Abbiamo intervistato il Dott. Ciarapica, Senior Partner di Praxi s.p.a., in merito ad alcuni aspetti del colloquio.
Quale domanda si dovrebbe aspettare un candidato in ogni colloquio?
Oltre alla contestualizzazione concreta (dati, risultati) del proprio track record professionale, sicuramente anche domande relative alle motivazioni manageriali dei precedenti passaggi professionali (sia positivi che “negativi”) e agli obiettivi professionali contingenti e futuri.
Qual è l’esperienza più singolare che ha vissuto nel gestire una delle sue ricerche passate?
Forse un caso “fortunato” di una multinazionale di medie dimensioni: un cliente particolarmente indeciso tra due candidati in pole position, ambedue molto validi e con diverse capacità di interpretazione del ruolo, ci ha dapprima richiesto un supplemento di indagine, tramite degli audit manageriali; quindi ha fatto clamorosamente incontrare (non “scontrare”) i due manager in un business case e li ha assunti tutti e due con piena soddisfazione di entrambi per i ruoli proposti.
Che cosa non dovrebbe mai chiedere un candidato in un colloquio?
Tutto o quasi è lecito, se richiesto nei modi e “tempi” giusti e con la corretta forma relazionale; idealmente il colloquio con un manager è un momento “peer-to-peer”, uno scambio reciproco di informazioni; una caduta di stile sarebbe sicuramente quella di chiedere troppo presto informazioni potenzialmente riservate sul Cliente o sul livello retributivo previsto.
Quanto è importante l’abbigliamento e l’aspetto del candidato nel presentarsi al colloquio? A quali dettagli presta particolare attenzione?
I dettagli possono effettivamente colpire ma non devono influenzare una valutazione: più che lo stile personale occorre valutare la sovrapponibilità di quello stile al contesto culturale/operativo del Committente. Di un manager occorre certo rilevare lo stile complessivo, inteso come “standing” relativo ai percepiti comportamentali quali il carisma, l’empatia, la tipologia di leadership… elementi veicolati anche (ma solo “anche”) dall’abbigliamento e dall’aspetto.
Qual è stato l’errore più grande fatto da un candidato durante un colloquio con lei?
Supporre e permettersi immediatamente una confidenzialità che non era ancora possibile reciprocamente praticare… esagerare con la self-confidence… Tale approccio ha prodotto un effetto boomerang: mia cordialità apparente ma fortissimi dubbi sul reale valore e carisma della persona.
E, solo in rari casi per fortuna, mi è capitato di incontrare candidati orientati non solo a sminuire le proprie aree di debolezza ma addirittura a mentire.
Secondo lei, che cosa si aspetta il candidato da un consulente di una società di ricerca & selezione, prima, durante e dopo il colloquio?
Precisione, educazione e professionalità nel contatto; quindi informazioni contestualizzate e “do-ut-des” durante i colloqui; infine aggiornamenti e feedback reali e trasparenti “ex post”.
Un candidato viene subito spedito fuori dalla stanza del colloquio, se ….
Onestamente non mi è mai capitato, non ritengo utile lo scontro anche se a volte è oggettivamente inutile il proseguimento del colloquio. È capitato invece una volta che, durante una short-list presentation, il Cliente ha chiesto al Candidato di sospendere il colloquio nel momento in cui una nostra ricercatrice ci ha portato le “prove” che il candidato aveva millantato le proprie referenze.
Un candidato di 40 anni o più è ancora interessante per un Head hunter?
Certamente, assolutamente si soprattutto per ruoli manageriali; è il dinamismo intellettuale la cosa più importante da esprimere e da dover valutare, per ruoli di responsabilità gestionale, al pari della imprenditività e delle conoscenze tecniche o di industry specifica.
In periodi di crisi o uscita dalla crisi occorre saper coniugare l’esperienza al dinamismo che, in senso solamente “giovanilistico”, potrebbe condurre a politiche di investimento non sostenibili o deleterie nei confronti del delicato clima aziendale che si vive in questi periodi.