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Intervista al M° Christian Lavernier con Andrea Aguzzi

Creato il 22 dicembre 2014 da Empedocle70

Intervista al M° Christian Lavernier con Andrea Aguzzi

Avevo 9anni quando ho iniziato a suonare...ma era il pianoforte. I miei genitori mi avevano iscritto ad una scuola di musica e lì sentivo il suono della chitarra venire dalla classe accanto alla mia. Il suono dolce e le vibrazioni mi affascinarono. Già dall'inizio incominciai con lo strumento sbagliato. A 10 anni abbandonai il pianoforte e iniziai da solo con la chitarra. A 12 incontrai il mio primo vero maestro, il M Mario Senise. Successivamente feci una masterclass con Alirio Diaz e Poi con Paolo Cherici. Mi suggerirono di andare a Milano al conservatorio dove entrai direttamente all'ottavo anno e mi diplomai 3anni dopo. A Vienna, in seguito, studiai con Conrad Ragosnig e tempo dopo con Angelo Gilardino, mi avvicinai al repertorio del '900 e alla musica contemporanea.

Non ho mai voluto avere un background musicale perché mi affascina solo quello che sento nel momento in cui lo sento. Ho suonato e ascoltato qualsiasi cosa ma non sono legato a nulla in particolare.

Quanto alle chitarre, ora suono una José Ramirez III con camera del 1989. In passato ho suonato con diverse chitarre italiane ed estere: Kohno, Giussani...

Io credo che un musicista debba ascoltare il piú possibile, poi debba trovare la sua traiettoria trasformando ciò che ha accumulato come esperienza nella propria personalità artistica. Le influenze possono venire da diverse parti non solamente musicali. L'interazione con scrittori o pittori arricchisce il sentire tanto quanto il contatto con altri musicisti.

L'improvvisazione é una parte fondamentale nella mia musica. Anche quando suono la musica di altri compositori tengo in mente il margine che esiste per l'improvvisazione. Non mi è possibile fissare un'esecuzione in modo definitivo. Anche all'interno di una composizione scritta esiste un margine per l'improvvisazione o forse è meglio dire, per la fantasia. Il concetto che io ho di forma è quello di "organizzazione del materiale sonoro". A questa visione piuttosto classica applico il fatto di riuscire a lasciare uno spazio il più possibile ampio per quanto riguarda la fantasia. c'é un bellissimo libro che consiglio a tutti "Forma come destino" di M. M. Mazzacut ...

In realtà cerco di farmi organizzare dalla musica. Cerco di essere suonato dalla musica, ed è lei che mi organizza nella forma cercata. È come essere acqua che cerca di riempire gli spazi e aderire alle forme.

Intervista al M° Christian Lavernier con Andrea Aguzzi

Già nella parola improvvisa-azione c'è il contenuto di quello che avviene e dentro una composizione classica e "codificata" ho molte "improvvise-azioni". Per esempio, come dicevo prima, non mi è possibile fissare un'interpretazione per sempre e non penso che se in un passaggio eseguivo un "pianissimo" o un "rallentato" debba essere così per sempre. Magari in un'altra sala o con un altro pubblico, lo stesso passaggio può essere totalmente differente. Questo per me è improvvisazione. Poi ci sono altri tipi di improvvisazioni dove sono io a organizzare il materiale sonoro e a crearlo sul momento in composizioni ovviamente non codificate. L'arte vive di di improvvise-azioni. Van Gogh avrebbe potuto dipinger i girasoli come li vedeva ma la sua improvvisa-azione creò l'impressionismo.

Innanzitutto non ho una metodologia. Mi capita molte volte di andare in festival dove incontro persone interessanti con le quali improvviso e cerco di conoscere il loro mondo artistico. In questo credo che l'entropia giochi un ruolo importante. Capire un mondo sonoro diverso dal mio mi affascina ma mi affascina ancor di più portare il mio stile in un mondo musicale a me estraneo. Questo per quanto riguarda i musicisti. Lo stesso avviene anche con altri artisti di altre discipline perché lo strumento è il mezzo e non il fine. Io suono uno strumento musicale pregiato, importante, costoso..."strumento" che non è il fine di niente ma serve per fare qualcos'altro.

Cerco di non farmi influenzare dagli ascolti ma piuttosto di trovare la mia chiave di lettura di ogni pezzo. Perché l'arte non è bella o brutta ma vera o falsa. Nella musica siamo ciò che siamo e non si può fingere, pena l'oblio.

Intervista al M° Christian Lavernier con Andrea Aguzzi

Una risposta un po' provocatoria. Andy Warrol disse:"io non so cosa sia l'arte, ma so che un millimetro prima o un millimetro dopo è merda." Io non credo ai generi musicali. Il genere è qualcosa che serve a noi per capire di cosa stiamo parlando. Se vado a un concerto e quando torno a casa sono la stessa persona di prima, potevo fare a meno di andarci. Se invece, mi alzo dalla sedia con delle emozioni, allora ne è valsa la pena. Succo di carota o no. Il fatto che non ci sia un vero e proprio genere musicale, oggi, ha fatto nascere parole come "contaminazione". Non mi piace la parola contaminazione, sa di ospedale. Amo molto di più la parola interscambio, dove io do qualcosa del mio mondo musicale e ricevo qualcosa di un altro mondo.

Sicuramente Berlioz aveva ragione. Comporre per chitarra è molto difficile, bisogna conoscerne la morfologia. Però Mario Castel-Nuovo Tedesco o Manuel Ponce ci hanno anche dimostrato il contrario. La chitarra è, in ultima analisi, il suo suono. Per scrivere per chitarra, realmente, bisogna conoscere profondamente la morfologia dello strumento. Questo non implica per forza essere chitarristi. Però è anche vero che Castel-Nuovo Tedesco o Ponce avevano un consigliere di nome Andres Segovia.

Innanzitutto, Luciano Berio è nato nella mia città, Imperia. Ho avuto la fortuna di conoscerlo e di ascoltare dalla sua voce ciò che realmente pensava sulla "nuova musica". Consiglio a tutti la lettura di "Opera aperta" di U. Eco per comprendere meglio ciò che è avvenuto in quegli anni. Sto rispondendo a queste domande a Parigi a pochi passi da Notre Dame, dov'è nata la polifonia e il contrappunto (punto e contro punto). Oggi per noi una terza minore è un suono gradvole come lo è una settima di dominante o una nona, ma non fu sempre così. L'evoluzione del linguaggio musicale porta nella sue fasi estreme a una maggiore complessità. All'epoca di Beethoven o di Mozart c'era un concetto di contemporaneità molto più spiccato di oggi, erano molto più contemporanei di quanto lo siamo noi oggi per il semplice motivo che la loro musica veniva eseguita. Il concetto di "musica del passato" nasce con il romanticismo ma prima, una pagina di musica scritta, dopo due anni era vecchia e se ne suonava dell'altra. Noi abbiamo eretto delle statue, a volte con cognizione di causa, ma tutto ciò a cui viene eretta una statua, generalmente è morto. Se oggi leggiamo le critiche dell'"ottetto per archi" di Beethoven, troveremmo frasi del tipo :" il maestro è più sordo di quanto si pensasse". Oggi sappiamo che è un capolavoro. La ricerca musicologica riferita al passato dovrebbe insegnarci che i musicologi sono, per loro DNA, piuttosto conservatori. Anche il luogo dove si apprende la musica si chiama Conservatorio. forse dovremmo riflettere su questo.

No, non credo. Nel mio ultimo disco ho inciso musica dell'ottocento, musica del novecento e musica contemporanea con una prima incisione mondiale. Credo che una pavana di Luis Milan non strida a fianco di un brano di musica contemporanea. Non credo nella cronologia ma credo nella filologia(in questo caso musicale), cioè nello studio della lingua, indipendentemente dalla sua collocazione spazio-temporale.

Intervista al M° Christian Lavernier con Andrea Aguzzi

1. I. Stravinsky " la sagra della primavera"

2. M. Bethania sings the Vinicio De Morales "Songsbook"

4. J. S. Bach "Partite" (G. Gould)

5. M. Camillo "Live in New York"

1. J. Rodrigo "Concierto de Aranjez"

.... E quattro fogli di musica bianca, ancora da scrivere.

Non mi sento di dispensare consigli a nessuno. Credo solo che sarà la musica a scegliere loro e per loro. L'unica vera condizione necessaria è darle la possibilità di entrare. Lei saprà come fare il resto.

Vorrei suonare con me stesso da grande, confrontarmi con il mio suono "maturo" di future esperienze. Nella realtà, con chiunque mi susciti emozione, indipendentemente dal suo nome. Chi vorrei suonare?...sarebbe meglio dire:"Da chi vorrei farmi suonare" ..e credo che lo vedrete presto.

Il 2015 sarà abbastanza ricco di novità : una nuova tournée in Giappone prima di ricominciare con una serie di concerti italiani ed europei, alcune masterclass tra Parigi e Roma (Accademia della musica romana), due programmi completamente nuovi di cui uno di mie composizioni inedite legate da una struttura improvvisativa (che è un controsenso voluto). Ed ancora un nuovo progetto sulla musica dell'800 su chitarra d'epoca che prederà il via nella seconda metà del 2015. Inoltre sto studiando nuove collaborazioni e soprattutto mi sto concentrando sulla mia musica. Ho nuovi stimoli che mi spingono a scrivere in modo frenetico per me e per altri grandi artisti che mi danno modo di elaborare le più disparate forme espressive. Questo per me è un privilegio ma anche una splendida sfida.

Intervista al M° Christian Lavernier con Andrea Aguzzi


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