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Intervista ad un Magliuomo: Paolo Dalle Piane

Da Kate Alinari

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Inizia con questo post (o forse no) la saga delle interviste. Partiamo con una vera celebrità, un uomo che fa la maglia o come preferisce farsi chiamare lui un Magliuomo: Paolo Dalle Piane!
Paolo è un knit wear designer, fondatore dei Magliuomini, gruppo su
Facebook di uomini che fanno la maglia, appassionati di altre attività
tessili e loro simpatizzanti.
Ma lasciamo la parola a lui, visto che è un gran chiacchierone.

Kate: Tu sei un Magliuomo, un uomo che fa la maglia, raccontami come nasce
questa passione.

Paolo Dalle Piane: Ciao Kate! mi fa un pò strano rispondere a te che mi conosci ormai piuttosto bene, ma a beneficio di coloro che non hanno mai dovuto sopportare i miei “pipponi”, chiaccherò ben volentieri. A conferma del fatto che è più facile acchiappare un’anguilla che farmi star ferma la lingua

;-)

Ho iniziato a fare la maglia che nemmeno me lo ricordo. Mia nonna Vienna mi raccontava che quando avevo sei anni, mentre lei stava lavorando una lana arancio abbagliante, mi avvicinai a lei ed appoggiandomi alle sua ginocchia, le chiesi: ” Nonnina (lei è sempre stata “la mia Nonnina”), mi insegni?”.
Dopo, il vuoto totale.
Mi ricordo che allora, ormai si parla di 34 anni fa, mese più mese meno, i preconcetti c’erano eccome. Un uomo che faceva la maglia era considerato “una donnicciuola”, come si diceva dalle nostre parti in toscana.
Ho ben chiara la prima volta che tornando da scuola, in 5° elementare, mi fermai a comprare due gomitoli di lana: uno bianco ed uno nero. Avevo visto come fare lo jacquard e mi ero incaponito di voler trasformare uno schema a filet (allora non si trovava un granchè di shcemi o altro) in un disegno bicolore a maglia.
E l’acquisto ebbe un sapore “proibito”, nemmanco la merciaia fosse una spacciatrice nel senso più stretto del termine!
Mi ritrovavo a fare la maglia di nascosto: chiuso in garage, di notte quando tutti dormivano. Cercando di non lasciare in giro “le tracce” di quello che io avevo inteso essere un disturbo della personalità…
Ma, si sa, a tali passioni è difficile metter freno. Poco alla volta mi spinsi a chiedere maggiori ragguagli a mia nonna. Era una magliaia instancabile, costante, precisa ed indefessa. Impossibile cercare di “disintossicarsi”!
Scoprì che l’amore di mia nonna per me e per le doti tessili andava oltre qualsiasi tipo di preconcetto.
Ben preso mi ritrovai una fettuccia verde di viscosa verde fluorescente (a pensarci oggi mi vengono i brividi), con la quale realizzai uno scialle traforato a mia mamma: uno di quei classiconi triangolari, bottom-up a foglie semplici. Ricordo la fatica nello spingere quella maledetta viscosa sui ferroni dell’8, de plastica! Altro che i nichelati d’oggi! Età…boh.-..circa 12 anni
Dopo numerosi esperimenti arriva il primo maglione completo, intorno ai 17 anni. Siccome mi sono sempre piaciute le sfide semplici…lo realizzai con il gioco di ferri, top-down: un guazzabuglio di trecce e grana di riso, se ci ripenso mi vengono disturbi cognitivi di vario genere
:-D
. Per farlo comprai due kilate d’alpaca naturale…Per corrispondenza, perchè nei negozi si trovavano solo lane di …”lana”, molta angora, mohair…poco altro.
Oh….se vuoi continuo a parlare eh? ma come prima risposta dovrebbe bastare!

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Vintage Smoke

K: Che cosa significa essere un knitwear designer oggi, nel nostro
paese? ….E all’estero?

PDP: Essere un knitwear designer significa principalmente amare la maglia a dismisura.
Eccome se è possibile farne una professione! Ma è necessario possedere davvero grande passione, determinazione, umiltà, e pure una notevole disciplina.
Saper conciliare gli assurdi voli della fantasia con i desideri dei clienti e le mode del momento, non è affatto semplice e si rischia di perdere velocemente lo stimolo per andare avanti.
Si deve aver chiari i propri gusti, la propria personalità. Saper accettare anche dei lavori che non sono esattamente “a misura” di desiderio e trovare anche in questi la chiave per una nuova sfida, per apprendere al meglio una tecnica o superare uno scoglio sul quale ci si era arenati.
Per esempio, lavorare un filato che trovo terribilmente odioso, perchè di scarsa qualità o di pessima resa, mi costringe ad una ricerca, affinchè il lavoro sia comunque soddisfacente per me e per chi lo commissiona.
Si deve inoltre saper essere perfettamente puntuali nelle deadlines (data ultima di consegna). Far slittare la consegna di un lavoro è una delle prime cause della perdita di credibilità. Posticipare le consegne innesca inoltre un pericolosissimo (brrrr) effetto domino su tutte le successive commissioni. I ritardi si accumulano e…addio! non si recupera più.
Ricordo che l’anno scorso lavorai ininterrottamente dalle 18 di pomeriggio sino alle 7 del mattino successivo per consegnare un abito natalizio da bambina. Ce la feci…poi dormì una giornata intera!
Poi, col tempo, gli sforzi vengono ripagati in stima e credibilità. Si hanno più offerte e ci si può permettere di rinunciare a qualche commissione e dedicarsi a quelle che rispecchiano maggiormente i propri gusti e desideri.
Ma occorre lavorare sodo. Parecchio. Osservare coloro che svolgono questo mestiere da molti anni ed imparare da loro.
Tu ti starai chiedendo “ma ci si campa??”. Si. Ma a fatica e con un’amministrazione ben gestita. Sforare il budget con un acquisto d’impulso o partecipare ad una fiera senza aver considerato se ne hai un ritorno effettivo può voler dire il tracollo finanziario e l’interruzione di un sogno.
L’ideale è svolgere un lavoro part-time che, col tempo, possa essere abbandonato per potersi dedicare esclusivamente a quello di designer.
Importantissimo e, a mio avviso, indispensabile, una discreta conoscenza almeno dell’inglese.
Campare di questo mestiere parlando solo l’italiano è impossibile. La maggior parte dei termini tecnici sono ormai in inglese, le aziende per le quali ho collaborato mi chiedono la traduzione dei patterns. La partecipazione ad una fiera internazionale implica che si conosca bene almeno l’inglese….ti ricordi Kate che all’ultimo Pitti Filati c’erano anche francesi e tedeschi con i quali mi sono dovuto arrangiare? Insomma…più si è in grado di comunicare, più porte aperte si hanno e di conseguenza maggiori opportunità di lavoro.
All’estero tutto funziona in maniera decisamente più “scorrevole” per i knitwear designer. Il mercato è molto più ampio e non c’è un “elite” di disegnatori che monopolizza il mercato. Un pò come a dire: “c’è posto per tutti perchè ognuno di noi ha uno stile diverso.”
Il discorso si farebbe troppo lungo perciò…basta così (comincio ad avere la gola secca…c’è un pò d’acqua in questo blog???

:-)

giacinto

Giacinto – Paolo Dalle Piane for Hircus Filati

K: Quali sono le tue fonti di ispirazione, i tuoi modelli? Che cosa
odi e che cosa ami in quanto artigiano della maglia? Come ti tieni
aggiornato, e…. Infine, quali letture/approfondimenti consiglieresti
a chi vuole intraprendere il tuo mestiere?

PDP: Oggesùmmammina che domanda da cuffione! Trovo ispirazione ovunque. Può essere un filato particolare, un immagine, un’occasione, una pietruzza intravista in offerta ad una bancarella…anche solo uno stato d’animo od un’associazione d’idee.
Trovo meravigliosa la mente umana ed il suo girovagare inarrestabile da un’idea all’altra. E’ elettrizzante l’idea che la maglia possa permettermi di rappresentare in un capo pensieri, che richiederebbero kilometri di testo per essere scritti. Che i pittori, i musicisti, gli scultori provino qualcosa del genere? Non saprei e non voglio nemmeno lontanamente paragonare le due cose, ma forse il meccanismo è lo stesso.
Della maglia amo TUTTO! E quando dico tutto, intendo tutto! Anche se personalmente ho gusti ed idee molto precise in proposito (o almeno credo…

;-)
.
Amo la qualità dei materiali e dell’esecuzione. Essendo la maglia la trasposizione di un mio stato d’animo, non concepisco come potrei bistrattarla, non riservandogli il meglio di ciò che posso avere. E’ principlamente cura e riguardo per se stessi in questo caso.
Usare filati scadenti e fare dei lavori raffazzonati capita anche a me ed è in quel caso una scelta consapevole. Esattamente come quando ci si prende una ciucca con una bevuta di troppo, sapendo perfettamente che fa molto male, ma che per una volta è pure molto liberatoria ed in alcuni casi perfino opportuna! Consapevolezza e giudizio sono ormai da tempo un motto del tutto personale, ognugno ha il suo personale, la maglia e le arti tessili non fanno eccezione. Io sono un democratico convinto anche sotto questo punto di vista.
Cercare di integrare queste passioni all’ecosostenibilità, al commercio etico, alla conservazione dei posti di lavoro è veramente difficile e forse impossibile. Ma cerco di crescere anche in questo senso e sento che, per il principio stesso di democrazia, è un mio dovere farlo. Diversamente sarei solo un egoista che soddisfa solo il proprio piacere.
Uff….che fatica st’intervista!
Mi tengo aggiornato con tutto ciò che vedo e sento. Il web principalmente e negli ultimi anni è stato salvifico per chi si trovava inbottigliato dalla ristretezza dell’offerta italiana. Ci sono evidenti ragioni storiche che hanno portato il nostro paese a retrocedere rispetto agli altri in campo maglia, che altri designer e critici del settore meglio di me potrebbero spiegare. Non perchè noi siamo “stupidi”, ma perchè ci siamo fatti forse distrarre e mal indottrinare. Perchè sottovalutiamo il valore dell’artigianato da sempre, prediligendo le “grandi firme” e non riflettendo sul fatto che anche loro si rivolgono spesso a fior fiore d’artigiani per realizzare le loro collezioni “haute couture” (mica scemi, eh). Ci sembra accettabile il prezzo di 2000 per una borsettina firmata realizzata a crochet? Quando, senza il brand, ci rifiutiamo di pagarla 300 ad un artigiano che impiega un’intera settimana da 40 ore lavorative a realizzarla? E’ concepibile tutto ciò?
Quindi ben capirai che in Italia non ho un granchè da cui attingere per essere aggiornato. A parte il nostro gruppo (è nostro il gruppo , Kate! e tu gli hai donato il nome) dei Magliuomini su FB ed a qualche blog molto ben fatto e curato. Acquisto le mie riviste all’estero, fra l’altro ad un costo persino inferiore rispetto a quelle italiane, infarcite per 3/4 di pubblicità e con modelli e tecniche cementate a 20 anni fa, monopoliste nei designer, nei fotografi e persino nei truccatori e parrucchieri che curano i servizi!!!! Non pago per vedere delle foto, pago per imparare qualcosa.
Sono abbonato da 3 anni circa alla T.G.K.A. (The Knitting Guild Association) che, vi assicuro sul mio onore di knitter, è una vera e propria accademia della maglia, con loro non si scherza!
Recentemente ho deciso di intraprendere il “Master I level” per la maglia a mano. La commisione cui si soppongono i lavori è formata da una decina di affermati designer ed insegnanti, che lavorano a maglia da decenni, capaci di scrivere un articolo di 4 pagine solo per valutare se sia più opportuno fare un accavalata semplice od un SSK (passa, passa e lavora) per diminuire una maglia.
Se nel campione inviato, anche solo una maglia è distorta, ritorta o slargata…te lo rimandano indietro e lo devi rifare.
Non è per ricerca di perfezione che lo faccio, ma perchè desidero che a valutare oggettivamente ed obiettivamente il mio lavoro sia un pool di persone che oltre alla maturità “maglistica”, abbiamo anche quella personale. Queste sono doti essenziali per non incorrere nell’errore, di valutare non per la pura tecnica utilizzata, ma per un gusto personale od un preconcetto. I gusti personali, l’estro, l’interpretazione sono poi un’altra cosa e spero anche io di non incorrere in questo errore.
Un pò come dire: se imparo a danzare voglio che mi sanguinino gli alluci dal dolore, ma voglio imparare come dev’essere. Io non sono un talento “naturale” della maglia, come ne esistono per la danza, e l’interpretazione passa per l’acquisizione di quella “dote” di cui sono coscientemente privo.

B-RIGHT

B-RIGHT – Palo Dalle Piane for Hircus Filati

K: Hai fondato un gruppo di uomini appassionati di maglia e altre arti
tessili, i Magliuomini, perché?

PDP: La strana attitudine del nostro popolo ad attribuire scelte sessuali “diverse” a chi fa la maglia sembra che stia cambiando. Attenzione, ho detto “sembra” ma non facciamoci illusioni. Ci sono ancora molti stereotipi che devono assolutamente crollare ma, soprattutto, ogni persona deve essere considerata per ciò che fa, dice ed è. Che sia uomo o donna poco importa. Che ami le donne o gli uomini non può e non deve essere assolutamente peso e misura del valore artistico ed umano.
Tutto ciò pare essere una peculiarità dell’Italia. All’estero non succede niente del genere e gli uomini sferruzzano e corchettano curandosi ben poco di quello che si afferma circa la loro “virilità” ma prestando invece molta attenzione a come vengono giudicati i loro lavori, se questi soddisfano le loro aspettative e quelle di coloro con cui li condividono. Cercano di affinare le loro tecniche espondendosi in prima persona e non temendo giudizi.
Come dicevo prima, fortunatamente un bel pò d’acqua è passata sotto i ponti e, seppure con qualche reticenza, i Magliuomini italiani cominciano a farsi sentire.
Eccezion fatta per Giuliano Marelli che ha fatto e fa tutt’oggi storia della maglia, no c’è un gran movimento. Ancora mi ricordo la mia sorpresa quando per la prima volta lessi il suo nome in un vecchio Benissimo. Erano gli anni ’80!
Il mio “idolo” è Stephen West. E’ moderno e dinamico, ha una Personalità con la P maiuscola ed ogni volta che crea un pattern è una continua scoperta.
Potrei farti però un elenco lunghissimo di nomi. Ti basti pensare che solo fra Gran Bretagna e Stati Uniti sono una cinquantina i nomi dei designer uomini, fra semi professionisti e professionisti assoluti di maglia e crochet, che mi sono appuntato.

inveno_irlanda

Inverno d’Irlanda – free pattern by Paolo Dalle Piane disponibile su MadeBykate (pagina schemi)

K: Domanda d’obbligo: ma sai fare l’uncinetto? E più in generale, pur
prediligendo la maglia, hai altri interessi come cucito, tessitura,
filatura…. (PS: grazie dello schema di Inverno d’Irlanda, i miei lettori apprezzeranno)

PDP: Nella mia vita, dopo e contemporaneamente alla maglia a mano, mi sono appassionato a tessitura, uncinetto,macchina da maglieria, forcella, telaietti, …’nsomma dove si usava del filo,…c’ero io!
Ho provato un pò di tutto come ogni buon “addicted” del settore, e se proprio dovessi dedicare il mio tempo ad un’altra attività, questa sarebbe la tessitura.
Forse il retaggio culturale della mia zona (Prato), dove i telai e le spole l’hanno fatta da padrone per decenni. Forse il fascino di un milione di fili d’ordito tesi ed ordinati, pronti per fondersi con la trama.
Devo ancora affrontare la filatura, con pochissimi attrezzi si può provare a filare, spendendo pochi centesimi di materiale.
Conto di farlo al più presto e subito dopo sferruzzarmi il MIO filato davvero unico.

K: Hai un sito, un blog, uno shop, come possiamo seguire le tue
avventure, acquistare i tuoi lavori o semplicemente contattarti?

PDP: Il gruppo dei Magliuomini ed il blog Maglia mia che passione !
Sono anche su Ravelry ma, almeno per adesso, non vendo niente di niente. Nè capi finiti nè patterns.
Col tempo chissà…tempo permettendo

;-)

mitredele

MitreDele by Paolo Dalle Piane

K: Paolo hai da poco iniziato a lavorare per Filitaly Lab, è cambiato qualcosa nella tua vita?

PDP: Si. Qualcosa è cambiato…Adesso sono davvero felice! Non sempre capita di poter dire “finalmente faccio il lavoro che desideravo!”.
Intendiamoci: non rimpiango nessuna esperienza lavorativa precedente. Ognuna di esse mi è servita ad acquisire maturità e competenze che oggi tornano utili alla grande. Anche se il mio attuale ruolo è prevalentemente più quello di impiegato commerciale e di customer care per l’aguglieria, essere letteralmente sommerso dal filato e dalle fibre da mattina a sera è una goduria immensa! Credo che in questo periodo di vacche magre, molti altri uomini e donne vorrebbero essere al mio posto, anche solo per poter avere uno stipendio. Io ho vissuto questo magico mondo della fibra dall’esterno come hobbista prima e come semi-professionista poi, quindi questa opportunità mi fa sentire doppiamente fortunato. Ti dirò che alcune volte mi sento davvero troooppo felice e mi domando “ma non sarà troppo tutto ciò?”

Ciao Kate, a presto amica mia!

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