Autore: Massimo Turcato
Editore: I Sognatori
Anno: 2014
ISBN: 9788895068336
Numero di pagine: 188
Prezzo: € 13,90
Contenuto: Romanzo a metà strada fra thriller e spy story. Partendo da una vergognosa speculazione economica compiuta dalla feccia dell’alta politica e dell’alta finanza, la trama racconta le conseguenze in atto: una tragedia lontana – che colpisce poveri e disperati – destinata a perdersi fra le aule di tribunale, fra ricorsi e cavilli giuridici. Qualcuno ritiene però che vi siano modi alternativi per compiere giustizia, e assolda l’unico uomo in grado di ottenerla: nell’ambiente è conosciuto col nome fittizio di Adriel, ha un codice d’onore al quale si attiene in maniera scrupolosa e nonostante il bell’aspetto e i modi gentili, i suoi metodi letali metteranno in crisi i responsabili di tanta sofferenza.
Consigliato a chi ama il thriller, la spy story alla Fleming, i killer solitari alla “Leon” (film di Luc Besson del 1994) dotati però di un inossidabile codice etico, la cultura orientale, tutti quelli che a loro volta detestano l’ingiustizia e che pure in un romanzo non vedono l’ora di veder morire la carogna di turno – possibilmente in maniera ingegnosa e con una sofferenza proporzionale a quella inferta.
Massimo Turcato è con noi, e ha accettato di rispondere a qualche domanda.
1. Il 5 giugno presenterai il romanzo a Vizzolo Predabissi (Milano). Puoi anticipare qualcosa?
Che dire? La mia personale sintesi di questo romanzo è la seguente.
Simeon Heiny è un industriale farmaceutico, uno degli uomini più ricchi del mondo, nonché un criminale, responsabile della morte di migliaia di persone, che non teme il giudizio di alcun tribunale. Per questo motivo un’associazione segreta, che persegue proprio coloro che non possono essere raggiunti dalla giustizia, decide di eliminarlo insieme ai suoi complici e di affidare questo incarico a Sebastian.
Esteta raffinato, gaudente inguaribile e individualista senza speranza, Sebastian è un assassino di assassini che segue ferreamente il suo codice: non si disonora usando armi da fuoco e non accetta mai di uccidere degli innocenti, le sue non sono vittime ma colpevoli e i suoi non sono omicidi ma esecuzioni.
Letale come l’angelo di cui porta il nome, ciò che Sebastian metterà in gioco in questa nuova missione sarà la sua stessa vita.
2. A che genere letterario appartiene “Adriel”?
Non credo si possa ascrivere a un genere preciso. Inizia come un romanzo di denuncia e si dipana poi più come un racconto di azione che come un thriller. Insomma più Fleming che Winslow, per capirci.
3. Si tratta di un romanzo di fantasia o hai tratto ispirazione da qualche fatto realmente accaduto?
Effettivamente l’episodio alla base del romanzo è tratto da un fatto vero. Lo scandalo del sangue infetto si sviluppò negli anni ’80 e ’90 e coinvolse molte nazioni. Durante quegli anni, infatti, alcune case farmaceutiche immisero sul mercato flaconi di sangue presi da individui ad alto rischio (es. carcerati, tossicodipendenti che si iniettavano droghe, persone con rischiose attività sessuali ecc.) infettando molte migliaia di persone in tutto il Mondo con i virus dell’AIDS e dell’epatite C. Purtroppo, come spesso accade, è l’arte a imitare la realtà.
4. La filosofia di vita di Adriel è un tutt’uno con l’arte della guerra. Lo scopo di essa “non è uccidere, ma perseguire l’annientamento del male. Essa consente di salvare le vite di molti, eliminando il male che vi è in uno solo”. A questo punto domando: qual è la tua posizione?
Non so se sia appropriato che un autore esprima giudizi morali sui propri personaggi e sulle loro azioni ma, se mi chiedi un’opinione sull’agire di Adriel, ti dirò che la frase, attribuita a Edmund Burke, “tutto ciò che è necessario per il trionfo del male è che gli uomini buoni non facciano nulla” mi trova profondamente d’accordo. E basterebbe riguardare all’origine delle grandi dittature del XX secolo per convincersi che il vecchio filosofo non aveva tutti i torti.
Dopo di che, se io sia o meno d’accordo con la filosofia alla base del Bushido poco importa, ciò che conta è che lo sia Adriel.
Mi spiego meglio. Quest’uomo non è un pacifista ma un guerriero, nel senso più classico del termine e cioè manicheo, solitario e determinato fino al sacrificio. D’altra parte non è neppure un’idealista, giacché chi appartiene a questa categoria (che ha generato santi e mostri quasi in eguale misura) dovrebbe perseguire i propri obiettivi senza un tornaconto personale, mentre Sebastian è un gaudente dai gusti raffinati e costosi. Questo suo edonismo trova, tuttavia, un limite nel desiderio che prova di dare alle proprie azioni un contenuto di natura morale, appunto perché è un vero guerriero. È un uomo pieno di contraddizioni? Naturalmente. Come ciascuno di noi. Come ogni uomo.
5. Che rapporto c’è, nel tuo personaggio, tra giustizia e vendetta? E quali sono i limiti dell’una e dell’altra?
La donna che uccide il marito che la batteva e seviziava fin quasi ad ammazzarla e che ora stava per farlo davvero, che atto compie?
Si dirà che la capacità di infliggere sanzioni è di esclusiva titolarità dello Stato. D’accordo. Ma lo Stato che punisce con la pena capitale o con il carcere a vita (l’intera vita!) un reato, per quanto grave, quale di queste due azioni sta esercitando?
Perfino quando di mezzo ci sono Dio e le Sacre Scritture questo confine si fa etereo fino a scomparire (si pensi semplicemente al Giudizio Universale o alla distruzione di Sodoma e Gomorra).
Quindi né io, né il mio personaggio ce la sentiamo di provare a spiegare la differenza ultima e i limiti tra giustizia e vendetta.
Sebastian, come lui stesso dice, si accontenta semplicemente di “rimettere le cose a posto”. Fa sì che chi è troppo astuto, potente o malvagio per essere raggiunto dalla giustizia ordinaria non possa farla franca. L’equilibrio era stato turbato ed ora è ristabilito. E’ questa giustizia o vendetta? Al lettore l’ardua sentenza.
Un’ultima considerazione: a chi non è capitato, una volta o l’altra, di vedere il terrorista che la passa liscia in un compiacente Paese senza estradizione, l’industriale straniero che ha causato la morte di migliaia di operai e se la ride delle sentenze dei tribunali o l’uomo che ha fatto sparire la consorte e, nonostante l’evidenza gridi al delitto, non può essere incriminato e di pensare: se ci fosse qualcuno…
6. Adriel non si pone nemmeno il problema di giustificare il proprio ruolo. Qualche scrupolo ce l’hanno coloro che ricorrono ai suoi servigi, tanto che si chiedono “Non vi pare che a volte questa nostra pretesa di sostituirci alla giustizia finisca per assomigliare a coloro cui diamo la caccia?” Come risponderesti a questa domanda?
I committenti di Adriel (almeno due dei tre) sono dominati dalla “sensazione che ricchezza e opere di carità non fossero sufficienti a colmare il senso di vuoto sullo scopo ultimo delle loro vite, e a compensare quel latente, inspiegabile senso di colpa che non li abbandonava mai.” Si tratta, insomma, di uomini che vedono in queste azioni sanzionatorie una forma di riparazione per il disagio che le proprie ricchezze e il modo in cui, forse, le hanno costruite crea alle loro coscienze.
Per Sebastian è diverso. A torto o a ragione, lui ha un solido ancoraggio morale nella Via e persegue il proprio imperativo con coerenza e senza dubbi. Se poi, la propria adesione al Bushido e ai suoi dettami ha la conseguenza di permettere al nostro protagonista di poter disporre appieno della propria vita e gli permette di soddisfare i propri desideri di esteta e bon vivant, egli non si cruccia affatto di questo e anzi lo accetta come un corollario utilitaristico al proprio agire.
Tutto questo è immorale? Dipende da cosa si intenda per moralità (concetto assai mutevole, legato alla storia, ai popoli e alle loro culture). Io credo che Sebastian ne abbia una propria che coincide con l’idea giapponese ampia e inclusiva di “onore”.
7. Adriel fa proprie delle vere e proprie prerogative divine. Come la divinità è innocente e terribile. Non si mostra, agisce nell’ombra, senza clamori, non ha un pubblico cui rendere conto. È il giudizio divino che si fa strada nella notte, privo di schiamazzi e di fragore. È più angelo vendicatore o vendicatore angelico?
In verità è stato qualcun altro a notare le caratteristiche e la natura di Sebastian e a dargli quel nome che lo renderà conosciuto e temuto. L’uomo è riservato per natura, individualista per scelta e schivo per mestiere. Come per il diavolo, il suo capolavoro, infatti, è di far credere che non esista.
Adriel è un vendicatore che ha per chi lo osserva l’inquietante infallibilità di una figura angelica.
8. Adriel non è un paladino della legge, per un motivo molto semplice: se il criminale è al di sopra della legge, lo deve essere anche chi , per sconfiggerlo o solo affrontarlo, deve porsi sullo stesso livello, quindi al di là dei mezzi della giustizia ordinaria. Come ragionamento non fa una piega, ma è piuttosto inquietante. Che ne dici?
Corretto. Adriel non serve la legge ma la giustizia, due cose molto spesso assai diverse. Come nota il suo maestro Daniel “Ne ho incontrati tanti, troppi, di ogni sorta: patrioti, professionisti, cinici, idealisti e fanatici. Tu, credimi, non assomigli a nessuno di loro. In te non c’è ideologia, cupidigia, ira o desiderio. Sei solo giusto, ma di una giustizia così cristallina e gelida che ha qualcosa di inumano.” Il prezzo da pagare per realizzare questa giustizia definitiva è agire al di fuori di ogni norma comune e Adriel lo paga senza battere ciglio.
9. Quarant’anni fa usciva il film Il Giustiziere della Notte con Charles Bronson? Cosa accomuna e differenzia il personaggio di Paul Kersey rispetto ad Adriel?
I due sono assolutamente differenti.
Paul Kersey è un uomo comune che, privato dei suoi affetti dalla violenza, ha trovato nella “giustizia privata” la sua nuova ragione di vita. In realtà la sua è una sublimazione del desiderio di giustizia per la propria famiglia che sa di non poter appagare e la vendetta che compie ha sempre un carattere molto personale. Ogni volta, insomma, è come se cercasse di eliminare i fantasmi che lo perseguitano.
Sebastian Parsi ha seguito gradualmente e consapevolmente la strada che l’ha portato a diventare ciò che è. I suoi bersagli sono l’oggetto di una vendetta che esercita per conto di coloro che non lo possono fare, ma anche il suo modo di mettere in pratica la dottrina che ha appreso e fatto propria.
10. Nella letteratura c’è un precursore di Adriel al quale ti sei ispirato?
Se bisogna ritrovare un vero antesignano di Adriel, il tributo va a Nikolaj Hel, protagonista del monumentale “Shibumi” scritto nel 1979 da Trevanian.
Tra questi due uomini vi sono oggettive similitudini: solitari, entrambi (per ragioni diverse) debitori della cultura giapponese, sobri e amanti delle cose belle, sterminatori di personaggi negativi.
I punti di contatto, però, finiscono qui.
Hel è un nichilista o, come lo definisce l’autore, “un antieroe medievale” che non ha paura della morte e, talvolta, sembra desiderarla. Parsi è un uomo che ama la vita nel senso più pieno del termine e che per questo ha creato una cortina di protezione che isola se stesso e chi ama da ciò che fa.
Nikolaj è dotato di doti quasi sovraumane (parla cinque lingue, ha una predisposizione per la matematica e la decifrazione, ha capacità sessuali inusitate ed è dotato di un “senso della prossimità” che gli rivela la presenza di altri esseri umani prima ancora di vederli). Sebastian è un uomo normale che ha fatto dello sviluppo del proprio “talento” e della pratica delle arti che ha appreso la base del proprio mestiere delle armi.
Hel, infine, non si cura di evitare le luci della ribalta. Parsi invece, seguendo il Bushido, “nasconde la sua luce”.