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Intervista a yvan argeadi

Creato il 24 novembre 2014 da Linda Bertasi @lindabertasi

INTERVISTA A YVAN ARGEADICiao Yvan, benvenuto nel mio blog. Partiamo dal tuo pseudonimo. Perché questa scelta?

Grazie a te Linda per avermi ospitato. Il nome Argeadi si riconduce alla famiglia reale di Macedonia cui appartenevano personaggi del calibro di Filippo II e Alessandro Magno, le cui leggende narrano essere discendenti di Eracle o addirittura provenienti da Argo dalla stirpe di Perseo. Tra le tue passioni annoveri l'arte e la venerazione per John Milton. Parlacene. L'arte è la capacità di imprimere in immagini, testi, note musicali o qualunque forma di creatività, le emozioni. Ti definisci 'un profondo conoscitore del passato antico e folcloristico dell'umanità'. Approfondiamo questa dichiarazione. Racconto ciò che conosco, conosco ciò che vedo, vedo ciò che studio, studio ciò che amo. Il passato è una di queste cose, esso documenta il mutamento delle società in base ai resoconti dei vincitori, passando dalle abitudini giornaliere degli individui ai culti fino al concetto stesso di governo. Dei tuoi romanzi ci sveli che possiedono un comune denominatore, un personaggio che è sempre presente sotto mentite spoglie, centrale o marginale. Una curiosa e intrigante informazione a mio parere. Vuoi spiegarci qualcosa nel dettaglio e, soprattutto, perché questa scelta letteraria? Come spiegare la filosofia di vita Miltoniana "meglio Regnare all'Inferno che servire in Paradiso", se non trasponendola nei miei lavori? Sei sentimentalmente legato a Diletta Brizzi, autrice che questo blog ha già avuto modo di conoscere e apprezzare. Potremmo dire che è proprio grazie a lei se ora anche tu fai parte di questo mondo di parole ed emozioni. Con Diletta hai anche dato vita a dei lavori a quattro mani. Che consigli daresti a chi si vuole cimentare in questo tipo di stesura? Capitava spesso, durante la stesura di "Take me into your Hell", che uno dei due fosse pronto a scrivere e l'altro no. Nel settembre 2013 esordisci con "Take mi into your hell", scritto in collaborazione con Diletta Brizzi. Daccene un assaggio.
Nell'agosto 2014 pubblichi il racconto paranormale "Virtutem Diaboli - La virtù del Diavolo". Di cosa si tratta? Breve storia etichettabile come urban fantasy (termine che non amo utilizzare), ma in cui ho tentato di celarvi un significato. Sotto un linguaggio a tratti aulico e per alcuni "pesante", ho voluto rendere omaggio a John Milton narrando un normale e quotidiano conflitto tra un angelo e un demone, immergendo il tutto nella filosofia descritta nelle risposte sopra, stavolta, avendo come protagonista niente meno che un emissario degli Inferi, in modo decisamente più palese. E sempre nell'agosto 2014 dai vita al romanzo storico "Spartan Atto Primo: La guerra di Nabide". Cosa troveranno i lettori al suo interno? Un fatto storico che per volontà dei vincitori di quel conflitto chiamato Guerra Laconica passò in sordina, un personaggio carismatico e attaccato ai valori della sua patria, sacrificio, passione e spero, anche emozione.
Come nasce l'idea per questo libro? Quando si parla di Sparta, la mente va automaticamente alla Guerra Persiana, agevolata anche da produzioni cinematografiche del calibro di "300". Tuttavia per una società che faceva della guerra la propria ragione d'esistenza, quell'evento non è che un minuscolo tassello di un grande mosaico composto da quasi mille anni di conflitti, grandi vittorie e ancor più gloriose ed eroiche sconfitte. Quale messaggio vuoi lanciare e quali tematiche affronti in "Spartan Atto Primo: La guerra di Nabide"?
E nel prossimo dicembre 2014 seguirà il secondo capitolo della tua avvincente saga "Spartan Atto Secondo: La città di fuoco". Puoi darci qualche anticipazione? Innanzitutto anticipo il fatto che l'uscita è fissata per dicembre, ma potrebbe esserci un leggero posticipo dovuto a incombenze personali. Sempre nell'autunno 2014 esce anche il racconto "Il fascino del male" scritto a quattro mani con Diletta Brizzi. Cosa ci aspetta in questo testo dal titolo tanto accattivante? Sarebbe scontato rispondere "sangue, tanto sangue", ma in questo caso la risposta che ci si aspetta è esattamente quella che rappresenterà al meglio questo lavoro. Hai qualche altro progetto in cantiere di cui vuoi metterci a parte? Ho avviato la stesura di "Spartan Atto Terzo: Lo spettro del Tiranno", ma essendo questa una storia a sé stante (la storia principale di Nabide trova epilogo nel secondo libro), sto procedendo con molta calma. E' stato un piacere ospitarti nel mio blog. In bocca al lupo! Il piacere è stato mio Linda, un saluto ai lettori!
Questo, come eventuali miei progetti futuri (probabilmente un sequel de "Il Fascino del Male" o qualcosa sempre però legato ai lavori già pubblicati) non vedrà la luce prima della seconda parte del 2015.
La Contessa Sanguinaria, Erszebeth Bathory, in tutti il suo vampirico splendore vi aspetta in un racconto fantasy ma, come sempre, ricco di riferimenti storici. Una storia a base di zanne, sangue e passione.
Riguardo la trama che esso proporrà, riprenderà esattamente laddove il precedente si è concluso, continuando la narrazione del conflitto tra forze che vede contrapposti gli spartani contro l'alleanza romano-achea.
Farà finalmente la sua comparsa Flaminio, il grande nemico di Nabide che fin'ora ha manipolato gli eventi da dietro le quinte e che il protagonista ha avuto modo di incontrare un unica volta, nei primi capitoli dell'Atto Primo, pur non riuscendo a vederlo in volto.
Verranno rivelate identità di traditori, cospiratori nell'ombra e farà il suo ritorno un nemico che per Nabide si dimostrerà ben più infimo e meschino di Flaminio, quest'ultimo il quale tuttavia dimostra una certa sintonia ai valori cui crede il protagonista e per certi versi lo rispetta anche. Molti sono i romanzi che trattano di Sparta, nessuno che non tratti della Guerra Persiana.
Così scelsi di prendere il timone della barca in mano, e remare verso una direzione diversa, narrando le gesta dell'ultimo Re di questa disciplinata nazione bellica, passato alla storia come un tiranno per scelte compiute unicamente per tentare il tutto per tutto pur di salvare la propria terra e con essa ciò che più amava.
La Guerra Laconica verrà ripercorsa attraverso il suo punto di vista, spiegando il come e il perché di alcune sue scelte storiche e le ragioni che portarono Sparta a modificare il proprio assetto politico prima e a perdere l'autonomia dopo. Ci troviamo davanti a un conflitto fatto di parole, una guerra verbale dove colui che espone le proprie ragioni nel modo più convincente può avere la meglio sull'altro. Premio finale per questo gioco cui angeli e demoni sottopongono l'umanità ormai per passatempo avendone dimenticato le ragioni, la caduta in disgrazia dell'altro, oltre che la conquista dell'anima della sventurata di turno che si ritroverà a comprendere con le sue esperienze come i concetti di bene e male siano sempre appartenuti alla visione individuale che l'individuo ha del mondo.
Se desiderate scoprire chi dei due ha la meglio sull'altro e a quali argomentazioni adduce, non vi rimane che leggere "Virtutem Diaboli". Senza sforzo, è composto da poche pagine, ma che spero facciano riflettere le persone dotate di mente più arguta. Personalmente sono una di quelle persone baciato raramente dall'ispirazione e allora colgo l'occasione per rigettare su una pagina bianca di word o un foglio di quaderno ciò che mi passa per la testa, dandogli forma e movenze.
Diletta è in gamba, dotata di un estro creativo decisamente superiore al mio, un'ispirazione che non l'abbandona mai. Io invece ho bisogno delle condizioni ideali per creare qualcosa cui alla fine, riguardandolo, possa rendermi fiero.
Scrivere un romanzo a quattro mani quando il soggetto possiede le mie stesse necessità può risultare problematico per alcuni, per questa ragione le doti essenziali per lavori di questo tipo sono essenzialmente due: un'unica visione dell'insieme (i due scrittori devono ragionare come se possedessero una sola mente per tutta la stesura del romanzo), un piano lavorativo che renda meno difficoltosi i casi come quello sopra descritto, ragione per cui ne "Il Fascino del Male" mi sono portato avanti in uno dei momenti di ispirazione cui ti accennavo, scrivendo completamente tutte quelle che sono le mie "parti". Non mancano che i passaggi e i capitoli di Diletta che è libera di sviluppare secondo le sue tempistiche e nel modo a lei più congeniale, che sia in casa o in biblioteca come al tavolino di un bar.
Ognuno dei miei personaggi è a modo suo legato a questa visione, tutti, da Ade a Nabide, da Persefone alla Contessa Bathory, sono nomi e figure senza vittorie, ma con grande gloria nella sconfitta.
Ognuno di loro ha volutamente scelto la libertà tra le fiamme, l'oscurità e la guerra alla pace tra le catene della schiavitù, del servilismo o del vassallaggio.
Nabide scelse di rischiare il tutto per tutto e mettere a repentaglio la sua Sparta lottando contro i romani, piuttosto che piegarsi a essi ed esserne vassallo.
Ade dichiarò guerra al Cielo e accettò la sorte di Re degli Inferi, pur di vivere liberamente e senza condizioni se non quelle da lui imposte l'amore con la bella Persefone.
E per finire la Contessa Bathory, decisa a dannare la propria memoria per l'eternità pur di preservare ciò che ella più anelava: la giovinezza.
Personaggi diversi nel contesto letterario e nell'epoca, ma uguali nell'animo.
Tale messaggio volutamente subliminale rappresenta la veduta del mondo che mi appartiene, la libertà di conoscenza di ciò che ci circonda e di noi stessi, di apprendimento e utilizzo del proprio potenziale secondo il proprio volere, liberi dalle catene altrui.
Troverete tutto questo nei miei testi, partendo dai personaggi fino ad arrivare a un nome ricorrente, presente in ogni epoca e cultura e che dunque ho deciso di portare su carta per evidenziarne l'eterna presenza storica, il personaggio misterioso da te menzionato nonché la miglior rappresentazione di quanto detto fin'ora. Molti lo avranno sicuramente già capito.
Per capire il presente occorre conoscere il passato e da esso impararne affinché si possano ripetere le esperienze tentando di evitarne i medesimi errori, danzando tra essi come fossero meri ostacoli di cui si conosce già la risoluzione.
Nei miei lavori infondo la conoscenza del passato, affinché inconsciamente anche le generazioni d'oggi tanto avverse allo studio della storia possano venirne a conoscenza tramite la lettura di generi a loro affini, dal fantasy al mitologico allo storico/guerresco.
Coloro che riescono a emozionarmi in tal senso sono per me artisti, e John Milton è il primo tra tutti.
Egli è stato capace, con "Paradiso Perduto", di conferire al Demonio un eroicità blasfema per i tempi in cui il poeta è vissuto, riuscendo con il suo poema principale a far calare il lettore negli occhi del Diavolo, seppur venga a più riprese sottolineata la sua nefandezza d'animo, inducendolo a patteggiare per lui.
Un lavoro psicologico dunque, che in parole comuni per l'epoca cela aggettivi capaci di rendere oggettivo il senso di una frase, ma soggettivo il significato, portando essa a insinuarsi, sinuosa come un serpente, nella psiche del lettore e instillando in lui quel magnifico elemento che è alla base dell'evoluzione umana e della ricerca della verità: il dubbio.
Nei miei testi, romanzi o racconti, infondo sempre un timbro storico. Si tratti di "Spartan", il quale è storia, "Take me into your Hell" con l'antica mitologia ellenica, o "Il Fascino del Male" con la Contessa Bathory, l'elemento centrale di ciò che scrivo deve avere radici nel passato. Salvo unicamente "Virtutem Diaboli" con il quale ho tentato di tuffarmi nella psicologia dell'eterno conflitto tra bene e male, concetti relativi e individuali più che due assolutismi come secoli di oscurantismo hanno tentato di farci credere.
Per le ragioni di cui sopra ho scelto di utilizzare come nome d'arte qualcosa che avesse un riferimento storico, Alessandro il Grande mi è stato di ispirazione.

[...] "Zeus non ti odio perché mi hai privato del Cielo, ti odio perché mi hai privato dell'amore" mormorò tra sé e sé poco prima che un ghigno malefico si dipingesse sulle sue gelide labbra. "E ora quell'amore me lo prendo con la forza!" [...]

INTERVISTA A YVAN ARGEADI

[...] Lottate per ciò che amate, perché laddove non sarete in grado di dare anche la vita per esso, e tornerete da sconfitti, significherà che avete pensato prima a voi stessi e alla vostra salvaguardia che al bene di tutto ciò che amate. Per questo nessuno a Sparta fa ritorno da sconfitto.[...]
Queste sono, a grandi linee, le parole di Nabide.
Non serve che io condivida o meno la filosofia di vita spartana, serve che io la racconti. Non credo nei valori cui credevano loro, eppure li ammiro perché per essi erano pronti a dare la vita, come probabilmente io farei per altre cose.
In Spartan, come in ogni romanzi dedicato agli spartani, il tema ricorrente che si affronta è il sacrificio, e non potrebbe essere altrimenti quando i protagonisti sono guerrieri la cui unica e massima aspirazione nella vita è la morte in guerra.
Ma gli spartani non combattevano per conquistare, o per fare bottino. Non saccheggiavano, non stupravano, nulla di tutto questo. Erano disciplinati a differenza di Assiri, Vichinghi e qualsiasi altra popolazione guerriera abbia lasciato la propria firma nella storia. Non erano bruti, erano SOLDATI che non combattevano per denaro, ma per gloria e indipendenza della loro nazione. Per amore di ciò che possedevano. Questi erano gli spartani e a loro, a Nabide come ai suoi antenati Leonida, Agide, Lisandro, Eurito, Aristodemo, Macanida e molti altri dovrebbe essere dedicato più spazio nei libri di storia.


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