Intervista: Alessia Esse - La tentazione di Laura

Creato il 30 maggio 2015 da Susi
Intervista  
Alessia Esse - La tentazione di Laura   Sono super felice di proporvi oggi un'intervista speciale ad Alessia Esse per parlarci di dettagli sia sulla sua ultima opera, La tentazione di Laura di cui ci rivelerà segreti e altri spoiler, e sulla sua vita di scrittrice e non.     Quando sei mesi fa sono uscita di casa per andare al Comic-Con volevo solo due cose: dimenticare le ultime tre settimane della mia vita, specialmente il giorno in cui ho scoperto il mio ragazzo a letto con un'altra, e immergermi nel mondo fatto di fumetti, serie televisive e supereroi. Lo adoro, quel mondo. Non sapevo che avrei conosciuto William Carmichael. Non sapevo che avrei accettato di seguirlo in una camera d'albergo. E non sapevo che sarei finita a letto con lui. (Ok, l'ultima forse è una bugia). Ad ogni modo, non avrei mai pensato che oggi, sei mesi dopo quella notte, mi sarei ritrovata a lavorare per lui. O meglio, per sua moglie. O meglio, per il suo bambino. Mi chiamo Laura Draper, ho ventisei anni, faccio la babysitter a New York, e questa è la mia storia     Attenzione SPOILER per chi non ha ancora letto il romanzo! Questa è essenzialmente un'intervista che da la possibilità al lettore di cogliere qualche dettaglio in più a partire dalla storia, quindi leggete a vostro rischio e pericolo!     Ciao Alessia benvenuta su mio blog! Grazie per l’invito, Susi!  
  • Per spezzare il ghiaccio parlaci di come è nata la tua passione per il mondo nerd?
Primo, sono nata negli anni Ottanta. Ogni figlio di quell’epoca è cresciuto in mezzo ai fumetti e ai cartoni animati che oggi vengono considerati pietre miliari del mondo nerd. Secondo, sono cresciuta fra i maschi. Non ho sorelle, non ho cugine femmine, il 90% dei miei amici d’infanzia era di sesso maschile. Se a questo unisci il mio odio viscerale per le bambole, puoi capire che avvicinarmi alle Tartarughe Ninja, ai LEGO e ai supereroi è stato praticamente automatico. (Uno dei difetti dell’essere nata negli anni Ottanta: molte cose nerd erano “solo per i maschi”). Terzo, mi piace appassionarmi. Ad una serie di libri, ad un telefilm. Mi piace immergermi in quei mondi, parlarne con gli amici, diffondere la mia passione e cercare di coinvolgere più persone possibile. L’essenza nerd è questa, per me: essere appassionati, amare qualcosa. 
  • Passiamo alla domanda fondamentale per ogni vero nerd: DC o Marvel?
Amo la cattiveria e la genialità dei Cattivi DC e la nobiltà d’animo dei Supereroi, ma nel complesso il mio voto va alla Marvel. Supereroi e Cattivi nascono e si sviluppano attorno alle loro insicurezze e ai loro punti di forza caratteriali, e questo li rende (almeno per me) più vicini ai lettori. Più umani, se vogliamo.  
  • Il tuo supereroe e/o supereroina preferito? 
Io e Laura siamo uguali, in questo: Steve Rogers. Capitan America, per chi non è ferrato sull’argomento. 
  • Com'è stato passare dallo scrivere una trilogia YA di genere distopico a ritornare al romance puro?
Dopo tre anni di personaggi, luoghi e situazioni appartenenti ad un mondo inventato al 90%, è stato piacevole (addirittura liberatorio) ritornare nel mondo reale, in un’epoca attuale, con personaggi sicuramente più vicini a me, in termini di vita e sentimenti. Distopia e Romance non potrebbero essere più lontani, e agli inizi c’è stato anche un po’ di spaesamento. Un paio di giorni, non di più: il mondo di Laura e delle sue amiche è un mondo in cui adoro sguazzare.  
  • Quale dei due generi senti più vicino a te durante la stesura?
In termini di vicissitudini, il Romance è senza dubbio più vicino a me. Alcune esperienze personali sono finite e finiranno in questi libri. Tuttavia, ogni storia (indipendentemente dal genere letterario) mi appartiene in qualche modo. Anche senza volerlo, parti di me e della mia storia si riversano nelle pagine che scrivo, e quindi ogni genere diventa il mio genere.    
  • Diresti che la protagonista Laura ti assomiglia? Se sì in cosa siete uguali e cosa vi distingue?
Nerditudine a parte, Laura ed io siamo entrambe brave a far tacere la coscienza in certi momenti. A differenza sua, però, non credo che sarei capace di tuffarmi in una situazione come quella che lei vive al Comic Con. Ci fossi stata io, su quella panchina, il libro non sarebbe andato oltre metà del primo capitolo.  
  • Durante la caratterizzazione fisica di William hai pensato a qualche modello/attore al quale ispirarti?
Il mio William ha i riccioli e la presenza fisica di Henry Cavill, il volto di Joe Weir, e la voce di Jude Law (accento inglese escluso). Messo così può sembrare una creatura degna del dottor Frankenstein, ma no, non lo è. Tutt’altro.  
  • Puoi spiegarci perché hai utilizzato Batman? Esiste una somiglianza tra il tuo William e Bruce Wayne, due miliardari che nascondono chi sono davvero al mondo?
L’idea per Batman mi è venuta quando ho iniziato a pensare a questo uomo d’affari, conosciuto in tutta New York, che decide di ritagliarsi uno spazio per sé e andare al Comic Con. Quale costume usare per evitare di essere riconosciuto? Ho pensato a Batman perché i suoi valori sono quelli alti e nobili che mi piacciono tanto negli eroi DC, perché il suo costume è a prova di occhi indiscreti e di macchine fotografiche, e perché William venera il lavoro che Nolan ha fatto con il Cavaliere Oscuro. Mentre mettevo insieme questi elementi, ho notato anche le somiglianze fra parte della vita di Bruce Wayne e parte di quella di William: è stata una piacevole coincidenza, che mi ha fatto pensare ‘Beh, forse sono sulla strada giusta’. 
  • Quanto studio hai fatto prima di iniziare la stesura? Quello relativo alla cura dei bambini, la cucina, i dettagli sulla New York metropolitana. Puoi parlarcene?
Le ricerche più importanti che ho fatto prima di iniziare a scrivere sono state quelle relative alla città di New York. Non ci sono mai stata, quindi ho dovuto raccogliere informazioni di ogni tipo, specialmente sull’East Village, il quartiere in cui Laura vive. Altre ricerche che mi hanno portato via del tempo sono state quelle relative alla cucina kosher; impegnative, ma tanto remunerative, mettiamola così. La cucina ebraica è magnifica.  
  • Perché ambientare la serie a New York?
Quando ho pensato per la prima volta a Laura, Thea e Audrey, non avevo altro che un dettaglio per ognuna di loro. Per Laura, ad esempio, sapevo solo che avrebbe incontrato William al Comic Con. In tal senso, avrei potuto ambientare la storia in una delle tante città che ospitano annualmente un Comic Con. Ho scelto New York perché la vita di Laura (come quella di Audrey e di Thea) si sviluppa e si intreccia con la vita della città. È a New York che si trova l’Istituto Culinario che lei frequenta; è a New York che si trasferisce per provare a realizzare il suo sogno; è a New York che lei e le sue amiche ne vivranno di tutti i colori.   
  • Ho amato particolarmente l'amore di Laura per la cucina, il suo modo di parlarne, i dettagli usati nelle descrizione dei particolari, l'amore per il sogno di aprire un ristorante tutto suo. Sei anche tu un'amate della cucina? È una passione che vi accomuna?
Sono figlia di una chef. Sono cresciuta nella ristorazione. Amo mangiare e cucinare. Aprire un ristorante non è il mio sogno, come per Laura, ma la sua passione per la cucina è la mia. Quella parte del libro, infatti, è stata la più facile da scrivere: le idee di Laura sono le mie.     
  • È stato difficile parlare di “tradimento”?
No. Io considero ogni personaggio come una Persona; in quanto tale, ha dei sogni, delle aspirazioni, dei difetti e dei lati positivi. Se spoglio i personaggi delle etichette (Traditore, Tradito, Eroe, Antagonista, etc.) e li considero semplicemente Persone, allora mi è possibile affrontare qualsiasi argomento. Le etichette sono necessarie, ma il cuore resta con la Persona, per quanto mi riguarda.     
  • Puoi anticiparci qualcosa sulla storia di Thea, la prossima protagonista della serie?
Posso dirvi questo: Thea fa un lavoro che io detesto. Se con Laura è stato facile parlare del suo amore per la cucina, con Thea le cose saranno più complicate. Ma al di là dei miei problemi con i fashion blogger, la sua storia sarà molto speciale. Per rimanere in tema con la moda, l’armadio di Thea è pieno di scheletri. E qualcuno che già conoscete, se avete letto Desiderio di Natale, avrà un ruolo molto importante nell’apertura di detto armadio.    
  • Durante la lettura ho trovato espressioni, o meglio, termini, in Inglese, ad esempio condom, perché non usare la traduzione italiana?
Diverse ragioni: nel caso di condom, ad esempio, ho voluto variare, invece di utilizzare sempre preservativo o profilattico. Nel caso di nursery, ho considerato l’uso del termine nella nostra lingua, che (almeno dalle mie parti) è molto diffuso, per indicare la cameretta di un neonato. In un altro caso, invece, ho scelto un termine inglese (che pure viene usato quotidianamente in Italia), poiché la traduzione italiana non racchiude a dovere il significato che ricercavo: parlo di spec script. In altri casi, invece, ho usato la traduzione italiana, invece del termine inglese. Ho variato, ecco, a seconda delle mie esigenze.     
  • Ci sono autrici di madre lingua Inglese che leggi alla quali ti sei ispirata?
Cassandra Clare è una delle autrici madrelingua che più apprezzo. La sua fantasia e i suoi mondi sono unici, magnifici, spettacolari. Karina Halle è fantastica, e a differenza della Clare scrive libri di genere Romance. Lo stesso vale per Jill Shalvis, o Christina Lauren. Adoro i loro personaggi, e i mondi che creano. Ma la lista è lunga. Più che un’intervista, avrei bisogno di una rubrica settimanale!     
  • Come si compone la stesura di un romanzo per Alessia Esse? Ci sono appunti, dettagli che riporti su un quaderno, od altro? Mi pare di aver letto della tua mania per i post-it...
Vorrei poter dire che seguo un sistema preciso e collaudato, ma non è così. Le cose cambiano a seconda del libro, del mio umore, e della lunghezza e complessità della fase di ricerca pre-scrittura. In genere, inizio a prendere appunti su fogli sparsi. Dovrei essere ordinata, lo so, ma i neuroni non vogliono saperne.   Quando i fogli diventano troppi, decido che è il caso di aprire la Moleskine: ne uso una per ogni libro. Nella Moleskine finisce la prima bozza del libro, scritta rigorosamente di mio pugno. Sui Post-It finiscono le scene, riassunte in Chi fa Cosa, Quando, Dove e Perché. Poi passo alla struttura dei capitoli, e poi alla scrittura vera e propria. Scrittura quotidiana, per quanto mi riguarda. L’ordine dei Post-It cambia, a volte, assieme alla timeline e al contenuto stesso delle scene. Nulla è certo e definitivo, almeno fino alla terza bozza. Poi, quando le acque (i neuroni) iniziano a calmarsi, tutto prende la forma finale. A quel punto Scrivere diventa Riscrivere e Editare fino allo sfinimento.    È un processo lungo e impegnativo, eppure meraviglioso. E soggettivo, chiaramente. Ci sono autori che pubblicano la prima bozza, altri che non hanno bisogno dei Post-It, altri che scrivono solo nel fine settimana. Quello che ho illustrato è il metodo che funziona per me.        Eccoci arrivati alla fine dell'intervista!   Un grazie infinite ad Alessia per aver concesso il tempo per quest'intervista e per delle bellissime risposte, in assoluto una delle mie interviste preferite!     - A presto Susi         

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