Magazine Fantasy
Laureato in antropologia, sfrutta le tematiche della sua formazione accademica per arricchire le sue opere.
Nel 2010 ha pubblicato il suo primo romanzo di narrativa fantastica , La Razza Maledetta.
Benvenuto nel nostro angolino magico. Per cominciare raccontaci qualcosa di te, chi è e perché scrive Alessio Banini? Sono nato nel 1983 in provincia di Siena, vivo a Montepulciano, sono laureato in antropologia culturale. Mi occupo di scrittura e comunicazione sul web, cerco di inserire le tematiche preferite della mia formazione accademica all'interno dei miei romanzi. Oltre che per piacere e per necessità artistica, scrivo per comunicare agli altri i miei spunti di riflessione.
Sangue ribelle. Ci racconti in breve di cosa parla? Sangue Ribelle è un romanzo autoconclusivo, la cui trama si snoda attraverso tre ribellioni contro l'Impero che domina tutto il mondo conosciuto. Non è un romanzo distopico, in cui i ribelli si trovano a combattere contro una tirannia malefica, ma i rapporti sociali sono molto più complessi. Nella prima ribellione una razza schiavizzata dall'Impero cerca di fuggire dalla sua riserva ai margini del deserto; nella seconda ribellione, un nobile cerca di mantenere i suoi privilegi feudali alla corte imperiale. Nella terza ribellione, gli spettri del deserto dichiarano guerra al mondo dei vivi, minacciando la sopravvivenza dell'Impero. Le vicende delle tre ribellioni si intrecciano in un unico finale.
La ribellione è uno dei temi intorno a cui ruota il romanzo. Cos’è per te la ribellione? Cosa vuol dire essere ribelli in una società come la nostra che sembra aver perso il rispetto per le regole? Nel romanzo ho scelto di parlare di ribellione, piuttosto che di rivoluzione, per motivi che saranno evidenti nel finale. Parlo di ribellione perchè è in gioco la sopravvivenza: nel romanzo la violenza, la guerra e la vendetta diventano una spirale che si autoalimenta, perchè la ribellione è la principale alternativa alla morte. La società italiana non credo che sia paragonabile alle vicende narrate nel mio romanzo; ci sono maggiori somiglianze con vicende del passato, oppure con vicende di altri paesi che stanno vivendo forti difficoltà interne.
C’è nel romanzo un personaggio al quale sei particolarmente legato o in cui ti riconosci? Sicuramente Elifas Levi. A differenza delle altre due voci narranti (Shillar e Naven) non è alla guida della sua ribellione, ma si fa trascinare dalla Regina degli Stracci. Lui è consapevole fin dall'inizio dell'esito della ribellione, ma prosegue lo stesso. Il suo nome è un omaggio a uno dei più grandi studiosi di esoterismo dell'Ottocento.
Se Sangue ribelle avesse una colonna sonora quale sarebbe?
Sono molto felice di questa domanda! I miei personaggi hanno delle ispirazioni musicali ben precise, e invito i lettori ad ascoltare queste canzoni: · Levi: “Undead Son” dei Tarot · Aisha: “Naschtok is Born” degli Aina · Naven: “Platina” dei Siddharta Per gli amanti del genere, poi, i Kamelot sono una delle principali fonti d'ispirazione musicale per tutta l'ambientazione di Daemon Inside. La canzone “Ghost Opera” si adatta bene all'atmosfera di Sangue Ribelle, a mio avviso.
A chi consiglieresti la lettura di Sangue ribelle e perché? A tutti quelli che preferiscono un romanzo autoconclusivo a una saga infinita; a tutti quelli che preferiscono spunti di riflessione a intrecci cervellotici. A tutti quelli che cercano un fantasy originale e non autoreferenziale. E anche a tutti gli altri, ovviamente: perché non provare qualcosa di nuovo?
Da La razza maledetta a Sangue ribelle, cosa è cambiato? L'ambientazione è la stessa. Cambiano le vicende, cambiano i protagonisti, i luoghi e le epoche storiche. Soprattutto, cambiano i temi trattati: l'ignoranza nel primo, la ribellione nel secondo. E poi sono cambiato io: un anno in più di esperienza nell'utilizzo delle tecniche narrative e nella maturazione dello stile.
Quanto è in che modo il tuo interesse per l’antropologia influenza la tua scrittura? L'influenza più importante è nell'ambientazione: Sangue Ribelle fa parte del ciclo di Daemon Inside, una serie di romanzi autoconclusivi che condividono la stessa ambientazione, e che ho curato con particolare attenzione, seguendo la mia formazione accademica. L'antropologia è poi evidente in alcune tematiche affrontate durante i romanzi: la formazione delle identità, i rapporti tra le culture, le dinamiche dei gruppi sociali e così via. Questo mi permette di parlare del nostro mondo anche all'interno di un'ambientazione fantasy: il tentativo è quello di coniugare riflessione e intrattenimento.
Quali sono secondo te gli elementi indispensabili per la stesura di un buon fantasy? Non credo che ci siano elementi indispensabili, ormai ogni sottogenere può trovare una nicchia di appassionati. Per quanto mi riguarda, penso che uno degli elementi principali sia il “Sense of Wonder”, a volte dimenticato da alcuni autori. Anche la cura dell'ambientazione e la sua coerenza interna sono elementi che condizionano molto il mio giudizio.
Qual è il tuo rapporto con la lettura? Ci sono degli autori che ti hanno influenzato o a cui ti ispiri?
Sarò banale, ma tutte le letture mi hanno influenzato, a loro modo. Sicuramente, però, i due autori a cui mi ispiro maggiormente sono Neil Gaiman e Valerio Evangelisti.
Cosa ne pensi del fantasy italiano? E degli autori emergenti che si cimentano in questo genere? Ti è capitato di leggerne qualcuno che hai apprezzato particolarmente? Degli autori emergenti penso tutto il bene possibile: la concorrenza tra gli esordienti e la drammatica crisi editoriale non devono far dimenticare l'importanza di una forma d'arte come la scrittura creativa. L'importante è passare più tempo a leggere che a scrivere. E, tenendo conto che è necessario scrivere tanto per diventare bravi, è necessario leggere tantissimo, senza fare troppo gli schizzinosi!
Cosa puoi raccontarci della tua esperienza editoriale? È stato facile trovare un editore per i tuoi romanzi? Sì, a pochi mesi dall'invio dei manoscritti ho ricevuto delle proposte editoriali, e sono soddisfatto della mia esperienza. Sono passato da un'autopubblicazione acerba a romanzi più maturi, quindi la considero una crescita professionale. Ho cestinato immediatamente le proposte di pubblicazione con contributo: non è un caso se l'editoria a pagamento è considerata “Vanity Press”. I clienti di una casa editrice devono essere i lettori, non gli autori.
Recentissima è la trasposizione in versione anche digitale del tuo Sangue Ribelle. Da lettore, che rapporto hai con gli ebook e come stai vivendo l’avvento dell’editoria digitale? La mia aspirazione è quella di aiutare i lettori a pareggiare i tavoli con i miei libri, quindi l'avvento dell'editoria digitale mi ha rovinato! Scherzi a parte, non ho molti ebook: dopo più di vent'anni passati ad accumulare libri cartacei, è difficile per me cambiare stile di lettura. Tuttavia, apprezzo il loro impatto nel mondo editoriale e credo che sia un errore opporsi alla loro diffusione. Dietro al feticismo della carta stampata rischia di nascondersi la morte dell'editoria. L'evoluzione verso il digitale è fondamentale, a mio avviso: le case editrici potranno abbattere i costi di stampa e investire maggiormente in editing e distribuzione (i veri problemi attuali, per gli esordienti).
Progetti e sogni per il futuro? A breve dovrebbe uscire un mio saggio di antropologia economica; sto inoltre revisionando un paio di manoscritti per pubblicazioni future, e altre piccole pubblicazioni digitali sono in dirittura d'arrivo. All'interno del mio blog pubblico alcuni racconti a puntate in anteprima o in esclusiva (www.alessiobanini.it). Al suo interno ci sono anche tutti gli altri progetti a cui sto lavorando: romanzi a più mani, urban fantasy, steampunk italiano, narrazioni multimediali e tanto altro ancora. In generale, vorrei continuare a pubblicare con costanza le mie opere, ma ancor di più a scriverle!
E per saperne di più...
Leggi l'anteprima di Sangue ribelle Visita il sito dell'autore
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