Nel contesto culturale romano, in cui cultura e realtà periferiche si commissionano sempre più omogeneamente, c’è un locale chiamato 30 Formiche, circolo ARCI, sito in via del Mandrione, zona Casilina, che fa sperare.
All’interno di questo Cavern – club romano è stata inaugurata la mostra fotografica “Femminismi di Mare” di Lilly Vigna, primo progetto espositivo. Lilly è una giovane donna di 30 anni, fotografa e blogger di origini cosentine che vive a Roma da dodici anni. La sua fotografia si ispira ad alcuni miti adolescenziali, ai colori dell’infanzia e spesso a oggetti e s-oggetti infantili. Una luce accesissima, sempre calda e densa, che accompagna ogni movimento, ogni femminismo dei suoi scatti.
Di lei si parla in una rassegna stampa internazionale, che varia da magazine d’arte australiane (Whim Magazine) a siti di arte contemporanea come Refuge – Island, australiano anche esso. Le sue foto vengono pubblicate mensilmente su magazine e blog europei ed internazionali, collaborazioni che hanno destato una costante attenzione da parte di numerosi fan.
Giulia Perreca, curatrice dell’esposizione, è una giovane gallerista. Ha una buona esperienza nel settore dell’arte contemporanea ed ipercontemporanea, lavorando da anni per Mondo Bizzarro (galleria d’arte in zona San Lorenzo, a Roma).
Un live, del cantautore romano Alessandro Cives, insieme al chitarrista Emiliano Guiducci, componente dei Kriya, ha accompagnato il vernissage. A concludere la serata, seppur non in programmazione, ma nato da un contesto goliardico e di entusiasmo condiviso, Paolo Zanardi e Modì sul palco del Trenta Formiche.
Abbiamo intervistato Lilly e Giulia, per Oubliette Magazine. Buona lettura!
E.L: Come è stato organizzato lo spazio? Che orientamento segue l’allestimento?
Giulia Perreca: Nell’allestire la mostra di Lilly Vigna ho scelto di sperimentare un approccio che contraddicesse i poverosi canoni, che regolano in buona parte il sistema espositivo contemporaneo. È un sistema espositivo che non intende instaurare alcuna relazione con le opere, aspirando all’ingannevole mito dell’asetticità, facendosi mero contenitore; una grande scatola bianca nella quale lo spettatore può ipoteticamente fruire delle opere senza subire l’influenza di fattori esterni all’opera stessa. Dal mio punto di vista, questo è un metodo anacronistico – fa capo alla scuola francese di Focillon, agli inizi del ’900 – di proporre l’arte: lo spazio intorno al quadro può diventare partecipe dell’opera e questo è ciò che ho scelto di favorire nell’allestimento. Credo che l’immaginario restituito dalla sua fotografia sia uno dei punti di forza del suo lavoro. Non ho potuto dunque esimermi dal riproporre, nell’ambito della Trenta Formiche – Contemporary art, il particolare mood che attraversa le opere di Lilly Vigna e per questo ho inserito all’interno dello spazio espositivo i medesimi oggetti che Lilly utilizza per allestire i suoi set fotografici, facendo un largo uso del colore. Allestire in questo modo è molto più divertente!
E.L.: Parliamo del nome della mostra: che etimologia c’è dietro “Femminismi di Mare”?
Lilly Vigna: Sfogliavo le mie foto, i miei lavori, notavo differenze, somiglianze. “Femminismi Di Mare” nasce dalla chiave che era sotto le mie fotografie: la donna. Fino a qualche anno fa militavo in un collettivo femminista e, intraprendendo un percorso di genere, mi sono resa conto di come ancora, pur non essendo lampante, la donna, anche in Occidente, abbia un ruolo di subordinazione all’uomo. L’ho capito molto profondamente e questo m’ha fatta arrabbiare molto e, allo stesso tempo, m’ha inorgoglita. Così ho ripercorso l’immagine della donna storicamente ed ho capito che quell’immagine è magnifica. Dolori, tormenti, frustrazioni, forza, fragilità, coraggio, bellezza, nostalgia, dolcezza. Questi sono tutti elementi riscontrabili nelle donne. E poi c’è il mare. Il mare è il luogo della mia estate da sempre; il luogo, dunque, dell’allegria, il sabato leopardiano – geograficamente parlando – della mia vita. Ed è meraviglioso, fa sognare, è selvaggio, blu, grigio, verdastro, un ammasso d’acqua salata, bellezza, ricordi ed allegria. Sono attratta dal mondo sottomarino, poi, sia da un punto di vista geologico (conchiglie, pesci farfalla, coralli colorati, cavallucci marini, stelle marine), che da un punto di vista fantasy (sirene, creature incantate, tesori nascosti). Il mare oltretutto è un elemento femminile, propiziatore di fertilità: genera vita proprio come la donna. La donna dunque diventa la protagonista indiscussa delle mie fotografie con i suoi difetti e senza i ritocchi di Photoshop che cancellano la naturalezza.
E.L.: La fotografia come passione, sicuramente, ma cosa rappresenta il tuo progetto?
Lilly Vigna: Passione e grande impegno, costanza, ma soprattutto, serietà. Impegno: accade naturalmente. Il mio approccio alla fotografia è molto costante, attento e preciso. Cerco di trovare armonia tra gli elementi d’insieme nell’immagine. Lo studio accade, anch’esso, naturalmente e l’origine di tutto si trova nelle pellicole dei film a cui mi ispiro. Quindi la fotografia cinematografica è il perno centrale del mio lavoro. Analizzo ed elaboro, emulando, la fotografia dei film che più amo. Non i soggetti, ma le luci, le graffiature, le nitidezze, la nebulosità. Infatti, non a caso, un buon film lo giudico da due cose: colonne sonore e, in primis, fotografia. Penso che il mio lavoro sia, quindi, sempre molto dinamico.
E.L: Uno sguardo al futuro: sono in cantiere progetti espositivi o altri lavori?
Lilly Vigna: Grande voglia di esporre, nonostante non sia semplice, emotivamente parlando, reggere l’attesa dell’esibizione. C’è poi grande gioia nel riscontro positivo col pubblico, face to face. Parlare e guardare le espressioni della gente che osserva i tuoi lavori. Per quanto riguarda i lavori più nell’immediato, invece, ci sono quelli per delle riviste estere.
Written and Photo by Elisa Longo