Ho cominciato a collaborare con Libriamo a partire dalla seconda edizione, in veste di presentatore di alcuni autori. Dalla terza edizione – questa è la sesta – il mio coinvolgimento è diventato sempre maggiore, anche in termini organizzativi, sia perché la scrittura e la realizzazione di prodotti editoriali sono anche il mio lavoro, sia perché il crescendo del festival trasmette un entusiasmo contagioso che aiuta a superare molte difficoltà: dall’abbondante impegno di energia richiesto alla carenza di risorse, ormai drammatica.
Ritiene che un festival letterario possa incidere sull’immaginario collettivo vicentino? In altre parole, quanto un evento simile si incunea nella terra delle piccole e medie imprese?
Anche quella d’impresa è una forma di cultura, che può coesistere benissimo e anzi rafforzare l’amore per i libri ed esserne rafforzata. Ritengo che un festival letterario, soprattutto il nostro che è molto radicato nel territorio veneto (dai temi agli autori, ai luoghi), sia come un contadino che getta semi confidando che molti attecchiranno. A valutare la crescente presenza di spettatori (e molti sono imprenditori e professionisti), l’opera di semina dopo sei anni sta producendo ottimi frutti…
Se dovesse scegliere la più importante soddisfazione vissuta collaborando con Libriamo?
Dal punto di vista civico, organizzare un festival che valorizza gli splendidi chiostri di Santa Corona e porta i vicentini in massa fuori dalle case è un risultato di cui vado molto fiero. A livello personale, invece la soddisfazione maggiore è duplice: da un lato respirare un’aria, condivisa col pubblico, di festa e di benessere durante gli incontri con l’autore e le altre numerose attività, quasi tutte a ingresso gratuito. Dall’altro lato, per noi organizzatori, c’è la possibilità di confrontarsi con personaggi di valore e condividerne l’umanità e lo spessore intellettuale. Faccio un esempio: Andrea Vitali che durante la cena dopo la presentazione racconta gli aneddoti da cui nascono le sue storie; o Petros Markaris, col quale si discute dell’etimologia comparata di alcune parole in varie lingue europee, “morte” e vivissime.
Racconti ai lettori di Sul Romanzo la ragione che la spinge a occuparsi di cultura e di come immette tutto questo nella sua presenza attiva nel festival.
Mi occupo di cultura da molti anni perché penso che la conoscenza e quindi la consapevolezza possano accrescere il senso critico delle persone, che mi sembra assai latitante. Per questo, in oltre vent’anni di attività, ho scritto migliaia di articoli, pubblicato libri, organizzato eventi, condotto presentazioni di autori e convegni (su www.alessandrozaltron.com un sunto delle mie attività). Per Libriamo partecipo all’ideazione del programma, al “reclutamento” degli autori, alla conduzione di alcuni incontri e mi occupo dell’ufficio stampa.
Che cosa può fare il giornalismo per la letteratura e viceversa?
In senso lato, giornalismo e letteratura hanno sempre dialogato. Se si pensa che due degli autori da noi omaggiati a Libriamo, e cioè il vicentino Goffredo Parise e il trevigiano Giovanni Comisso, erano sia giornalisti che scrittori, possiamo capire come i due piani possano positivamente contaminarsi e raggiungere risultati di eccellenza. Nel caso specifico di Libriamo, i giornalisti possono aiutare, divulgando il festival, ad avvicinare potenziali lettori ai libri e alla lettura, mentre i libri e i loro autori possono concorrere alla comprensione della vita quotidiana, integrando il compito che dovrebbe essere della cronaca giornalistica.