visivo di una mostra di vecchie fotografie potevo raccontare il passato di San Alfonso. Mantenere la linearità poteva diventare noioso e “realistico”, in un certo senso  troppo ottocentesco.

5.- Anche tu consideri l’amore, in un certo senso e soprattutto ai nostri tempi, come un atto rivoluzionario?

Io preferisco parlare di questo: nel mondo in cui viviamo, devastato dalla violenza, dove c’è un’industria di violenza (pensiamo al cinema americano), dove la violenza è sperimentata fin dall’infanzia (pensiamo ai sobborghi metropolitani, in America Latina), dove la violenza perpetrata in quasi tutte le sfere della vita e alla quale, purtroppo, sembra che ci siamo abituati, quasi fosse un fatto naturale, credo che qualsiasi atto, per quanto minimo, per prevenire la violenza, sia fortemente rivoluzionario. Dovremmo essere scioccati alla violenza, tuttavia le rivolgiamo ancora lo sguardo.

6.- Per cinquant’anni non sappiamo più nulla di Sonia e Bautista… Come avrà vissuto la loro piccola città gli anni più drammatici della dittatura?

La gente nei paesi visse la dittatura in modo simile, anche se meno visibile che nelle grandi città. L’ascesa militare iniziò come stato d’assedio, poi venne la censura, le liste nere di intellettuali, lavoratori, sindacalisti, insegnanti e attori (mio marito, lo scrittore Abelardo Castillo, rimase in quella lista per tutta la durata della dittatura), le incursioni nelle case private, nelle case di cura, nelle redazioni, fino alla persecuzione diretta e alle sparizioni. Questo è stato ripetuto su scala minore e meno spettacolare, nelle città dell’interno, ma è successo ovunque. Dopo la dittatura si vennero a sapere, in ogni luogo, in ogni città, i nomi dei dispersi. Ma Sotto questo cielo termina molti anni prima di questi fatti, con Sonia e Bautista insieme nella loro casa. La storia riprende nell’epilogo, cinquant’anni dopo, quando Cristobal arriverà a San Alfonso, alla ricerca del nonno. Cristobal, è il protagonista adolescente del mio romanzo precedente, Il ragazzo dai seni di gomma, ambientato in un tempo che non si svolge in Sotto questo cielo, ma al quale si riferisce Bautista, nell’epilogo, quando racconta a Cristobal la storia dei suoi genitori.

7.- Una curiosità: il tuo racconto, così pieno di flashback e di immagini fotografiche, è molto coinvolgente… non hai mai pensato ad una versione teatrale? 

Più che una versione teatrale direi cinematografica, poiché il cinema ha avuto una grande influenza su di me e, credo, sul mio modo di raccontare. Fin da molto giovane andavo al cinema, e il primo e naturale modo di raccontare l’ho appreso dai film. Un ragazzo acquisisce i codici cinematografici, quasi per osmosi, molto rapidamente. Basta guardare:  i flash back, i salti temporali, il succedersi delle scene, la velocità o lentezza del tempo, sono elementi immediatamente comprensibili. Li ho imparati facilmente, poi ho iniziato a leggere per puro piacere, per edonismo e solo più tardi, una ventina, di anni più tardi, ho iniziato a capire la forma letteraria in tutte le sue dimensioni: Kafka, Proust, Joyce, Virginia Woolf, Faulkner, Borges, Arlt, Flaubert, Tolstoj… Si tratta di un processo intellettuale molto più adulto. Il cinema italiano in particolare mi ha colpito, e con me tutta la mia generazione. Amo alcuni film che ho visto solo in retrospettiva, ma li ho a casa, classici del neorealismo o precedenti, come I soliti ignoti, Il Gattopardo, La dolce vita, La notte, Amore e anarchia e molti altri. Ricordo una frase di Fellini, che di solito discuto con i miei studenti: “La luce è ideologia,” e questo può accadere anche con la letteratura. In Sotto questo cielo c’è anche una nota di umorismo, poiché ho sempre pensato che la realtà senza l’umorismo non sia completa. E questo può essere dovuto all’influenza di qualcosa che ammiro nel cinema italiano: il suo genio per il tragicomico. O forse, anche per la mia origine genovese.



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