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Intervista di Carina Spurio a Giuliana Sanvitale, autrice de “America e altri racconti”

Creato il 24 marzo 2015 da Alessiamocci

Capita raramente di aprire un libro che contiene contemporaneamente poesie e racconti; in un tempo in cui pochi scrittori raccolgono i versi e le parole del proprio vissuto.

Giuliana Sanvitale in “America! e altri racconti” edito dalla casa Editrice Duende, Galaad Edizioni snc 2015, ci regala una raccolta di dodici racconti impreziositi da alcune poesie. Le varie tematiche si snodano all’interno dei seguenti titoli: “America”, “Storie di paese”, “Giorni scuri giorni chiari”, “La pazza del balcone di fronte”, “Il figliolo provatico”, “L’angelo ferito”, “L’assenza”, “La mia infanzia”, “Noi genitori”, “C’era una volta la Scuola –Morituri te salutant-“.

Anche questa volta, l’autrice ha dimostrato come la prosa ispirata alla cultura popolare arrivi ad una comunicazione vera e durevole. Non a caso la parola “comunicare” è intesa anche nell’accezione “diffondere”, rappresentando chiaramente l’esigenza umana nell’atto di raggiungere l’altro e gli altri. Non solo per chiedere “partecipazione” ma per condurre ciò che è racchiuso dentro, in quell’ altrove fuori del tempo che si manifesta e respira nel tempo immisurabile della creazione.

La scelta o il destino di chi si dedica alla scrittura è consegnare agli altri la sua essenza. Tutto ciò che vive, solo per il fatto stesso di esistere, ha una forma che preme sull’involucro del mondo e cerca considerazione; come i personaggi di questi racconti che rinnovano e ripetono la sostanza dell’uomo, le sue complicate realtà, le sue conquiste e le sue perdite.

Il libro di Giuliana Sanvitale è un libro significativo, in cui il vero protagonista è il tempo trascorso: il mutamento più famoso che nel suo lento fluire modifica situazioni e persone. L’autrice, dallo stile limpido e deciso, scava profondamente tra i ricordi, i conflitti, le inquietudini e i sentimenti custoditi nell’intimità che rivivono impressi sulle pagine del suo libro, stretti in una danza di parole, le sue parole. Procedendo nella lettura del testo l’interesse cresce sempre di più.

Racconto dopo racconto, grazie al cambiamento dei protagonisti è possibile avere, anche solo per un attimo, una reale idea delle espressioni su ciascun viso. Con questa percezione ideoplastica, ho visualizzato spiritualmente/ astrattamente l’espressione di stupore sul volto di  Giorgio, il protagonista del primo racconto, venuto dalle vie caotiche di New York, quando si è trovato davanti agli occhi il minuscolo paese in cui aveva abitato suo nonno, partito per l’America intono agli anni ’40 su un piroscafo affollato.

Tutta l’attenzione si concentra su Giorgio a causa della singolarità della sua esigenza del ritorno, paragonabile ad un’inversione di tendenza, in un momento in cui l’esodo dall’Italia è sempre più in crescita, proprio come ai tempi di suo nonno. Giorgio arriva in Italia dall’America seguendo, per usare le parole dell’autrice, “la voce del nonno che lo guidava mentre i suoi occhi sembravano seguire un itinerario sicuro, segnato sulla carta del cuore.” L’itinerario del cuore in questo caso è una strada che chiama per “presentare il conto a distanza di due generazioni.

La figura del nonno in questa prosa lucida è un asse di rotazione predominante attorno al quale girano in successione i protagonisti degli altri racconti. Un tempo il nonno era una figura di riferimento, oggi, ha tratti somatici sempre più virtuali, non di rado finisce in strutture assistenziali interrompendo/minando il dialogo dal passato al futuro. Senza demonizzare il progresso, accusandolo del graduale distacco dalle origini e di conseguenza dai nostri avi è bene imparare a ristabilire l’equilibrio tra le voci del cuore e le voci della memoria come nel racconto: “C’eravamo tanto amati” sottotitolato (excursus fra generazioni e ceti sociali diversi) in cui, la via per superare l’individualismo viene indicata dalla presa presa di coscienza derivante dal senso di appartenenza alle proprie radici che l’autrice difende passando dalla sua identità individuale all’identità di gruppo, affinché conservare i miti, le credenze, i riti, i linguaggio oltre al rapporto con lo spazio ed il tempo.

Per preservare la memoria racconta “il gruppo”, dando una continuità ai valori socio-culturali di un tempo nel tempo a venire. Il suo linguaggio lineare si presta particolarmente alla narrazione, tanto da far rivivere l’antico idioma attraverso la figura di sua suocera, (riferito al lungo periodo del suo fidanzamento) ignara interprete di una citazione mista al dialetto italianizzato, per farsi comprendere dalla nuora e dai nipoti: <Mangh la manica de lu bicchiire c’avea tuccate patrete puteve tuccà> (neanche il manico del bicchiere in cui aveva bevuto tuo padre potevo toccare).

Sua suocera era stata legata al marito per 61 anni e come tutte le nonne, preda delle domande dei nipoti e presa dalla magia del ricordi, nel capitolo a lei dedicato racconta: <Vedevo nonno quando scendevo in paese per la messa, con l’unico vestito che mi ero tessuta da sola e che conservavo unicamente per quell’occasione. Quando passavo sentivo gli sguardi dei giovani che si davano voce: “Mo’ scende la gianduia, venéte”!>. Subito dopo prosegue:<Ero così mora e carina che mi chiamavano gianduia, cioccolatino.>. Sebbene “La gianduia” sia il mio personaggio preferito, credo di aver raggiunto la massima empatia nella realtà de “Il figliolo provatico”, del quale, non fornisco riferimenti proprio per invitarvi a leggerlo.

Sono trascorsi meno di due anni dalla mia ultima intervista a Giuliana Sanvitale ed al suo “Oltre le nuvole”, Duende Edizioni, e dalla mia seguente domanda:

C.S.: Sai dirmi cosa ci riserverà per il prossimo futuro l’infaticabile Giuliana Sanvitale?

Giuliana Sanvitale: Premettendo che scrivere è vitale per me, vorrei editare a breve una parte del centinaio di poesie. Ho poi una serie di racconti lunghi; una simpatica carrellata di personaggi che nel giro di due o tre pagine ci presentano la loro vita nelle varie sfaccettature, ma tutti legati da un fil rouge. Questa domanda contiene due risposte, entrambe diventate realtà. Sempre per i tipi Duende nel 2014, Giuliana Sanvitale pubblica “Tesse Penelope parole”, una raccolta poetica che presenta le sue poesie raggruppate per temi e il fresco di stampa “America e altri racconti”, Duende, Galaad Edizioni snc, 2015. In questo ultimo libro, tra prosa e poesia, si distinguono brani caratterizzati dalla commistione fonetica. Accanto all’italiano, ritroviamo il suggestivo dialetto abruzzese, la cui passione ce la descrive anzitempo in una mia domanda di rito precedente al nuovo libro.

C.S.: Qual è il tuo rapporto con l’Abruzzo?

Giuliana Sanvitale: Sono nata a Giulianova per caso, unica della mia famiglia, da padre ortonese e madre piemontese ma di origine umbra. Ho studiato in collegio in Romagna e poi a Urbino perciò ho avuto poco tempo e scarsi appigli per sentirmi abruzzese. Col trascorrere degli anni, precisamente da quando ho iniziato le ricerche sulla mia famiglia, ho scoperto parenti abruzzesi ed ho cominciato ad amare questa terra e a recepire che essa era anche altro oltre Giulianova. La mia cittadina l’amavo di diritto, mi sentivo legata da un patto di sangue. Il resto era una delle regioni d’Italia. Poi è avvenuto l’incontro ed ora ne sto scoprendo anche la lingua, oltre alle usanze. In casa mia non si è mai parlato il dialetto , ora lo sto scoprendo e trovo che sia quanto mai calzante e spesso mi scopro ad appuntare qualche espressione, qualche termine particolare. Anche in questa mia conquista sto operando un “ritorno”, mi sto riappropriando di qualcosa che era mio e di cui io ero parte. Inutile aggiungere che la scrittura è un “laccio d’amore” indissolubile.” Anche questo ritrovarsi tra noi ad ogni sua nuova fatica letteraria ci lega, tanto quanto quel “fil rouge” che unisce i protagonisti delle sue storie. Non a caso, per celebrare al meglio questa meravigliosa raccolta, ho preferito leggere d’un fiato “America e altri racconti” senza farle domande.

Note dei racconti:

“America” ha vinto una medaglia d’argento (4° posto) al Premio Voci dell’emigrazione di Pratola Peligna. “Storie di paese”, “Altre pazze al mio balcone”  sono inediti. “C’eravamo tanto amati”,  “Noi genitori”  sono stati pubblicati in antologie. “La pazza del balcone di fronte”  ha vinto il 3° premio a Verona e a Basilea. “La mia infanzia”  2° premio a Garrufo di Sant’Omero, Teramo. “L’assenza” 1° premio alla Regione intitolato “Le donne abruzzesi si raccontano”. “L’angelo ferito” pubblicato a Venezia, 3° premio a Verona. “Giorni scuri giorni chiari”,  “C’era una volta la scuola”  finalisti in altri concorsi. “Il figliolo provatico”  pubblicato su l’Adriatico flash.

Written by Carina Spurio 


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