Intervista a Teresa Gammauta

Creato il 19 novembre 2013 da Temperamente

Lettori di Temperamente, ospite del nostro salotto virtuale è oggi Teresa Gammauta, autrice di Isole.

Benvenuta, Teresa. Isole racconta di una donna, Paola, che a vedersi si direbbe realizzata, gratificata e felice. Eppure, a un certo punto, «La sua tolleranza al genere umano era giunta quasi al limite e l’unica cosa che in quel momento le sembrava accettabile per rimettersi insieme, per riunire i suoi pezzi sparsi qua e là, era una completa solitudine, tipo una dimensione di silenzio e isolamento, in cui poter pensare e decidere cosa fare della sua vita». Cosa ti ha spinto a scrivere di una donna in crisi e, più in generale, di una vicenda sull’alienazione agli altri e a se stessi?

 

Se devo essere sincera, non lo so con precisione. Quando ho iniziato a scrivere “Isole” avevo chiari in mente soltanto l’incipit della vicenda e la sua conclusione. Sapevo come volevo cominciare la storia e come farla finire, ma il suo svolgersi è stato immediato, si è composto parola dopo parola e capitolo dopo capitolo senza intendimenti preconcetti. Il personaggio di Paola ha preso forma durante la stesura e solo incidentalmente è diventato il simbolo di una forma di alienazione tutta al femminile, che poi mi sono resa conto essere comune a molte donne, specie non più giovanissime, che si ritrovano a vivere esistenze alle quali non sentono di appartenere. All’inizio Paola era soltanto una donna in fuga da una vita che la partenza dei figli ormai grandi e l’egocentrica superficialità del marito avevano svuotato di significato. Ma la fuga diventa ricerca di sé perché proprio allontanandosi dalla sua realtà capisce di essersi persa da tempo, di non “aversi” più, di essere per se stessa solo il riflesso della donna che non è diventata.

Il tuo è soprattutto un romanzo sulla scelta. In una pagina molto bella di Aut-Aut, Kierkegaard ha scritto che la scelta si manifesta attraverso una condizione angosciante nella quale si ha l’impressione di perdere l’orientamento e, con esso, tutti i puntelli della propria vita. Si può dire che un tale stato psicologico, emotivo, esistenziale aderisca a quello della tua protagonista?

Decisamente sì. Paola è una donna che non sa scegliere, e proprio per questo all’inizio del  romanzo fugge lasciando solo un biglietto senza troppe spiegazioni: per evitare quella scelta che l’inattesa e improvvisa presa di coscienza della propria inadeguatezza le impone. Nel momento stesso in cui “l’estraneità del tutto” la trafigge decide di allontanarsi da quella vita che le appare come un limbo, luogo simbolo dell’incapacità di scegliere. Solo l’incontro con Andrea e lo scontro con l’opposta determinazione di lui alla fine la porterà ad una scelta che solo in apparenza è affidata al caso.

Puoi spiegarci perché hai scelto questo titolo? “Isole” sono forse gli esseri umani rispetto ai loro prossimi, familiari e amanti inclusi?

 

Diversamente da John Donne, io credo che in realtà siamo tutti isole. Ognuno di noi  ha dentro di sé la dimensione e il senso dell’isola,  della solitudine e del distacco ma anche di  confini che sono fatti solo di cielo e di mare e che proprio per questo non hanno limiti. Una dimensione e un senso che in quanto siciliana conosco alla perfezione. Nascere e vivere su un’isola, anche se grande come la Sicilia, determina una considerazione del resto del mondo in termini di “separazione” e non di unione. Le isole del titolo sono comunque anche le Eolie la cui presenza è forte dalla prima all’ultima pagina e che, come gli esseri umani, sono staccate le une dalle altre anche se nel loro insieme rappresentano un’indissolubile entità.

 Nel tuo romanzo dai molto spazio alle descrizioni degli stati d’animo, mentre gli ambienti e i personaggi di contorno vengono dipinti in pochi tratti. Fra questi, mi ha molto incuriosito il personaggio di Santina, l’anziana fittacamere che ospita Paola sull’isola e che ricorda un po’ le signore pirandelliane. È una mia impressione o quel suo misto di riservatezza e curiosità, di diffidenza e misteriosa affabilità, cela davvero una dose di sicilianità?

Se mai dovessi venire in Sicilia sono sicura che potresti ancora incontrare tante signore Santina, specie nei piccoli centri di provincia e in particolar modo nelle isole minori. Donne dall’aria furba e diffidente ma in realtà generose e gentili in modo un po’ scontroso, impacciato e restio. Sicilianità è nel suo odorare di fritto di pesce , nel suo intascare la cifra richiesta per la stanza senza battere ciglio per poi sentirsi quasi in colpa per la signorilità dell’altra e offrirle gratis un trasporto generalmente a pagamento.

Sul sito dell’editore Milena leggo che Isole è giunto alla ristampa, e che vi è giunto dopo appena tre mesi dalla sua prima uscita.  Si tratta di un traguardo certamente importante per un autore, soprattutto se emergente. Come hai reagito a questa bella notizia? Ti aspettavi un riscontro tanto positivo?

Lo sognavo, ma aspettarmelo direi di no. So bene quanto sia difficile per un esordiente ottenere dei risultati positivi, specie se si è totalmente sconosciuti e non più giovanissimi. Per questo ho tergiversato prima di inviare il manoscritto alle varie case editrici e forse non lo avrei nemmeno fatto se le mie figlie non mi avessero convinta a mettermi in gioco. Alla fine mi sono detta che dovevo scommettere su me stessa anche se era abbastanza aleatorio. Ma in fondo cosa nella vita non lo è?

Considerando il successo del tuo primo romanzo, non posso esimermi dal chiederti: cosa vuole fare Teresa Gammauta da grande?

La prima volta che mi hanno fatto questa domanda è stato agli esami di quinta elementare. E ti risponderò come ho risposto allora: “La scrittrice”.

 

Bene, non ci resta che ringraziare Teresa Gammauta e farle un grosso in bocca al lupo per il futuro. Con la speranza di “temperare” presto il suo prossimo romanzo!


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