Magazine Cultura
Con molto piacere vi propongo l'intervista che ho realizzato con lo scrittore romano Francesco Troccoli
Ringrazio il mio intervistato per la sua disponibilità e per le considerazioni importanti che compie al riguardo della fantascienza italiana.
Una piccola scheda su Troccoli la trovate QUI.
A tutti voi auguro una buona lettura con questa intervista, attendo i vostri commenti.
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Nick: Benvenuto su Nocturnia, Francesco grazie per aver accettato quest' intervista . Ti andrebbe di parlarci dei tuoi inizi? Una cosa che mi ha colpito molto è il fatto che dopo dodici anni di lavoro nel marketing di una multinazionale del farmaco tu abbia lasciato per metterti in proprio e per dedicarti alla scrittura, scelta che io ammiro molto, ma decisamente inusuale nel panorama italico, raccontaci i motivi di questa scelta.
Francesco Troccoli: Semplicemente, dopo quasi dodici anni, il ventisettenne dottore in farmacia con Laurea da 110 e Lode, perfezionato in farmaco-economia, che varcò la porta d’ingresso della sussidiaria italiana di una multinazionale USA, felice, baldanzoso e fiero di diventare un ingranaggio dell’economia dell’occidente avanzato, era diventato un manager in carriera ingrigito nel’umore, perseguitato dal piano di performance aziendale e costretto al quotidiano compromesso con la persona che guardava ogni mattina nello specchio. Prima di ingrigire anche nella capigliatura, compresi che non faceva più per me. E così, oggi mi ritrovo a parlare di quel periodo usando il passato remoto.
Mi sono riappropriato del mio tempo, dei miei affetti, della mia libertà. Ora sono un traduttore e uno scrittore. A tempo pieno, o quasi. Non penso che sia una scelta tanto inusuale: il “down-shifting” è ormai una realtà piuttosto consolidata. Chi può permettersi di rifiutare il paradigma del profitto come imperativo dell’esistenza ha secondo me il dovere di farlo. Nel mio caso (assai fortunato) è stato così. Meno bisogni, meno soldi, più esigenze (nel senso non materiale), più realizzazione di sé.
Nick : In particolare, cosa ti ha avvicinato alla fantascienza e cosa rappresenta per te questo genere?
Francesco Troccoli: Potrei rispondere rammentando le file di riviste “Urania” sugli scaffali delle librerie paterne. Non nego che abbiano contribuito, forse a livello inconscio. In realtà la fantascienza che ho amato da ragazzo è stata soprattutto quella televisiva, da Star Trek a Spazio 1999. Alla narrativa sono arrivato più tardi; alla scrittura, poi, sono arrivato per caso e solo nel 2005, quando per il mio compleanno mi venne regalata la frequenza di un corso di scrittura di genere presso la Scuola Omero. Avevo già trentasei anni e scoprii che scrivere mi piaceva. Una scoperta che diede nuova linfa al proposito di abbandonare l’azienda in cui lavoravo. E più scrivevo più capivo che potevo e sapevo farlo. Il “fantastico” in generale è semplicemente una delle tante declinazioni della migliore narrativa; sceglie di decidere non solo il cammino della narrazione ma anche l’intero mondo in cui esso si svolge. è creatività alla decima potenza. La fantascienza è una particolare categoria del fantastico che per esprimere questa creatività si avvale di un fondamentale nucleo scientifico, e come tale la preferisco ad altre che sono oggi commercialmente più in voga.
Nick: Quali sono stati gli scrittori che ti hanno formato come lettore prima ancora che come scrittore? Naturalmente puoi citare anche film, serie televisive, fumetti e tutto quanto ti viene in mente.
Francesco Troccoli: Partiamo dall’inizio: Topolino, Geppo, Asterix e Tin Tin. Dylan Dog. Verne e Stevenson. Poi Asimov, U. K. Le Guin, Borges, Heinlein, Calvino, Zafon, Morante, Levi (Carlo e Primo), Sciascia. E tanti altri. Per scrivere è opportuno leggere molto, e per scrivere fantascienza è opportuno leggere anche molta non-fantascienza. In merito a cinema/TV, a quanto menzionato prima aggiungo che film come 2001 Odissea nello Spazio ti travolgono, mentre altri come la trilogia di Ritorno al Futuro ti commuovono, ogni volta che ti capita di guardarli. In tempi recenti, Battlestar Galactica (intendo ovviamente la serie più moderna) mi ha tolto il sonno, nonostante il misticismo che l’attraversa.
Nick: Nei primi anni della tua carriera hai partecipato a diversi Premi Letterari, come il Tabula Fati, l'Apuliacon, il R.i.L.L e lo Space Prophecies. Quanto ritieni siano importanti i concorsi letterari specialmente per un autore esordiente? E quale tipologia di concorsi, secondo te, sarebbe invece da evitare?
Francesco Troccoli: Alcuni dei concorsi che hai citato sono stati fondamentali. Con l’Associazione RiLL in particolare la collaborazione prosegue tutt’oggi con presentazioni, reading, incontri, ed è sfociata nel 2012 nella pubblicazione di una mia raccolta di racconti personale, dal titolo “Domani forse mai”. A mio avviso, i concorsi sono molto utili per misurare le proprie doti e monitorare la propria crescita come autori e narratori. Vanno evitati quelli che ti chiedono troppi soldi e magari esistono solo per qualche stagione, ma non è difficile riconoscerli e tenersene a distanza. Il Trofeo RiLL, il Premio Giulio Verne, il Concorso Space Prophecies sono invece esempi di realtà serissime e offrono preziose occasioni di incontro. E naturalmente vale lo stesso per l’Urania, l’Odissea e in generale i concorsi per romanzi inediti di genere.
Nick: Proprio da uno dei concorsi menzionati nella domanda precedente, Il Giulio Verne, si fa notare il racconto IL Cacciatore, che poi sarà espanso e trasformato nel romanzo Ferro Sette. Pensavi sin dall'inizio a trarne un romanzo oppure la scelta è avvenuta in un secondo momento?
Francesco Troccoli: La seconda che hai detto. Il racconto di partenza, pubblicato nella raccolta edita da Luigi Petruzzelli, nacque per essere autosufficiente. Poi però, rileggendolo, mi vennero altre idee grazie alle quali mi resi conto che nella pentola bolliva una storia più grossa e succulenta. E così iniziai a prolungarlo e, strada facendo, mi resi conto che sarebbe diventato un romanzo. Per me il passaggio dal racconto al romanzo è stata un’impresa importante, e forse la sola maniera in cui poteva avvenire era questa, senza troppa progettazione e con ampia libertà di rinunciare in corso d’opera. Il titolo “Il Cacciatore” fu modificato perché l’editor, da bravo cinefilo, lo respinse in tronco, ma è stato un bene, perché trovo che l’attuale, “Ferro Sette”, suoni davvero bene.
Nick: Ferro Sette è stato pubblicato da Armando Curcio, un editore che di solito non pubblica fantascienza . E'stato semplice per te trovare un editore che credesse nel romanzo? Come sono andate le cose?
Francesco Troccoli: E' stata la consueta combinazione di audacia e fortuna: ogni cosa si trovava al posto giusto al momento giusto; in particolare, in quel periodo, la presenza in Curcio di un ottimo editor, Fabrizio Biferali, che volle pubblicarlo perché lo riteneva “una buona storia” a prescindere dal’eventuale appartenenza a un genere, fu determinante. “Ferro Sette” è stato considerato (e venduto) da Curcio come un romanzo per tutti, e in effetti molti non appassionati di genere lo hanno apprezzato in misura non inferiore ai lettori di fantascienza.
In generale, è mia ferma opinione che la fantascienza sia un genere alla portata di qualsiasi pubblico. Nella narrativa come nel cinema. Purché autore e editore abbiano intenzione di rivolgersi a tutti, trattando temi di interesse generale e non eccedendo in fanta-tecnicismo e fanta-scientismo. Se la storia narrata è profondamente “umana”, allora la fantascienza, come disse Audrey Niffenegger (autrice de “La Moglie de l’Uomo che Viaggiava Nel Tempo”) può fare “tutto quel che fa la narrativa generalista, e anche di più”. Quel “di più” è ciò che ci distingue dagli altri autori, è la possibilità di amplificare la portata e l’intensità della narrazione con gli straordinari mezzi che solo il genere può consentire. La lungimiranza di Curcio è stata in tal senso determinante.
Nick: Nel romanzo Ferro Sette, hai proiettato un tema molto sentito in questi tempi, quello della produttività ad ogni costo e delle conseguenze che questo comporta per i lavoratori. In più si nota un po’ ovunque nel romanzo una certa critica sociale. Che importanza hanno questi temi per te?
Francesco Troccoli: Sono temi di importanza cardinale. Non a caso, scrissi “Ferro Sette” poco dopo aver lasciato l’azienda in cui avevo lavorato per quasi dodici anni. La riappropriazione del Sonno, tema portante del romanzo, la riconquista del proprio tempo, del proprio presente, era un’esigenza che avvertivo sulla mia pelle. “Ferro Sette” risente a mio avviso di un’impostazione culturale che, pur condivisa dalla maggioranza delle donne e degli uomini, resta oggi purtroppo minoritaria, e si basa sul rifiuto della concezione dell’essere umano come fattore statistico di mero valore economico. Noi siamo esseri umani nella misura in cui “siamo” qualcuno e non in quanto “abbiamo” e/o “produciamo” qualcosa. E siamo molto più che un codice fiscale, una busta paga, o un conto corrente. Ma sembra che il meccanismo del quale facciamo parte, e che abbiamo creato noi stessi, ignori questa semplice realtà, con colpevole e premeditata sistematicità. Sta a noi riprendercela, almeno individualmente. Proprio come i minatori di Ferro Sette si riappropriano del sonno e dei sogni. La scelta è nostra. E quando non lo è, è nostro dovere far sì che lo sia. Ribellandoci in maniera intelligente e non auto-distruttiva. Mentalmente, culturalmente, ancora prima che a livello comportamentale e di prassi politica. A volte mi chiedo se Maurizio Landini (non l’amico scrittore e poeta, ma il segretario FIOM) abbia letto la copia che gli regalai al Salone del Libro. Chissà...
Nick: Ti sarai stancato di questa domanda: ma che sensazioni hai provato a vedere per la prima volta il libro esposto nelle librerie?
Francesco Troccoli: Ho sentito chiaramente, una volta per tutte, che avevo fatto bene a cambiare vita.
Nick: Ammetto di non aver ancora letto il tuo secondo romanzo Falsi Dei (mea culpa) ma diverse persone che l'hanno letto hanno detto di aver trovato presente un tono maggiormente avventuroso rispetto a Ferro Sette. Ti ci ritrovi in questa definizione? E se sì, cosa ti ha portato a compiere questa scelta?
Francesco Troccoli: Pur essendo di fatto un sequel, volevo che anche “Falsi dèi” fosse un romanzo autosufficiente, ovvero leggibile prescindendo da “Ferro sette”, e auto-conclusivo. Per far questo erano necessarie un’ambientazione e una storia che, pur legate alla narrazione del primo libro, se ne distaccassero a sufficienza. Più che essere più avventuroso, direi che il secondo romanzo ha una natura narrativa più “corale” rispetto al percorso individuale del protagonista delineato nel primo. Forse è questa la ragione per la quale, essendoci molti più colpi di scena, personaggi nuovi e avvenimenti e fatti che li coinvolgono, il risultato complessivo esprime maggiore dinamismo e stimola nel lettore un più spiccato senso d’avventura. Tutto sommato, ne sono lieto.
Nick: Quando ti ho contattato per la prima volta mi hai detto di essere molto legato a due antologie in particolare: "Domani Forse Mai" in cui raccogli alcuni tuoi racconti con cui nel corso degli anni hai partecipato a Trofeo RiLL, e l’Antologia "Crisis", da te curata per le edizioni Della Vigna. Ti va di parlarci di queste due raccolte nella quali operi in funzione diversa?
Francesco Troccoli: “Domani forse mai” (RiLL/Wild Boar) è una raccolta personale di nove racconti scritti fra il 2007 e il 2012, quindi molto diversi fra loro per ambientazione, stile, timbro narrativo. Solo un paio sono di fantascienza in senso stretto, mentre gli altri sono ascrivibili al fantastico nella sua accezione più ampia. Direi che riflettono un percorso che è sfociato poi nella scrittura dei romanzi e che naturalmente è tutt’ altro che concluso. “Crisis” (Edizioni della Vigna) è invece il frutto di una selezione rigorosa svolta da me e Alberto Cola in qualità di curatori; si tratta di otto racconti scritti da nove autori e incentrati sul tema di una futuribile devastante crisi globale. Abbiamo chiesto ai proponenti di sviluppare la narrazione attorno a una reazione valida dei loro protagonisti, così che questa crisi (non solo economica, ma anche e soprattutto culturale) diventasse un fattore evolutivo, addirittura migliorativo, per coloro che nelle sue maglie fossero costretti a esprimere il meglio di sé per non perdere la propria umanità, con il risultato, semmai, di accrescerla.
Nick: Occupiamoci un po’ della tua attività di blogger: il tuo sito Fantascienza & Dintorni è stato più volte premiato, sotto questa tua veste di blogger qual'è la tua impressione del vasto mondo di internet? Credi che possa aiutare la scena fantascientifica italiana oppure si tratta di qualcosa d'"altro", che fa un po’ mondo a sé stante?
Francesco Troccoli: Internet è ormai imprescindibile in qualsiasi settore. Può quindi essere di aiuto anche per favorire la diffusione, e soprattutto per operare una selezione qualitativa al’interno della fantascienza, soprattutto letteraria. Resta però indispensabile un bravo editore che sappia dirigere la scena di un piano di marketing intelligente, mirato e necessariamente poco costoso, di cui internet è giocoforza uno degli strumenti più efficaci, ma certo non il solo. Il contatto diretto, personale, fra autori, editori e lettori, come nelle presentazioni e nelle manifestazioni di settore, resta a mio avviso insostituibile.
Nick: Sono anni interessanti per la fantascienza italiana: come vedi l'attuale scena nazionale? Quali ritieni che siano i suoi punti di forza, quali le debolezze e quali gli aspetti su cui investire di più?
Francesco Troccoli: I punti di forza sono la buona scrittura, la creatività e la crescente integrazione con il panorama culturale estero. Le debolezze, a mio parere, sono quelle che affliggono tutta la narrativa, e che ovviamente un settore ritenuto di nicchia subisce in modo molto più drammatico, ovvero la scarsa propensione dell’editore a puntare sul genere rischiando in prima persona, e quindi il monopolio del mercato da parte di soggetti che della fantascienza hanno fatto un segmento marginale. A ciò si aggiunge la diffidenza dei lettori nei confronti degli autori nostrani, una tradizione negativa che finalmente, solo in questi ultimi anni, inizia a essere violata. Penso che bisognerebbe investire di più su quella declinazione della fantascienza (che a me piace di più leggere, oltre che scrivere) che ha l’ambizione di parlare “a tutti”. Anche a coloro che non la conoscono. Rimettere l’Uomo (e la Donna) al centro della narrazione di genere. Traduco con un banale esempio: a me interessa conoscere la storia del pilota della nave spaziale, cosa lo porta nel’infinito del cosmo, se ha una donna che sa che lui non tornerà da lei, e come quella donna vive la propria vita senza di lui, di gran lunga di più che comprendere quale sia il meccanismo di propulsione iper-luce della sua nave.
Nick: Quali sono i colleghi italiani e stranieri che segui maggiormente in questi ultimi periodi?
Francesco Troccoli: Sto leggendo molta fantascienza italiana, alla ricerca di chi persegua l’approccio di tipo “umanistico” che ho accennato prima. Fra questi, segnalo Paolo Aresi (in questo momento è il mio preferito), Enrico Di Stefano, Luigi De Pascalis, Alberto Cola, Tullio Avoledo. E poi gli amici della Carboneria Letteraria, di cui faccio parte, fra i quali in pieno regime di “conflitto di interessi” cito, oltre al già menzionato Cola, Gabriele Falcioni, Alessandro Morbidelli, Francesca Garello, Andrea Angiolino (alcuni di questi, per essere onesti, sono più vicini al fantasy che alla fantascienza). Curando “Crisis” ho scoperto inoltre la bella penna di Giulia Abbate (nota bene: non apro la parentesi annosa “donne nella fantascienza” limitandomi a incoraggiarne di più a scriverne perché spesso sanno farlo meglio di noi uomini); non me ne vogliano i tanti altri bravissimi colleghi, anche più affermati di me, che non cito semplicemente perché li ho letti meno di recente. In modi diversissimi, sono autrici e autori che scrivono storie profondamente umane in cui chiunque può riconoscersi, ma scelgono di farlo in pieno regime di fantascienza, genere che tutti amiamo. La forza delle loro storie, o almeno di parte delle loro storie, è che chiunque può leggerle e apprezzarle. Anche il non appassionato, quello che è sempre stato alla larga dallo scaffale in questione (ove ancora esista). Fra gli stranieri, continuo la ricerca di quel che non ho ancora letto di Ursula K. Le Guin o Michael Bishop, autori che si collocano a metà fra la dimensione “umanistica” e quella “antropologica” e che quindi rientrano nella categoria “fantascienza per tutti”, che come avrai capito è una mia convinzione, un vero hashtag. Inoltre, sto leggendo classici come Orwell, Wells, Huxley. E ancora l’indispensabile Calvino.
Nick: Progetti futuri: a cosa stai lavorando e cosa ci dovremmo aspettare da Francesco Troccoli nel prossimo futuro?
Francesco Troccoli: Sto scrivendo il terzo romanzo del mio “Universo Insonne” e al tempo stesso una storia non di genere che avrà, penso, il respiro di un romanzo breve. E continuo, ovviamente, a lavorare come traduttore.
Nick: Bene, è tutto: nel ringraziarti per la tua gentilezza, ti rivolgo la classica domanda finale di Nocturnia: c'è qualche domanda a cui avresti risposto volentieri e che io invece non ti ho rivolto?
Francesco Troccoli: In realtà trovo che tu sia stato esaustivo, quindi sono io a ringraziare te per la generosa ospitalità su Nocturnia e per le belle domande, e porgo un saluto affettuoso a tutti quelli che, come te, amano leggere e hanno avuto la pazienza di arrivare fino alla fine di quest’intervista. Vi aspetto volentieri sul Blog http://www.tobrukramarren.blogspot.it/. Ciao!
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